sabato,Novembre 23 2024

“Purgatorio”, Mantella in aula: «Volevo uccidere Lo Bianco e Barba»

Ancora rivelazioni del pentito chiamato a testimoniare nel processo “Purgatorio” che vede imputati gli ex funzionari di Polizia Maurizio Lento ed Emanuele Rodonò

“Purgatorio”, Mantella in aula: «Volevo uccidere Lo Bianco e Barba»

Nascita, ascesa ed epilogo di una carriera criminale. Il collaboratore di giustizia Andrea Mantella ricostruisce ancora una volta davanti ai giudici il suo percorso di boss emergente di Vibo Valentia: dagli albori della sua iniziazione mafiosa, ai tentativi di emanciparsi dal controllo che il clan Mancuso imponeva negli affari illeciti cittadini, fino alla sua decisione di collaborare con la giustizia, frutto, come lo stesso ha riferito, del timore che sul suo conto venissero addebitati nuovi omicidi e crimini in seguito al pentimento di Pasquale Giampà, cugino del cognato dello stesso Mantella.

Tutte circostanze esposte nel corso del processo “Purgatorio” che si sta celebrando nell’aula bunker del nuovo tribunale di Vibo e che vede sedere al banco degli imputati gli ex dirigenti della Squadra mobile Maurizio Lento ed Emanuele Rodonò, oltre che l’avvocato Antonio Galati. Tutti accusati a vario titolo di associazione mafiosa, concorso esterno e rivelazione di segreto investigativo.

Per oltre 4 ore Mantella è stato interrogato per riscontrare le dichiarazioni rese al pm Camillo Falvo, tracciando la parabola di una “carriera” che muove i suoi primi passi in piazza Municipio, tra accoltellamenti e ritorsioni, quando lo stesso boss oggi pentito venne notato da Carmelo Lo Bianco, detto “Piccinni”, che lo volle al suo fianco facendone il suo erede designato. Dopo aver scontato la pena per l’omicidio Manco, volle affrancarsi della “protezione” dei Lo Bianco, a loro volta legati ai Mancuso di Limbadi a cui «versavano una quota delle attività illecite su Vibo. Cosa che ritenni ingiusta perché nessuno poteva venire a comandare a casa nostra» ha detto il collaboratore di giustizia.

Per cui «in una riunione dissi a Carmelo Lo Bianco che non mi stava più bene che desse la percentuale ai Mancuso. Lui però mi rispose “o finisci in carcere o morto di lupara bianca, quindi resta vicino a noi”. Abbiamo tirato a campare per qualche anno ma nella fine del 2003, o inizio 2004, ho iniziato a compiere omicidi per conto mio». Ma solo alla fine del 2008 tagliò definitivamente i ponti con la consorteria dei Lo Bianco. Nel 2007, per come racconta “il Quotidiano del Sud”, viene coinvolto nell’operazione “Nuova alba”. In carcere, però, Mantella ci restò poco perché simulò «una depressione» che gli aprì le porte della clinica privata “Villa Verde” a Donnici, nel Cosentino.

Le rivelazioni di Andrea Mantella: quella clinica al servizio dei boss

Qui convocò «Nicola Rocco Manco, genero di “Piccinni”, al quale dissi di riferirgli che doveva darmi 70mila euro prelevati dalla cassa comune della cosca per il sostentamento durante il periodo di detenzione. Somma che non mi fu mai data nonostante, al momento dell’arresto lo stesso Lo Bianco avesse un sacchetto 300mila euro portati la mattina successiva dalla moglie a don Peppino Mancini per nasconderli. Ma, una volta usciti, questi faceva fatica a restituirli perché li aveva spesi. A questo punto mi sentii preso in giro e decisi che sia Lo Bianco che Vincenzo Barba dovevano essere eliminati».

Le sue intenzioni arrivarono all’orecchio di Pantaleone Mancuso (alias “Scarpuni”) che, per il tramite di «Michele Palumbo, mi invitò a lasciarli in pace in quanto non contavano nulla e gli facevano comodo, al che gli risposi che a Vibo me la sarei dovuta vedere io. Alla fine mi fece avere lui i soldi: 37,500 euro più altri 300mila».

E proprio in riferimento ai progettati omicidi di Lo Bianco e Barba che Mantella ha raccontato un particolare sull’allora capo della Squadra Mobile Maurizio Lento: ««Un giorno quando andai a firmare in Questura, perché ero sorvegliato, Lento mi avvicinò nel corridoio. Mi disse: “Andrea lascia stare Lo Bianco e Barba, che sei un ragazzo intelligente, cerca di capire. Io a Reggio parlavo con gente del calibro di Mico Libri, se parlo con te è perché ti considero un ragazzo intelligente”. Insomma, avevo capito che sapevano del mio progetto, e siccome non sono un fesso e non mi volevo beccare un ergastolo, lasciai perdere. Se Barba è ancora in vita, lo deve al dottore Lento». La prossima udienza è stata fissata per il prossimo 16 dicembre.

Mantella e quei “rapporti” con i funzionari della Squadra Mobile

 

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