«Il clan di Briatico aveva rapporti con un manager della Regione e due imprenditori turistici»: il racconto del pentito Accorinti a Maestrale
Lo “scontro” con Costantino Trimboli, l’intervento del clan Mancuso, le minacce alla madre del collaboratore e i contatti con Pasquale Anastasi e Vincenzo Calafati
I rapporti con tre indagati dell’operazione Olimpo – gli imprenditori Costantino Trimboli e Vincenzo Calafati, l’ex dirigente della Regione Calabria, Pasquale Anastasi – al centro della deposizione del collaboratore di giustizia di Briatico, Antonio Accorinti, che sta rendendo il suo esame (pm Andrea Buzzelli) in videocollegamento con l’aula bunker della zona industriale di Lamezia Terme dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. “Costantino Trimboli è un imprenditore turistico residente a Reggio Calabria ma originario di San Costantino di Briatico, titolare dell’hotel Costa Bella, poi dell’hotel S. Irene e quindi della Baia della Rocchetta, sempre a Briatico. Per alcuni anni – ha raccontato il collaboratore – ha svolto il servizio in spiaggia dei clienti del Costa Bella servendosi del mio lido. In precedenza, invece, Costantino Trimboli portava i suoi clienti in spiaggia presso il lido di Filippo Niglia. E’ stato Marco Greco a recarsi da Costantino Trimboli per chiedere dei soldi per le spese di mantenimento in carcere nel 2018 dei Melluso che si trovavano detenuti per l’operazione Costa Pulita”. Stando al racconto del collaboratore, Costantino Trimboli pur di non pagare quanto richiestogli da Marco Greco di Briatico (imputato nel maxiprocesso), si sarebbe quindi rivolto a Francesco La Rosa di Tropea (alias “U Bimbu”), Pasquale Gallone di Nicotera (già condannato in Rinascita Scott quale presunto “braccio-destro” del boss Luigi Mancuso) e Emanuele La Malfa di Limbadi (anche lui coinvolto in Rinascita e ritenuto elemento di spicco del clan Mancuso, tanto da essere condannato in primo grado a 17 anni e 6 mesi di reclusione). Tali personaggi sarebbero intervenuti in difesa di Costantino Trimboli, mentre Salvatore Muggeri di Briatico avrebbe riferito al cognato Antonio Accorinti “di dire a Marco Greco di non recarsi più da Costantino Trimboli a chiedere soldi per i detenuti in quanto l’imprenditore interessava a Luigi Mancuso”.
La Malfa dalla madre di Accorinti
Antonio Accorinti, tuttavia, avrebbe vantato un credito nei confronti dell’imprenditore Costantino Trimboli per via di alcune spese sostenute per il parcheggio dei clienti dell’imprenditore al porto di Tropea in attesa di imbarcarsi per le isole Eolie. “Emanuele La Malfa mandò un giorno a casa mia alcune persone – ha ricordato il collaboratore – a minacciare mia madre, dicendole che non doveva più permettersi di chiedere soldi per mio conto a Costantino Trimboli. Per tale ragione ho poi incontrato una volta in Tribunale a Vibo Costantino Trimboli e con lo stesso abbiamo avuto un pesante battibecco”. Si tratta di un episodio risalente al 20 settembre 2017 costato ad Antonio Accorinti l’imputazione nel maxiprocesso per il reato di tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso, ai danni di Costantino Trimboli al quale sarebbe stata chiesta una somma di denaro “quale “saldo” dei comuni affari oggetto del rapporto collusivo intercorrente – si legge nel capo d’imputazione – tra Trimboli e la cosca Accorinti di Briatico, che Antonio Accorinti intendeva contestualmente interrompere”. Costantino Trimboli figurava inizialmente tra gli indagati dell’operazione Olimpo per il reato di concorso in rivelazione di segreti d’ufficio in relazione all’esistenza di un’istruttoria in Prefettura a Vibo relativa a delle interdittive antimafia nei confronti di due società dove veniva tratteggiata anche la figura di Trimboli in veste di socio. La sua posizione dall’inchiesta Olimpo è stata tuttavia stralciata e lo stesso non figura tra gli imputati a giudizio.
Anastasi e Calafati
Nei confronti dell’ex dirigente del settore Turismo della Regione Calabria, Pasquale Anastasi, la Dda di Catanzaro ha chiesto 6 anni di reclusione nel troncone che si sta svolgendo con rito abbreviato. La sua figura è stata tuttavia al centro di specifiche domande rivolte dal pm Andrea Buzzelli al collaboratore Antonio Accorinti (che l’ha riconosciuto in foto) nel corso del maxiprocesso con rito ordinario. “Insieme a Pino Bonavita (defunto boss di Briatico, ndr) abbiamo conosciuto Pasquale Anastasi – ha dichiarato il collaboratore – in occasione di alcune fiere turistiche che si sono svolte a Rimini e dove ci siamo recati in quanto titolari di un villaggio turistico a Briatico, il Green Garden, nel quale successivamente Anastasi è venuto anche a pranzare, cenare e soggiornare. Alle fiere di Rimini, così come alla Bit di Milano o a Londra dove pure mi sono recato, si partecipava attraverso un accredito della Regione Calabria da parte dell’ufficio di Pasquale Anastasi. Era sempre tale ufficio – ha ricordato Accorinti – ad occuparsi dei finanziamenti per le strutture turistiche ed attraverso lui dovevamo accaparrarci con Bonavita i turisti stranieri”. Alla fine, però, il villaggio di Antonio Accorinti non ottenne dalla Regione i finanziamenti richiesti e molti clienti vennero così dirottati da “Briatico al Sayonara di Nicotera”. Antonio Accorinti si sarebbe tuttavia “rifatto” ottenendo l’esclusiva del trasporto dei turisti dai villaggi del Vibonese alle isole Eolie attraverso le proprie motonavi. “E’ stato Enzo Calafati – ha spiegato Accorinti – a farmi ottenere tale esclusiva in quanto lui gestiva l’agenzia Destinazione Calabria a Santa Domenica di Ricadi ed era il referente in Calabria del tour operator Tui. Ho collaborato con Calafati – ha concluso il collaboratore – dal 2006 al 2016”.
Pasquale Anastasi, 73 anni, di Palmi, si trova sotto processo nel troncone dell’abbreviato del maxiprocesso per traffico di influenze illecite con l’aggravante delle modalità mafiose. Concorso esterno in associazione mafiosa è invece l’accusa per l’imprenditore Vincenzo Calafati, 52 anni, di Vibo Valentia, attivo nel settore dell’incoming, per il quale la Dda ha chiesto nel troncone dell’abbreviato la condanna a 14 anni di reclusione in quanto avrebbe stretto “un accordo collusivo con i maggiorenti delle articolazioni di ‘ndrangheta del Vibonese e principalmente con la famiglia Mancuso” a cui sarebbe stato “storicamente legato”.