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Processo Maestrale: la figura di Pasqua, il clan Mancuso, il “caso Monteleone” e i verbali di Mantella al centro del controesame

Per il collaboratore di giustizia l’ex dirigente dell’Asp di Vibo sarebbe a «disposizione del clan di Limbadi», ma l’avvocato Li Gotti interrompe le domande lamentando una violazione del diritto di difesa. Dalle rapine ai distributori di benzina all’intervento dei Lo Bianco

Processo Maestrale: la figura di Pasqua, il clan Mancuso, il “caso Monteleone” e i verbali di Mantella al centro del controesame
L'Asp di Vibo e nei riquadri Cesare Pasqua (a sinistra) e Andrea Mantella (a destra)
Cesare Pasqua

Al via il controesame del collaboratore di giustizia, Andrea Mantella, nel maxiprocesso nato dalle operazioni antimafia Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium in corso di svolgimento nell’aula bunker di Lamezia Terme dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia. È toccato all’avvocato Michele Gigliotti – difensore di parte civile per conto delle parti offese, i dottori Francesco Talarico (già alla guida dell’Asp di Vibo) e Francesco Massara (alla guida del dipartimento di Veterinaria dell’Asp) – aprire con specifiche domande riguardanti la figura dell’ex dirigente dell’Asp di Vibo Cesare Pasqua (poi direttore della clinica Villa S. Anna di Catanzaro), imputato nel processo con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, abuso d’ufficio con l’aggravante mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso e minaccia aggravata dal metodo mafioso. “Pasqua è un sussurrato nell’orecchio, un riservato a disposizione della consorteria Mancuso di Limbadi, un mafioso clandestino – ha affermato il collaboratore – infiltrato nell’Asp di Vibo, un mafioso non dichiarato dei Mancuso”. Andrea Mantella non ha saputo indicare con precisione l’incarico ricoperto da Cesare Pasqua all’interno dell’Asp, indicandolo come “direttore sanitario”, mentre ha specificato che al Comune di Vibo operava invece “il figlio di Pasqua”. Ad avviso di Andrea Mantella, il “potere dei Mancuso si esercitava anche tramite i c.d. riservati, i colletti bianchi, ma non so se Pasqua si occupasse anche del servizio veterinario, così come non so chi fosse il direttore dell’Asp”. Il collaboratore ha poi accennato ad una sorta di “diatriba” all’interno dell’Asp “tra Pasqua e Miceli di cui non ricordo bene, mentre non conosco la dottoressa Servello”. La difesa di Cesare Pasqua ha dal canto suo prodotto al Tribunale la sentenza definitiva con la quale l’ex direttore generale dell’Asp di Vibo, Francesco Talarico, è stato condannato a 2 anni e 4 mesi per tentata concussione nei confronti dell’allora direttore dell’Unità operativa di Medicina del lavoro Cesare Pasqua.

Il decesso di Federica Monteleone

Federica Monteleone

Andrea Mantella è quindi ritornato anche sulla vicenda che ha portato al decesso nel 2007 della 16enne Federica Monteleone dopo un black out nella sala operatoria dell’ospedale di Vibo nel corso di un intervento di appendicectomia. Quando è morta la ragazza, la cosca Mancuso utilizzò i colletti bianchi per sistemare le problematiche insorte a seguito del decesso e interessò pure Pasqua poiché la cosa interessava Pantaleone Mancuso, detto Vetrinetta, in quanto era coinvolta la ditta Stuppia che aveva un appalto in ospedale. In particolare – ha aggiunto Mantella – alla cosca Mancuso interessava che per la vicenda di Federica Monteleone non finissero nei guai l’anestesista e la ditta Stuppia”.

Il controesame interrotto dall’avvocato Li Gotti

È toccato poi all’avvocato Giovanni Li Gotti, difensore di Cesare Pasqua, procedere al controesame di Andrea Mantella esplorando le motivazioni poste alla base della collaborazione con la giustizia avviata nel maggio del 2016 ma con altri tentativi andati a vuoto avvenuti già negli anni precedenti. “Come mai – ha chiesto l’avvocato Li Gotti a Mantella – ha impiegato otto anni per fare il nome di Pasqua per una rapina a un distributore di benzina”? A tale domanda, il collaboratore di giustizia ha risposto affermando di aver fatto il nome di Pasqua già nel 2016 all’inizio della sua collaborazione. Un’affermazione, quella del collaboratore, che ha portato l’avvocato Li Gotti a interrompere il suo esame lamentando una violazione del diritto di difesa in quanto non in possesso dei verbali nei quali Mantella – per come dichiarato dallo stesso – avrebbe fatto, già nel 2016 alla Dda di Catanzaro, il nome di Cesare Pasqua. Verbali che, per come evidenziato dall’avvocato Li Gotti, se esistenti non sarebbero stati messi a disposizione della difesa.

Le rapine ai distributori di benzina

Carmelo Lo Bianco “Piccinni” (deceduto)

Il controesame è stato così concluso dall’avvocato Vincenzo Pasqua nell’interesse di Cesare Pasqua. Le domande del difensore si sono concentrate proprio sulle rapine ad alcuni distributori di benzina ed ai “contrasti” sorti tra i Mancuso ed i Lo Bianco. Correggendo il “tiro” rispetto ad alcuni verbali, Andrea Mantella ha così affermato in aula che “Cesare Pasqua aveva un distributore di benzina a Vibo in viale Affaccio e un altro nella frazione Mesiano di Filandari. Altro distributore di Vibo – la Esso vicino all’impianto di Pasqua – era invece di tale De Lorenzo che – ha affermato Mantella – era vicino al boss Pantaleone Mancuso, detto Vetrinetta. Ricordo che tre componenti della famiglia Lo Bianco, ovvero i cugini Giuseppe Lo Bianco, detto Peppe da Cina, Salvatore Lo Bianco detto U Gniccu e Vincenzo Lo Bianco avevano compiuto delle rapine ai distributori di benzina. Ne andai a parlare con Carmelo Lo Bianco – ha ricordato Mantella – in quanto era il boss che comandava all’epoca la città di Vibo Valentia ed io volevo punire i Lo Bianco per le rapine compiute. Carmelo Lo Bianco mi disse però che con i nipoti se la sarebbe vista lui in quanto con tali azioni gli avevano creato non pochi problemi con i Mancuso ed alla fine aveva dovuto restituire i soldi agli stessi Mancuso in quanto oltre a De Lorenzo, considerato vicino al clan di Limbadi, pure Pasqua era ritenuto vicino ai fratelli Antonio Mancuso, Giovanni Mancuso e Pantaleone Mancuso detto Vetrinetta”.

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