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Polli e pizze come prezzo di un’estorsione a Pizzo, il racconto del pentito Barbieri nel processo Maestrale: «Non avevano soldi per pagare»

Nella deposizione del collaboratore di giustizia i rapporti con i Bonavota di Sant’Onofrio e gli accordi con i clan di Mileto e Briatico. Il pm mostra in aula le foto di un ex sindaco del Vibonese e di un attuale primo cittadino ma il collaboratore non li riconosce

Polli e pizze come prezzo di un’estorsione a Pizzo, il racconto del pentito Barbieri nel processo Maestrale: «Non avevano soldi per pagare»
Nel riquadro Onofrio Barbieri
Domenico Bonavota

Deposizione del collaboratore di giustizia, Onofrio Barbieri, di Sant’Onofrio, nel maxiprocesso nato dalle operazioni Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium. Un esame condotto dal pubblico ministero della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, servito per “tastare” le conoscenze dell’ultimo dissociato del clan Bonavota in ordine ai rapporti con gli esponenti delle consorterie criminali di Mileto e Briatico. Appartenevo al clan Bonavota di Sant’Onofrio dove ci sono entrato sin dal 2004. Ho preso parte per conto della cosca agli omicidi di Domenico Di Leo, Raffaele Cracolici e Domenico Belsito, riportando la condanna definitiva a 30 anni di reclusione per il delitto Cracolici. Ero legato ai fratelli Domenico, Pasquale e Nicola Bonavota e ci occupavamo anche di estorsioni, droga e usura. Nel processo Rinascita Scott sono stato condannato a 16 anni di carcere per associazione mafiosa. Nel clan era Domenico Bonavota a comandare insieme al fratello Pasquale e la cosca manteneva rapporti sia con gli Anello di Filadelfia che con Giuseppe Prostamo di San Giovanni di Mileto, quello che è stato poi ucciso”. Il riferimento è all’omicidio del boss Giuseppe Prostamo, eliminato il 4 giugno 2011 San Costantino Calabro in un agguato ad opera di un soggetto vicino al clan Fiarè di San Gregorio d’Ippona. “Domenico Bonavota mi disse che il capo a Mileto era Giuseppe Mesiano che io ho conosciuto perché faceva il mercato settimanale dove vendeva il pane, mentre io vendevo detersivi. Ricordo che del clan Prostamo – ha riferito Onofrio Barbieri – facevano parte anche i nipoti di Giuseppe Prostamo, mentre nella zona di Mileto c’era anche Michele Silvano Mazzeo di Comparni, uno ben inserito nella ‘ndrangheta e che apparteneva ai Galati. Domenico Bonavota già conosceva Michele Silvano Mazzeo, mentre io l’ho conosciuto in carcere e poi l’ho frequentato pure fuori, una volta usciti, e insieme abbiamo trafficato cocaina. Lo stupefacente acquistato da Michele Silvano Mazzeo l’ho poi dato a Simone Melluso di Briatico che a sua volta l’ha ceduto ad Antonio La Rosa, quello che comandava a Tropea insieme ai fratelli, di cui uno era chiamato Il Bimbo”.    

L’estorsione al ristorante di Pizzo  

Silvano Mazzeo

Onofrio Barbieri è quindi passato a raccontare il tentativo di estorsione ai danni di un ristorante-pizzeria di Pizzo. Si trattava della Fornacetta – ha ricordato il collaboratore – ed è stato Domenico Bonavota ad incaricarmi di andare insieme ad Antonio Patania da Michele Silvano Mazzeo in quanto il titolare era di Mileto e si era rifiutato di pagare l’estorsione dicendo che non aveva soldi. Alla fine ci siamo accordati sul regalo di pizze e polli, tanto che Domenico Bonavota mi mandava spesso in questa pizzeria di Pizzo a prendere il pollo o le pizze senza mai pagare. Credo che invece per il locale che aveva a Mileto, il titolare già pagasse l’estorsione a Michele Silvano Mazzeo”.

L’estorsione tra Vazzano e Sant’Onofrio

Il collaboratore ha poi riferito al Tribunale di Vibo Valentia su un’estorsione praticata dal clan Bonavota ai danni di una ditta che stava eseguendo dei lavori di taglio boschivo tra Sant’Onofrio e Vazzano. “Anche in questo caso – ha spiegato Barbieri – Domenico Bonavota mi ha mandato da Michele Silvano Mazzeo in quanto la ditta che stava lavorando era di Mileto. Mazzeo mi disse che se la vedeva lui con il titolare di Mileto ed effettivamente dopo un due, tre giorni lo stesso Mazzeo mi consegnò i soldi dell’estorsione che io ho poi portato a Domenico Bonavota. Si trattava della somma di duemila euro”.

Briatico, Cessaniti e le foto di due politici mostrate in aula

Lidio Vallone e Francesco Mazzeo

L’esame di Onofrio Barbieri è quindi passato – per decisione del pm Antonio De Bernardo – al riconoscimento fotografico di una serie di soggetti inseriti in un album predisposto dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia, mostrato in aula attraverso i maxischermi. Album fotografico facente parte degli atti dell’inchiesta Maestrale-Carthago istruita dalla Dda di Catanzaro. “Riconosco in foto Simone Melluso e anche il padre Leonardo Melluso. Sono di Briatico e io li ho conosciuti in carcere a Vibo nel 2018 – ha riferito il collaboratore – e ricordo mi dissero di essere battezzati nella ‘ndrangheta. Avevano rapporti coi Tripodi di Portosalvo e gli Accorinti di Briatico. Anche ai Melluso è stata ceduta droga da parte di Michele Silvano Mazzeo che la prendeva ad Africo da Rocco Morabito”. Onofrio Barbieri ha poi riconosciuto in foto “Bruno Patania di Stefanaconi e Lollo Niglia di Briatico. Quest’ultimo – ha spiegato – era messo bene nella ‘ndrangheta e trattava cocaina ed erba anche con i Melluso. Una volta ha acquistato cocaina anche da Domenico Bonavota che, a sua volta, si riforniva pure lui ad Africo”. Il collaboratore ha inoltre riconosciuto in foto “Francesco Barbieri, che comandava a Pannaconi e tale circostanza mi è stata riferita da Domenico Bonavota. Il fratello di Francesco Barbieri è invece cognato del boss di Zungri Giuseppe Accorinti”. Nell’album allestito dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo, il pm ha infine mostrato la fotografia (al numero 13) dell’ex sindaco di Cessaniti Francesco Mazzeo (dimessosi il 18 agosto 2023 dopo la pubblicazione dei risvolti dell’operazione Maestrale dedicati al Municipio dallo stesso guidato politicamente) e dell’attuale primo cittadino di Briatico Lidio Vallone (foto numero 21). In entrambi i casi, però, il collaboratore di giustizia non ha riconosciuto i due esponenti politici (non imputati nel maxiprocesso), non riferendo quindi nulla sul loro conto al Tribunale collegiale di Vibo Valentia.

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