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Emanuele Mancuso e il controllo del clan sui villaggi turistici e le attività economiche

Nel corso dell’esame del processo Maestrale il collaboratore si è soffermato sul villaggio Sayonara di Nicotera, il Cliffs Hotel di Joppolo e il Golf club di Limbadi

Emanuele Mancuso e il controllo del clan sui villaggi turistici e le attività economiche
Il Cliffs Hotel di Joppolo e nei riquadri Emanuele Mancuso e Assunto Megna
Pantaleone Mancuso (l’Ingegnere)

Avrebbe avuto il pieno controllo di diverse attività economiche il clan Mancuso, specie per quanto attiene la gestione di alcuni villaggi turistici. Ne è convinto il collaboratore di giustizia, Emanuele Mancuso, che ha oggi offerto al Tribunale di Vibo Valentia le sue verità nel corso del maxiprocesso nato dalle operazioni Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium. “E’ impossibile a Nicotera gestire un villaggio senza l’assenso dei Mancuso. Davvero impossibile – ha sostenuto il collaboratore – tanto che il villaggio Venta Club era di Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, così come pure il villaggio Valtur era sotto il controllo della mia famiglia. Per quanto riguarda il Cliffs Hotel di Joppolo, il terreno è del Comune ma noi abbiamo avuto negli anni a disposizione i sindaci di Joppolo che ci hanno sempre concesso il terreno. Tra il 2014 e il 2015 il Cliffs l’hanno preso in gestione mio padre, Pantaleone Mancuso, e Assunto Megna attraverso due prestanomi di Reggio Calabria. A gestire tutto, Mancuso e Megna avevano messo il commercialista di famiglia Gianluca Zamparelli che stava lì al Cliffs e si rapportava in particolare con Assunto Megna, hotel in precedenza gestito da Mimmo Ranieli del Sayonara. Alla sua morte al Cliffs sono subentrati Pantaleone Mancuso e Assunto Megna”.

Nei riquadri Francesco Mancuso e Assunto Megna

Quindi il passaggio sul villaggio Sayonara di Nicotera Marina. “Storicamente il Sayonara – ha spiegato il collaboratore – è stato sempre gestito dal ramo ‘Mbrogghja della famiglia Mancuso che nel villaggio ha portato anche latitanti di altri paesi. Mio padre, in particolare, una volta ha ospitato al Sayonara un boss casertano e la sua famiglia. Successivamente il villaggio l’hanno preso in gestione Mimmo Ranieli, il fratello Tinuccio e Francesco Polito, ma dietro ci stavano sempre mio padre e i figli di Peppe Mancuso, Domenico e Antonio. Dopo l’uscita dal carcere è subentrato Luigi Mancuso. Francesco Mancuso, detto Bandera, fratello di Pantaleone Mancuso, Scarpuni, gestiva un negozio dentro il villaggio Sayonara, mentre a rapportarsi con mio padre, con Antonio Mancuso, Domenico Mancuso, Francesco Mancuso, Salvatore Cuturello, Salvatore Mancuso, mio fratello Giuseppe Mancuso e Francesca Mancuso, era Tinuccio Ranieli. Io stesso – ha ricordato Emanuele Mancuso – tramite Tinuccio Ranieli ho fatto assumere al Sayonara una ragazza di Preitoni e un’altra persona, oltre alla mia fidanzata dell’epoca, Nensy Vera Chimirri. I Ranieli avevano in ogni caso tanti debiti con la famiglia Mancuso, anche di natura usuraria come quello con Congiusti che aveva prestato loro dei soldi provenienti pure da Ascone. Assunto Megna sosteneva che da Ranieli vantava un credito di quasi un milione di euro, ma in tali situazioni è poi subentrato Luigi Mancuso. Ricordo che i Ranieli per far fronte ai debiti hanno dovuto rinunciare pure alla gestione delle terme di Galatro”.

Le attività del clan

Pantaleone Mancuso (Scarpuni)

Tra le attività riconducibili al clan Mancuso, il collaboratore ha indicato il lido Il Delfino di Nicotera Marina “intestato a Isidoro Buccafusca”, un’agenzia di pompe funebri “tramite Totò u lisciu”, e “il tabacchino di Mercuri, poi divenuto American bar di Nicotera di cui si erano presi la gestione – ha affermato Emanuele Mancuso – Luigi Mancuso e Pasquale Gallone, tanto che lì avevo fatto un furto di sigarette e le ho dovute restituire quando ho saputo che dietro vi era mio zio Luigi e Gallone”. Ad avviso di Emanuele Mancuso, anche il Golf Club di Limbadi rientra sotto il controllo della famiglia Mancuso. “Il proprietario mi venne presentato da Salvatore Ascone che si trovava lì al Golf club mentre stava lavorando con un trattore. Sono stato presentato al proprietario del Golf club come il figlio di Pantaleone e il nipote di Luigi Mancuso. Ricordo che la mia famiglia al Golf club non pagava”. Pantaleone Mancuso e la moglie Tita Buccafusca (quest’ultima poi morta ingerendo acido muriatico) avrebbero poi gestito anche una pescheria e “un’attività che commercializzava il caffè, il caffè di Manuel Callà”.

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