venerdì,Novembre 22 2024

La guerra della ‘nduja, Barbalace replica a Coldiretti: «Quella fatta negli Usa secondo la tradizione di Spilinga non è un fake»

Il vice sindaco del centro vibonese celebre per il famoso insaccato si rivolge al presidente regionale dell’associazione Franco Aceto: «Gli Stati Uniti vietano l'importazione di carne di maiale calabrese, lavoriamo tutti insieme per rimuovere questo ostacolo»

La guerra della ‘nduja, Barbalace replica a Coldiretti: «Quella fatta negli Usa secondo la tradizione di Spilinga non è un fake»
Da sinistra, Barbalace e il ministro Lollobrigida

«Non pensavo che un’associazione di categoria come Coldiretti, di cui ho grande stima per la professionalità con cui lavora da anni in modo eccellente a difesa degli agricoltori italiani, si facesse trascinare in una polemica pretestuosa». Il vice sindaco di Spilinga, Franco Barbalace, interviene in merito alle durissime critiche mosse dal presidente provinciale di Coldiretti Giuseppe Porcelli e dal presidente regionale Franco Aceto, in merito alla promozione negli Usa di quella che hanno definito «una ’nduja fake». Una polemica molto aspra che si è generata nel cuore stesso di Spilinga e che ha messo nel mirino anche il presidente del consorzio della ‘nduja di Spilinga Francesco Fiamingo, accusato insieme a Barbalace di promuovere una versione prodotta negli Stati uniti del celebre insaccato vibonese.

Barbalace stigmatizza innanzitutto i toni usati «ad arte da qualcuno che, da qualche tempo, insiste invano a voler mettere in cattiva luce la mia persona», anche in un caso come questo – spiega in una nota «dove il sottoscritto viaggia all’estero e partecipa ad un evento a titolo personale e non da vicesindaco».

«Da sempre a difesa della ‘nduja di Spilinga»

Poi si rivolge direttamente al presidente regionale dell’associazione, Franco Aceto, che – aggiunge – «da come si evince dallo stesso comunicato, evidentemente non conosce la mia attività trentennale, spesa in un continuo e costante impegno verso la tutela della “vera” ‘nduja di Spilinga e verso la sua massima diffusione e promozione a livello nazionale e internazionale». «A iniziare – prosegue Barbalace – dalla spinta iniziale per la costituzione del Consorzio, insieme ai produttori di allora tutti in sintonia, o sulle tante battaglie per il riconoscimento del marchio, con la presentazione della prima istanza. Quindi, è bene chiarire in modo fermo, che conosco bene il prodotto “‘nduja di Spilinga” e la differenza con altri prodotti, che possono essere solo simili ma non uguali, ma è un discorso che va approfondito non solo per l’Estero ma anche e soprattutto a livello regionale, nazionale ed anche internazionale, ad eccezione appunto degli Stati Uniti d’America».

«Maiale calabrese vietato negli Usa»

Poi entra nel merito delle accuse mosse da Coldiretti: «Il progetto portato avanti negli Stati Uniti, da Francesco Fiamingo dell’azienda Bellantone, che vuole altresì coinvolgere, come già aveva scritto in un recente articolo sulla “Voce di New York” le altre aziende spilingesi,  parte da una considerazione basilare, il fatto che a oggi negli Usa non si possono importare carni di maiale dalla Calabria, in quanto regione riconosciuta non indenne da malattia vescicolare del suino, dalle autorità statunitensi l’APHIS/USDA (Ministero Agricoltura e tutela prodotti alimentari) che definisce il “rischio Paese” in relazione allo status sanitario relativamente alle patologie animali e alla sicurezza alimentare. Per poter esportare è necessario che il Paese speditore abbia concluso un accordo con codeste Agenzie. Ad avere questa autorizzazioni, oggi in Italia, sono, tramite procedure particolarmente complesse e costose, solo ed esclusivamente gli stabilimenti presenti nella cosiddetta “macroregione italiana” che comprende Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Piemonte, le province autonome di Trento e Bolzano, Friuli, Liguria, Marche e Valle d’Aosta. È proprio notizia di queste settimane l’ottenimento di questa importante attestazione di qualità anche per la Regione Umbria e Toscana. Si tratta di un risultato molto importante per loro, frutto della valida collaborazione tra Sanità Veterinarie e Sicurezza Alimentare della Regione Umbria, Ministero della Salute e l’Ambasciata Italiana negli Stati Uniti, e aggiungerei delle associazioni di categoria, grazie al quale ora potranno esportare i prodotti di carne suina, a cominciare dai prosciutti, dalla Finocchiona passando per salami, salsicce, e gli altri prodotti insaccati, negli Stati Uniti».

«Prodotto Usa anti-fake»

Proprio l’impossibilità di esportare negli Usa l’originale ‘nduja di Spilinga prodotta in Calabria, spiega il vice sindaco, avrebbe favorito «una diffusa e dannosa divulgazione e distribuzione di prodotti veramente “fake” spacciati proprio per ‘nduja di Spilinga e realizzati anche con scarti di prosciutto cotto il cosiddetto “prosciutto spread” e altro, da aziende statunitensi, tedesche ecc».

«In base ad un’indagine di mercato – prosegue la lunga nota di Barbalace -, è stato accertato, che la percezione degli statunitensi sulla ‘nduja era quella che era stata creata in modo veramente falso, in tutto e per tutto. Da lì il produttore Fiamingo, che in una nota successiva spiegherà il “progetto” portato avanti insieme a uno stimato imprenditore di origine calabrese residente negli Stati uniti, si è prodigato a difendere appunto la bontà dell’originalità della ricetta spilingese e ottenere le relative autorizzazioni sanitarie, e non nell’affermare e tantomeno parificare la qualità della ‘nduja di Spilinga con quella prodotta in Usa, ma nel frattempo, producendo lì (visto che non si può fare diversamente) una ‘nduja con il metodo tradizionale ed il produttore originale, aprendo così le porte ad una riconoscibilità del prodotto al consumatore americano».

«Coldiretti si preoccupi della concorrenza delle aziende cosentine»

Sulla base di questo ragionamento, Barbalace esclude che questo approccio rappresenti una forma «di concorrenza con le aziende e il prodotto spilingese, smentendo categoricamente chi definisce un “fake” ai danni dei produttori»: «Chi afferma ciò, conoscendo bene l’attuale disciplinare di produzione della “nduja di Spilinga”, che specifica un’area delimitata a Spilinga e dintorni, dovrebbe allora puntare il dito verso le aziende di Cosenza e di altre provincie, alcune dei quali associate a Coldiretti, che attualmente producono ‘nduja e la chiamano in alcuni casi di Spilinga, facendo davvero concorrenza agli spilingesi. È questo il paradosso su cui si chiude un occhio o tutti e due».

Il vice sindaco, quindi, esorta altre aziende di Spilinga ad affiancare Fiamingo «in attesa che si possa in qualche modo sbloccare lo stallo della problematica sanitaria calabrese, grazie all’apporto di tutti, Ministero, Regione, Asp e associazione di categoria, compresa naturalmente Coldiretti e che, quindi, come concretizzato anche dall’Abruzzo, si possa finalmente liberalizzare un mercato “senza confini” come quello Statunitense per tutte le aziende di prelibati salumi della Calabria».

«Una problematica – continua – di cui ho avuto il piacere di parlarne proprio al Fancy Food, direttamente con alcuni rappresentanti di Coldiretti e soprattutto con il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, che mi ha sottolineato l’impegno verso questa direzione anche della Sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro e dell’Eurodeputato Denis Nesci, che ringrazio anticipatamente».

«L’invito che rivolgo al presidente regionale di Coldiretti, Franco Aceto – conclude Barbalace -, lo stesso che farò nei prossimi giorni anche alle altre associazioni di categoria, è proprio quello di incontrarci e affrontare questa problematica, per una sana e importante battaglia sinergica da condurre tutti insieme, non l’uno contro l’altro solo per prese di posizione, ma sì, solo a danno degli agricoltori e produttori calabresi, spesso citati all’estero sempre in guerra tra di loro. Smentiamo anche questa visione, lavorando uniti verso il raggiungimento dell’importate traguardo».

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