sabato,Ottobre 5 2024

Processo Maestrale, Briatico all’ombra della ’ndrangheta: legami familiari, affari illeciti e l’ex assessore vicino al clan Accorinti

Dal controllo del mercato della cipolla rossa alle piantagioni di marijuana sino alle società di navigazione e ai danneggiamenti. Le figure di Armando Bonavita e Filippo Niglia

Processo Maestrale, Briatico all’ombra della ’ndrangheta: legami familiari, affari illeciti e l’ex assessore vicino al clan Accorinti
Nel riquadro Antonio Accorinti
Armando Bonavita

Ripresa nell’aula bunker dell’area industriale di Lamezia Terme, la deposizione del collaboratore di giustizia Antonio Accorinti – dell’omonimo clan di Briatico – nel maxiprocesso nato dalle operazioni Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium. Dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia, il pm della Dda di Catanzaro Antonio De Bernardo ha mostrato al collaboratore – collegato in videoconferenza – un album fotografico soffermandosi l’esame su ogni personaggio riconosciuto in foto. Riconosco Armando Bonavita, figlio di Pino Bonavita che insieme a mio padre è stato uno dei promotori del clan di Briatico. Armando Bonavita è stato invece mio socio nel lido Green Beach e ha gestito insieme a me la motonave Imperatrice. Poi di motonave ne acquistò un’altra insieme a Francesco Barbieri, Luigi Barillari, Francesco Zungri e Nicola Fusca. Francesco Zungri – ha spiegato Accorinti – è stato un marittimo, imbarcato per una vita sulle navi da crociere, mentre dopo ha preso la patente per comandante delle motonavi mettendosi in società con Filippo Niglia in una motonave che portava i turisti alle isole Eolie. Francesco Zungri, cugino di Marco Borrello, non faceva parte della criminalità ma sapeva – ha dichiarato il collaboratore – che noi avevamo un gruppo criminale, era in pratica un nostro amico ed è stato in seguito usato quale comandante di un’altra motonave ancora gestita questa volta insieme a Luigi Barillari, Francesco Barbieri e Nicola Fusca. Luigi e Armando Barillari si occupavano anche dello spaccio di droga, secondo le direttive che venivano date loro da Armando Bonavita, il quale a sua volta si occupava della cocaina recuperata dal padre Pino Bonavita. La marijuana veniva invece presa da Pino Bonavita utilizzando le coltivazioni gestite da Filippo Niglia e da Marco Borrello. Lo stesso Armando Bonavita ha partecipato ad alcuni danneggiamenti – come gli ombrelloni di un lido gettati a mare su ordine del padre, Pino Bonavita – ed anche alla preparazione di un tentato omicidio ai danni di Domenico Pardea che era stato appostato con l’auto nei pressi del 501 hotel a Vibo. Nella stessa autovettura che doveva tentare di intercettare Pardea, insieme ad Armando Bonavita c’era Marco Borrello. Io invece nell’occasione – ha ricordato Accorinti – mi trovavo in auto con Giacomo Borrello”.

Emanuele Melluso

Il collaboratore ha quindi riferito dell’avvicinamento – dopo l’operazione “Costa Pulita” del 2016 – dei Bonavita al clan degli zungresi guidati dal boss Giuseppe Accorinti, unitamente a Filippo Niglia il cui figlio si era sposato con una nipote del boss di Zungri. “Luigi Barillari si era invece fidanzato con la sorella di Nicola Fusca, Marco Borrello con la sorella di Armando Bonavita, mentre Giacomo Borrello non condivideva la mia unione con il gruppo dei Melluso. Per tali motivi, tutti loro si sono allontanati dal clan di Briatico avvicinandosi alla cosca di Zungri ed al gruppo di Cessaniti guidato da Francesco Barbieri. I rapporti con Armando Bonavita si sono poi ulteriormente incrinati con me – ha riferito Antonio Accorinti – quando gli incendiarono l’auto. Sua moglie telefonò piangendo di notte a mia moglie per riferire dell’incendio dell’auto. I Melluso dissero poi a Bonavita che l’auto l’avevano incendiata loro su mio ordine, ma tale circostanza non era vera. I Melluso volevano farmi litigare con Armando Bonavita in quanto l’automobile era stata incendiata dagli stessi Melluso insieme a Marco Greco”.

La figura di Filippo Niglia

Filippo Niglia

Condannato il 13 marzo scorso dal Tribunale di Vibo Valentia a 4 anni e 6 mesi nel processo nato dall’operazione “Costa Pulita”, Filippo Niglia (cl ’60), di Briatico, è imputato anche nel maxiprocesso Maestrale-Carthago. Antonio Accorinti ha ricordato in aula che “Filippo Niglia ha fatto parte del Consiglio comunale di Briatico sciolto nel 2003 per infiltrazioni mafiose”, ricoprendo anchein tale amministrazione guidata all’epoca dal sindaco Costantino Massara – l’incarico di assessore al Turismo, allo Sport ed ai Rapporti con il pubblico. Filippo Niglia era il genero di Italo Greco di Briatico”, pluripregiudicato per un triplice omicidio commesso a Capistrano negli anni ‘70, ucciso a sua volta con un fucile a canne mozze il 10 marzo del 1989 a Briatico. Filippo Niglia era quindi anche cognato di Nicola Greco (figlio di Italo), anche lui noto alle forze dell’ordine e a sua volta ucciso a Briatico il 7 aprile del 1996. “Filippo Niglia è poi diventato cognato di mio cugino Marco Borrello, finendo per occuparsi di grosse piantagioni di marijuana insieme a Giacomo Borrello, altro suo cognato – ha spiegato il collaboratore – in un periodo in cui non era ancora facile per le forze dell’ordine individuare le piantagioni sul territorio. Salvatore, figlio di Filippo Niglia, si è invece fidanzato con la figlia di Pietro Accorinti di Zungri, fratello del boss Giuseppe. Anche Filippo Niglia faceva uso di stupefacenti e prima di avvicinarsi a Peppone Accorinti era molto vicino a mio padre Antonino”. Secondo l’accusa, Filippo Niglia avrebbe gestito gli interessi della cosca Accorinti di Briatico anche nel settore della navigazione e imposto, in maniera monopolistica, il rifornimento di frutta e verdura nelle strutture turistiche della Costa degli dei, avvicinandosi successivamente ai Bonavita e alla cosca Accorinti di Zungri, partecipando alla spartizione mafiosa dello sfruttamento delle spiagge e condizionando illecitamente il settore della coltivazione e commercializzazione della cipolla rossa di Tropea.

Bonaccurso e Careglio

Antonio Accorinti

Nel corso dell’esame, il collaboratore Antonio Accorinti si è quindi soffermato su altri due imputati che hanno scelto il rito abbreviato, riconosciuti in foto. Si tratta di Antonio Bonaccurso, 39 anni, di Briatico, accusato di associazione mafiosa e di un’estorsione aggravata dal metodo mafioso in concorso con Armando Bonavita. E’ un mio coetaneo – ha affermato il collaboratore – e si occupava a Briatico del settore edile. Non apparteneva direttamente alla criminalità organizzata ma era parente dei Bonavita, conosceva i Melluso ed era addentrato con i La Rosa di Tropea”. Per lui la Dda di Catanzaro nel troncone dell’operazione Olimpo che si sta celebrando con rito abbreviato ha chiesto la condanna a 14 anni. Otto anni sono stati invece chiesti per Paolo Careglio, 39 anni, di Briatico, anche lui riconosciuto in foto dal collaboratore Accorinti durante l’esame. Si tratta di un ragazzo problematico di Briatico che lavorava con Bonaccurso ma era comandato dai Melluso ed una volta è stato mandato per fare un’estorsione e chiedere il pizzo ad una ditta che stava eseguendo dei lavori”. Su Antonio Staropoli (non imputato), di Briatico, anche lui riconosciuto in foto, Antonio Accorinti ha invece dichiarato che si trattava di un “parente dei Bonavita, ritenuto sodale dei Melluso. A bruciargli l’agenzia sono stati Marco Greco e Antonio Tedesco su mandato di Simone ed Emanuele Melluso in quanto Staropoli si era avvicinato ad Armando Bonavita”.

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