lunedì,Settembre 16 2024

L’odissea di un cantiere navale di Vibo Marina chiuso da due anni per inquinamento ambientale

Il racconto dell’imprenditore che non riesce a uscire dal tunnel burocratico e giudiziario che gli impedisce di riprendere l’attività. Per le operazioni di rimessaggio motonavi e pescherecci sono costretti a raggiungere porti siciliani

L’odissea di un cantiere navale di Vibo Marina chiuso da due anni per inquinamento ambientale

Maestri d’ascia, custodi di un antico artigianato per la costruzione di barche in legno ed il restauro di antichi velieri. La sede in cui la famiglia Mandrea svolgeva la propria attività, punto di riferimento per la marineria del porto, è da circa due anni posta sotto sequestro per violazione delle nome in materia ambientale. Nonostante il lungo tempo trascorso, la vicenda non riesce a trovare ancora una via di sbocco.

Michele Mandrea, titolare insieme al fratello del cantiere NavalCalabria ricostruisce le vicende che hanno portato al sequestro dell’area. «Il 26 novembre 2022, alle ore 9.00 un esercito di appartenenti a vari enti (Capitaneria di Porto, Guardia di Finanza, Arpacal, Polizia Municipale, Vigili del Fuoco) si presentava nei locali del cantiere Navalcalabria sito in via Emilia di Vibo Marina». Questo l’incipit della ricostruzione dei fatti che il titolare del cantiere Mandrea ha voluto rendere pubblica mediante un post sul suo profilo Facebook.

«Dopo essersi qualificati- si legge ancora- ci hanno trovato in difetto, fuori norma e, soprattutto, non hanno rinvenuto i depuratori per le acque di lavaggio delle imbarcazioni e delle prime piogge. Hanno posto il cantiere sotto sequestro e mi hanno denunciato per inquinamento ambientale a seguito di prelievi di campione di arenaria, fatto dall’ente di competenza, applicando la tabella di comparazione “A”, che fa riferimento a zone verdi e residenziali, mentre in realtà il porto di Vibo Marina si trova in zona industriale e commerciale e quindi la comparazione andava fatta servendosi della tabella B». Questa, ad avviso del titolare del cantiere, è stata la prima ingiustizia. In seguito a ciò, nel cantiere inizia un’attività, commissionata a persone qualificate, per mettere a norma il sito. Viene quindi presentata una relazione all’Autorità Portuale, la quale, dopo aver asserito che non ci dovrebbe essere nessun problema, invita però il titolare al pagamento del canone di concessione demaniale in scadenza.

«Paghiamo il canone – continua l’imprenditore – passa il primo anno e, dopo nostre continue sollecitazioni, ci rispondono che la pratica è stata rigettata perché non abbiamo fatto la bonifica (??). Mai prima d’ora ci era stato comunicato che dovevamo fare la bonifica del sito(!). Chiediamo al Giudice se possiamo fare prelievi e analisi a nostre spese e ci viene risposto affermativamente. Alla presenza di polizia giudiziaria facciamo quindi i prelievi con tanto di verbale al fine di verificare se effettivamente esiste inquinamento e quale tipo d’intervento di bonifica occorre fare, con il risultato che i valori rientravano nei limiti di cui alla tabella B.

L’Autorità Portuale però non si fida delle analisi e chiede una controanalisi effettuata dal suo ente di riferimento, il quale compara i prelievi fatti sul cantiere alla tabella A (zona verde e residenziale) anziché alla tabella B ( zona portuale-commerciale-industriale), prendendo quale campione di riferimento quello prelevato nella spiaggia del lido Proserpina (zona balneare). Conclusione: ordine di sgombero entro 60 giorni». Come ultima spiaggia (restando in tema), all’imprenditore non rimane che adire il TAR.

«Un calvario che dura da due anni – questo l’amaro sfogo di Michele Mandrea – mentre tutti lavorano con strutture molto peggiori della mia, per non parlare degli abusivi. Dal lontano 1970 abbiamo sempre lavorato onestamente, abbiamo sudato il pane da ragazzini e mio padre è morto giovanissimo dopo aver buttato il sangue in quel cantiere».

La chiusura del cantiere, come conseguenza, continua a creare grossi problemi anche a tutta la marineria che gravita sul porto di Vibo Marina in quanto, per le necessarie operazioni di rimessaggio, pescherecci, motonavi e imbarcazioni varie sono costrette a raggiungere i porti siciliani. Un altro brutto colpo per lo scalo marittimo vibonese, in aggiunta ai tanti problemi esistenti che sembrano prefigurare una volontà politica tendente al suo declassamento.

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