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Pressioni per impedire a Emanuele Mancuso di pentirsi, la Cassazione annulla le condanne: ci sarà un Appello-bis

La Suprema Corte dispone un nuovo giudizio per l’ex compagna del collaboratore Nensy Vera Chimirri. Da ridiscutere anche l’aggravante mafiosa su quattro reati contestati a Francesco Paolo Pugliese

Pressioni per impedire a Emanuele Mancuso di pentirsi, la Cassazione annulla le condanne: ci sarà un Appello-bis

Prima le minacce, tra le quali la più spaventosa: quella di non fargli più vedere la figlioletta appena nata, di rendergli la vita di padre difficile e dolorosa. Poi le lusinghe: torna, non collaborare con la giustizia, tutto ti sarà perdonato e avrai una vita nuova di zecca in Spagna a gestire un bar tutto tuo. Il processo imbastito su queste pressioni vedrà un Appello-bis per Nensy Vera Chimirri, l’ex compagna del pentito Emanuele Mancuso accusata di aver esercitato quelle pressioni, e Francesco Paolo Pugliese, accusato di avere favorito la latitanza di Giuseppe Mancuso, fratello di Emanuele.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, prima sezione penale, che ha annullato con rinvio la sentenza emessa dal collegio presieduto da Giancarlo Bianchi il 18 luglio 2023, per quanto riguarda l’aggravante mafiosa su quattro capi di imputazione che coinvolgono Francesco Paolo Pugliese. In secondo grado, infatti, la condanna di Pugliese era stata riformata dai 6 anni (comminati dal gup) a 2 anni e 2 mesi, ed era stata esclusa l’aggravante mafiosa. Il nuovo processo d’appello dovrà stabilire se c’è l’aggravante e, nel caso, riformulare la pena.

L’accusa: non fu tentata violenza privata ma induzione a non rendere dichiarazioni

Torna in appello anche il capo di imputazione sulle pressioni esercitate su Emanuele Mancuso per spingerlo ad abbandonare i propositi di collaborazione. Reato che coinvolge l’ex compagna del collaboratore di giustizia, Nensy Vera Chimirri. La donna è accusata di avere esercitato, insieme alla famiglia Mancuso, pressioni sull’allora fidanzato che, nel 2018, aveva deciso di collaborare con la giustizia per garantire alla figlioletta appena nata un futuro lontano da condizionamenti e logiche mafiose. La famiglia sarebbe passata dalle minacce di non fargli vedere la bambina fino al tentare di irretirlo con la promessa di una vita nuova di zecca in Spagna a gestire un bar tutto suo.

Chimirri – che come Pugliese aveva scelto il rito abbreviato – era stata condannata in primo grado a 4 anni di reclusione, pena riformulata in appello a 10 mesi e reato riqualificato da induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria in tentata violenza privata.

Riqualificare il reato

Tra le altre cose, sia Emanuele Mancuso – parte civile rappresentato dagli avvocati Giovanna Fronte e Antonia Nicolini – che il sostituto procuratore generale della Cassazione Antonietta Picardi, hanno chiesto la riqualificazione del capo di imputazione da tentata violenza privata in induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati da Pugliese e Chimirri. Si attendono le motivazioni degli ermellini sulla sentenza.

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