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Prima le pecore al pascolo, poi i cancelli e infine l’usucapione: omicidio Chindamo, così la ‘ndrangheta predava i terreni a Limbadi

Acquisito un verbale di interrogatorio del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso nell’ambito del processo che deve fare luce sulla morte dell’imprenditrice scomparsa nel 2016 e che vede imputato Salvatore Ascone

Prima le pecore al pascolo, poi i cancelli e infine l’usucapione: omicidio Chindamo, così la ‘ndrangheta predava i terreni a Limbadi
Nei riquadri Maria Chindamo e Salvatore Ascone

C’era un modus operandi – racconta il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso – che Salvatore Ascone, considerato dalla Dda di Catanzaro intraneo alla cosca Mancuso, adoperava per acquisire i terreni degli altri a Limbadi. I racconti del collaboratore sono stati riportati in udienza dall’ex comandante del Nucleo investigativo di Vibo Valentia, capitano Alessandro Bui. Nel corso del processo sull’omicidio dell’imprenditrice di Laureana di Borrello, Maria Chindamo, che vede Ascone imputato, il teste ha spiegato che la tecnica era sempre la stessa: invadere i terreni altrui portandovi le proprie pecore (ma anche installando un cancello), pagare i terreni in contanti lasciando formalmente i proprietari originali e, infine, acquisire il terreno per usucapione.

Tre denunce in un anno

Nel 2016, hanno verificato i carabinieri, la proprietaria di un fondo aveva sporto tre denunce per pascolo abusivo e invasione di terreni: a gennaio, giugno e settembre. Sul terreno della donna, che era residente a Torino, era stato anche posto un cancello. Nel corso di una segnalazione per invasione di terreni i militari hanno trovato sul terreno della signora Salvatore Ascone il quale, in quella occasione, aveva promesso che avrebbe ripristinato lo stato dei luoghi.

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Le querele ritirate

Diverse segnalazioni i carabinieri le hanno ricevute anche da altri agricoltori che avevano trovato un gregge di pecore sul loro terreno senza il controllo del pastore. In diversi casi – fa notare il capitano – i querelanti si erano ripresentati in caserma per ritirare le querele.
Non solo. Si erano mostrati «reticenti» nel fornire particolari sulle vessazioni che ricevevano e, in particolare, a parlare di Salvatore Ascone.

L’argomento terreni è anche al centro del processo sulla scomparsa di Maria Chindamo, avvenuta il sei maggio 2016. L’accusa sostiene che la morte della donna fosse stata voluta per vendetta dall’ex suocero, Vincenzo Punturiero, che l’avrebbe ritenuta responsabile del suicidio del figlio, Ferdinando Punturiero, avvenuto l’otto maggio 2015, in seguito alla separazione dalla moglie. Al fatto di sangue avrebbe partecipato Salvatore Ascone, 58 anni, spinto dalla prospettiva di acquisire i terreni di Limbadi della Chindamo, in proprio favore e in favore anche di una costola della famiglia di ‘ndrangheta Mancuso denominata Mbrogghja.

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La richiesta di Ascone a Punturiero

A questo proposito, il capitano Bui, rispondendo alle domande del pm Annamaria Frustaci, ha spiegato che a gennaio 2021 i carabinieri di Vibo sono stati contattati da un maresciallo che aveva prestato servizio in Calabria e che era poi stato trasferito. Il maresciallo Alfredo Nicolosi aveva guardato una puntata di Chi l’ha visto nella quale si parlava della scomparsa di Maria Chindamo e dei terreni che la donna gestiva dopo la morte dell’ex marito. Il 18 gennaio 2021 il carabiniere fa un’annotazione di servizio nella quale racconta di aver conosciuto Ferdinando Punturiero in occasione di una chiamata per il furto di cavi di rame sulla linea elettrica. In quel periodo, tra il 2011 e il 2013, entrò in contatto con Punturiero il quale gli raccontò che Ascone gli aveva fatto richiesta di attraversare il suo terreno per poter accedere al campo della signora residente a Torino, la stessa che aveva sporto tre volte denuncia, nel 2016, per pascolo abusivo e invasione di terreni.

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