Coca dalla Piana di Gioia Tauro e dalla Locride: chi erano i narcotrafficanti calabresi che rifornivano i pusher di Messina
I contatti con il «cognato» di Piromalli, individuato dai magistrati in Gioacchino Cananzia, e quelli con Antonio Strangio. Gli investigatori ricostruiscono il modus operandi dei broker
La droga per i pusher messinesi arrivava dalla Calabria: due diversi canali, «uno proveniente dalla zona tirrenica e l’altro dalla zona jonica». È uno dei punti fermi dell’inchiesta dell’Antimafia messinese che, oggi, ha portato all’arresto di 112 persone.
Il primo, secondo i magistrati della Dda siciliana, avrebbe fatto capo a Gioacchino Cananzi, 49 anni, di Rosarno. Uno dei presunti capi della gang peloritana di narcotrafficanti, in una intercettazione del gennaio 2022, spiega al proprio interlocutore di essere solito rifornirsi da un uomo che si sarebbe presentato «come il cognato di Piromalli». A volte basta un cognome per accreditarsi, anche se i messinesi non posso dirsi certi del pedigree criminale del fornitore: «Così si è presentato… che è il cognato… poi se imbroglia o non imbroglia non lo so. Questo… io non è che li conosco nelle Calabrie».
I contatti con il «cognato di Piromalli» tra alti, bassi e il sequestro di 225mila euro
Con qualche cenno biografico, i magistrati identificano Cananzi: sarebbe lui a rifornire «di ingenti quantitativi di cocaina» i messinesi. Arriva una conferma anche sulla parentela esibita dal broker calabrese, che «risulta legato ad Arcangelo Piromalli (non indagato in questa inchiesta, ndr) sia da rapporti di frequentazione sia da vincoli di carattere familiare».
È del dicembre 2021 la prima intercettazione in cui si colgono i riferimenti a Cananzi. I “compari” siciliani fanno riferimento al fornitore: dal tenore della conversazione «si comprende – sottolinea il gip – che si stavano organizzando per raccogliere una cospicua somma di denaro da destinare agli approvvigionamenti di stupefacenti in vista delle festività natalizie». La movida chiama, i pusher rispondono. L’obiettivo era quello di «recuperare i crediti dai vari acquirenti e osservava che, se ciascuno di loro avesse aggiunto 10mila euro circa, si sarebbe riusciti a consegnare a “Gioacchino” 70, 80 o 90mila euro». Cifre che presuppongono volumi di traffico consistenti.
Un paio di giorni dopo i messinesi si lamentano «della scarsa qualità della droga fornita da Gioacchino, che non intendeva riprenderla indietro». Per quanto scontenti, però, gli acquirenti sottolineano che «fino a quel momento» il calabrese «aveva fornito al guppo “33 pacchi” dei quali nessuno aveva avuto motivo di lamentarsi». Chi si lamenta è, invece, proprio Cananzi per il sequestro di 225mila euro: erano i soldi diretti da Messina alla Piana di Gioia Tauro come pagamento di una grossa fornitura di droga. Il denaro viene intercettato dalle forze dell’ordine nell’auto di un corriere, Santina Pasqualone: la donna sbarca a Villa San Giovanni e viene fermata. Affare sfumato e panico tra fornitori e pusher. I messinesi hanno paura che i calabresi siano sotto indagine («questi sono seguiti»), Cananzi si lamenta dell’imperizia dei suoi soci in affari. Continua a leggere su LaC News24.