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Narcotraffico, assolta dopo tre anni di carcere ma la Cassazione nega risarcimento a una donna di Mileto

Coinvolta nel processo Stammer, per i giudici non ci fu ingiusta detenzione. Ecco i motivi alla base della decisione che ha visto resistere in giudizio il Ministero dell'Economia e delle Finanze

Narcotraffico, assolta dopo tre anni di carcere ma la Cassazione nega risarcimento a una donna di Mileto
la Cassazione

Nessun risarcimento del danno da ingiusta detenzione in carcere per Vania Luccisano, 44 anni, di Mileto, coinvolta nell’operazione della Dda denominata “Stammer” contro il narcotraffico internazionale. La Cassazione ha infatti ritenuto infondato il suo ricorso nonostante sia stata assolta già in primo grado dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia a fronte di una richiesta di condanna a 16 anni di carcere formulata dalla Dda. La Cassazione ha così confermato la decisione della Corte d’Appello di Catanzaro del 25 febbraio 2023 respingendo la domanda formulata da Vania Luccisano per la riparazione dovuta ad ingiusta sottoposizione alla misura cautelare della custodia in carcere dal 24 gennaio 2017 – data in cui veniva sottoposta a fermo – al 15 giugno 2020 – data in cui veniva assolta dagli addebiti, per non aver commesso il fatto, con sentenza del Tribunale di Vibo Valentia. La misura cautelare era disposta per la ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per i reati di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico aggravata dal metodo mafioso.

La “colpa grave” per il rigetto del ricorso

Per la Cassazione, che ha ritenuto “sussistente la colpa grave” nei confronti della Luccisano, pur in presenza di una “pronuncia assolutoria, non sono stati smentiti i rapporti intrattenuti con Leonardo Campos, soggetto implicato nel traffico internazionale di stupefacente e che la Luccisano, insieme al marito Massimiliano Varone (poi condannato a 15 anni) provvide ad accogliere in Italia ed a sistemare in albergo il colombiano. La Luccisano – ricordano i giudici – si mostrava inoltre al corrente della natura illecita degli affari intrattenuti dal marito con i colombiani, per come emerso dalla analisi di alcuni dialoghi”. La Suprema Cortenella sua pronuncia ha ricordato che compito del giudice della riparazione è quello di stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste siano poste come fattore condizionante (anche nel concorso dell’altrui errore) alla produzione dell’evento ‘detenzione’ con una valutazione ex ante”, cioè riportata al momento della sottoposizione ad arresto. Nel caso di specie la condotta della Luccisano avrebbe sostanzialmente contribuito ad ingenerare la rappresentazione di una condotta illecita dalla quale è scaturita, con rapporto di causa-effetto, la detenzione ingiustamente sofferta. Dalle intercettazioni i giudici hanno inoltre sottolineato che la Luccisano, parlando con il fratello, aveva fatto intendere di sapere che il marito fosse in procinto di incontrare la persona che ‘aveva i soldi’, ovvero quella incaricata di pagare la fornitura dello stupefacente”. La Cassazione ricorda quindi che il Tribunale di Vibo “non ha certamente negato la materialità dei fatti (gli incontri ed i contatti) e quindi il giudice della riparazione li ha autonomamente valutati con giudizio ex ante, ritenendo tali frequentazioni causalmente rilevanti rispetto alla detenzione patita, poiché caratterizzate da grave imprudenza e perciò ostative al riconoscimento del diritto all’indennizzo per ingiusta detenzione”. Vania Luccisano è stata così assolta – ricorda sempre la Suprema Corte – poiché è mancata nel processo la prova che la stessa avesse specifica contezza di scopi e termini degli incontri oltre ogni ragionevole dubbio, ma non altrettanto può dirsi della connotazione illecita di tali rapporti” e da qui l’inammissibilità del suo ricorso così come chiesto anche dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che si era costituito in giudizio con l’assistenza dell’Avvocatura dello Stato. Da ricordare che in precedenza la stessa Cassazione aveva respinto anche la domanda per riparazione da ingiusta detenzione avanzata da Fulvio Luccisano, fratello di Vania, pure lui assolto nel processo Stammer a fronte di una richiesta di condanna della Dda a 16 anni di reclusione.

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