venerdì,Ottobre 18 2024

Mileto, inaugurato il giardino intitolato al giudice Livatino. Don Ciotti: «Per ricordarci che dobbiamo prenderci le nostre responsabilità» -Video

Tra i presenti alla cerimonia anche il sostituto procuratore emerito di Caltanissetta Ottavio Sferlazza, tra i primi a giungere sul luogo dell’assassinio: «Mi ha fatto crescere, è un esempio di fede e giustizia»

Mileto, inaugurato il giardino intitolato al giudice Livatino. Don Ciotti: «Per  ricordarci che dobbiamo prenderci le nostre responsabilità» -Video
Foto di Luca Dimasi

Nasce all’interno dell’Episcopio di Mileto il Giardino della speranza Laudato sì, area verde fortemente voluta dal vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Attilio Nostro e intitolata al giovane giudice siciliano Rosario Livatino, assassinato il 21 settembre del 1990 dalla mafia e proclamato beato dalla Chiesa come martire della giustizia e della fede il 9 maggio del 2021. Alla cerimonia anche don Luigi Ciotti, fondatore di Libera. Nel Vibonese, in corso anche l’evento nazionale dell’associazione antimafia, che si terrà da oggi fino a domenica nella Scuola di polizia di Vibo Valentia, dove si alterneranno 250 relatori provenienti da tutta Italia. A Mileto è stato proprio don Ciotti a impartire la solenne benedizione al giardino dedicato al “giudice ragazzino” di Canicattì. 

«Un magistrato – ha sottolineato nel corso dell’incontro il fondatore di Libera – che ha vissuto la sua professione con intelligenza, con tanta umanità e con grande rispetto anche per le persone criminali che lui doveva giudicare. Il dedicare a lui questo luogo, a chi nel proprio diario aveva scritto che alla fine della vita non ci sarà chiesto se siamo stati credenti ma credibili, rappresenta l’invito a tutti noi a non fare solo parole ma, al contrario, ad essere credibili nelle nostre scelte, nel nostro agire e nel nostro fare. In questo senso – ha aggiunto – diventano importanti la testimonianza cristiana e la responsabilità civile che lui mette insieme, la capacità di saldare il cielo con la terra, due misure che anche in tutti noi devono fondersi fortemente. Forse dobbiamo dare qualche bacio in meno alla Madonna e impegnarci di più per la giustizia, per la libertà e per la dignità di tutte le persone. Dedicare a Rosario Livatino questo luogo verde serve anche a graffiare un po’ le nostre coscienze, a ricordarci di assumere le nostre responsabilità non a intermittenza o a secondo dei momenti e delle emozioni, ma da cittadini veri».  

Tra le testimonianze, anche quella del sostituto procuratore emerito di Caltanissetta Ottavio Sferlazza, tra i primi a giungere sul luogo dell’assassinio del giudice Livatino e ad assumerne le indagini. «Rosario Livatino – ha affermato nell’occasione – è un modello di magistrato e di uomo che ha saputo conciliare fede e giustizia. Io credo che debba essere un punto di riferimento non solo per le nuove generazioni di magistrati, ma un po’ per tutti i giovani, soprattutto per la sua notevole coerenza e per i principi morali ed etici in cui credeva e a cui ha ispirato la propria attività professionale e la sua vita privata. Ha saputo conciliare fede e diritto. Il suo è stato un caso che mi ha profondamente toccato e cambiato. Sollevare quel lenzuolo nella scarpata dove Rosario aveva tentato una disperata via di fuga – ha proseguito – è stata una cosa per me molto dolorosa. Nel contempo, però, mi ha dato la possibilità di conoscere la levatura morale di questo magistrato e, quindi, di farmi crescere». 

«Livatino – ha affermato dal canto suo il procuratore di Vibo Valentia Camillo Falvo – rappresenta il massimo esempio per i magistrati perché anche noi a volte abbiamo dei cali di tensione e delle difficoltà. Ci deve essere da modello di onestà e di coraggio, così come lo dove essere per tuti gli uomini. Egli rappresenta un po’ il connubio tra la Chiesa e la magistratura, nell’impegno e, purtroppo, anche nel martirio». Di gioiello realizzato con caparbietà e donato a tutta la comunità dal vescovo Attilio Nostro, «che ha saputo coniugare, di fatto, il pensiero del giudice Livatino», ha parlato, invece, il prefetto di Vibo Valentia Paolo Giovanni Grieco. Tra gli interventi di rilievo, anche quello del presidente della sezione distrettuale di Catanzaro dell’Associazione nazionale magistrati Giovanni Strangis

«Questo giardino – ha sottolineato infine monsignor Nostro, traendone le conclusioni – nasce perché la memoria di coloro che ci hanno in qualche modo indicato una strada nuova per affrontare le difficoltà della vita, e tra queste ci stanno purtroppo anche la mafia e la ‘ndrangheta, non venga cancellata. È necessario che questo insegnamento venga reso perpetuo attraverso iniziative come questa. È bello, poi, vedere anche tanti ragazzini che magari scoprono proprio oggi, per la prima volta, la storia del giudice ragazzino. Sì perché tutti siamo stati bambini e tutti abbiamo avuto in qualche modo nel cuore un sogno per il nostro futuro. E offrire oggi a loro come esempio la vita eroica e meravigliosa di una persona che ha coniugato in sé il Vangelo e la Costituzione – ha concluso –  penso sia il modo migliore per farli crescere in maniera sana». 

Nel corso del cerimoniale è stata anche messa a dimora una talea ricavata dall’Albero di Falcone, l’enorme ficus che cresce dinanzi alla casa di Palermo del giudice ucciso nel ‘92 a Capaci. La pianta è stata riprodotta in laboratorio dai carabinieri del Reparto Biodiversità di Mongiana, nell’ambito di un progetto teso a combattere i crimini ambientali attraverso l’educazione alla legalità. La cerimonia, moderata dal giornalista Mimmo Famularo, è stata animata dai ragazzi del Coro del Circolo Laudato Sì dell’Istituto comprensivo di San Costantino Calabro e dagli allievi del Conservatorio “Fausto Torrefranca” di Vibo Valentia. Tra i momenti più significativi, lo svelamento delle statue in bronzo del giudice Livatino e di San Francesco di Paola poste all’interno del giardino, opera del maestro Michele Zappino, e di un mega striscione dell’Italia ad opera dei Vigili del Fuoco del Comando provinciale di Vibo Valentia.

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