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Strage di Ariola, i killer 20enni per il massacro nelle Preserre vibonesi e le “indagini” del pentito Loielo per trovare i colpevoli

L’inchiesta della Dda scattata questa mattina che ha portato all'arresto di 14 persone ricostruisce il contesto dell’eccidio del 2003: il legame tra il clan Emanuele e i Maiolo e il piano di morte consumato tra i vicoli della frazione di Gerocarne

Strage di Ariola, i killer 20enni per il massacro nelle Preserre vibonesi e le “indagini” del pentito Loielo per trovare i colpevoli

È il 25 ottobre 2003, poco dopo mezzogiorno una telefonata alla centrale operativa dei carabinieri di Vibo Valentia segnala la strage. La voce di Ilario Antonio Chiera, sfuggito alla furia dei killer, spiega che nella frazione Ariola di Gerocarne si è consumato un eccidio: in quel momento i morti sono già due e due i feriti gravi. Soltanto Chiera resterà in vita. La Mitsubishi Pajero a bordo della quale viaggiavano i quattro ragazzi è a centro strada, crivellata di colpi.

I militari si trovano davanti a una mattanza pianificata per fermare una nuova fase della faida delle Preserre: decenni di omicidi per stabilire chi comandasse nell’area.

A terra restano i corpi dei cugini Francesco e Giovanni Gallace e di Stefano Barilaro, che morirà dopo il trasporto in elisoccorso all’ospedale di Catanzaro. Tre morti per riaffermare il dominio di Bruno Emanuele, spietato capocosca che voleva emanciparsi anche dal potere dei Mancuso.

L’inchiesta della Dda di Catanzaro che ha portato in carcere 14 persone prova a illuminare gli angoli bui della “strage di Ariola”: da quell’eccidio sono passati 30 anni. Francesco Loielo, collaboratore di giustizia e fratello degli indagati Giovanni (70 anni) e Vincenzo (77 anni), ha raccontato ai magistrati gli anni della sanguinosa faida delle Preserre. Per la strage, «i responsabili vengono individuati in Bruno Emanuele e Antonio Altamura, come mandanti» e poi Angelo e Francesco Maiolo (rispettivamente di 40 e 45 anni: entrambi sono indagati), «che si erano alleati con gli Emanuele, come esecutori materiali». Loielo indica tra le persone coinvolte nel triplice omicidio «anche un Forastefano, sebbene non ne ricordi il nome». Due killer ragazzini entrati in azione in una stradina che porta dal Ponte dei Cavalli di Ariola verso Savini. Nei vicoli delle Preserre una follia omicida simile a quella delle “paranze” napoletane: tutto pur di affermare il proprio potere.

«Antonio Gallace e Pino Taverniti – racconta Loielo – mi fecero capire, sempre tramite una lettera, che responsabili della strage erano Emanuele Bruno con il consenso di Antonio Altamura. La ragione della strage stava nella realizzazione del controllo del territorio. Gallace e Taverniti dissero che come esecutori materiali vi erano anche i figli di Rocco e Antonio Maiolo, che si erano messi con gli Emanuele. So che c’entra anche uno dei Forasteano che non ricordo come si chiamasse.
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