venerdì,Novembre 22 2024

’Ndrangheta in Piemonte, la Dda indaga sul ruolo di un sindacalista nella latitanza di Pasquale Bonavota

L’inchiesta Factotum che ruota intorno al vibonese Francesco D’Onofrio sta cercando di fare luce sulle diramazioni della mafia calabrese all’ombra della Mole

’Ndrangheta in Piemonte, la Dda indaga sul ruolo di un sindacalista nella latitanza di Pasquale Bonavota
Da sinistra, Francesco D'Onofrio e Pasquale Bonavota

Non c’è soltanto il ritorno di Francesco D’Onofrio, considerato dalla Dda di Torino figura di spicco della ’ndrangheta in Piemonte. Nell’inchiesta Factotum ci sono altri nomi che portano direttamente alla Calabria e, in un caso, alla latitanza – finita a Genova ma con probabili tappe anche nell’area sub-alpina – di Pasquale Bonavota, boss del clan di Sant’Onofrio.

D’Onofrio, per cominciare: un’anomalia in sé, perché tra tanti presunti boss e gregari in rapporti con l’estremismo di destra, il 68enne originario di Mileto ha un retroterra diverso, da ex militante del Colp (Comunisti organizzati per la liberazione proletaria, un gruppo attivo negli anni Ottanta). D’Onofrio compare spesso nei racconti dei pentiti, che descrivono legami saldi con la Calabria e anche una sorta di deferenza nei suoi confronti da parte di gruppi emergenti del vibonese come il clan dei Piscopisani. La sua è una figura che da tempo, nonostante si professi estraneo alla criminalità organizzata anche per ragioni ideologiche, è oggetto di interesse dell’antimafia subalpina. In questo nuovo procedimento risulterebbe chiamato in causa dai collaboratori di giustizia che lo hanno indicato come un vero e proprio “dirigente” all’interno della rete ‘ndranghetistica piemontese. Ora è indagato per associazione di stampo mafioso, estorsione e violazione della legge sulle armi. Il timore degli investigatori – timore che avrebbe giustificato l’esecuzione del fermo – era che volesse fuggire all’estero. Continua a leggere l’articolo su LaC News24

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