‘Ndrangheta e politica a Reggio, le accuse al consigliere regionale Neri e a quello comunale Sera
Sono coinvolti nell'inchiesta della Dda che ha portato a 14 misure cautelare. Avrebbero avuto l'appoggio della cosca Araniti ma il gip per loro ha respinto la richiesta d'arresto
di Vincenzo Imperitura
«Qualsiasi politico che allaccia rapporti con il Barillà – scrive il gip – sa benissimo della sua parentela con il boss di ‘ndrangheta e anche che lo stesso Barillà si avvale dell’aiuto elettorale di Araniti Domenico ed è consapevole del rischio che corre e cioè di vedersi “additato” come politico che ha legami con “determinati ambienti”». Daniel Barillà è un collettore di voti molto attivo a Reggio Calabria e che ha rivestito cariche importanti come “membro dell’organismo indipendente di valutazione della città metropolitana di Reggio” e come professionista esterno per la redazione di un progetto di piano per lo sviluppo infrastrutturale e della mobilità nell’area dello Stretto. Allo stesso tempo il “mago” dei consensi (in conto terzi), è il genero di Domenico Araniti, il “Duca”, capobastone nel quartiere di Sambatello. È lui, Barillà, il perno attorno cui ruota il fattore “politico” dell’indagine della distrettuale antimafia dello Stretto che ha portato ai 14 arresti di stamane a Reggio.
«Il Barillà è un politico fortemente “corteggiato” da più parti – annota il gip – da più schieramenti politici, perché capace di movimentare un apprezzabile numero di consensi elettorali nella provincia di Reggio e non solo nei territori che controlla la famiglia di ‘ndrangheta». Ed è proprio Barillà, sostengono i magistrati reggini (che non hanno trovato l’appoggio del gip che ha negato gli arresti per i politici coinvolti), a tessere le fila per la raccolta voti in due distinte tornati elettorali: il rinnovo per il Consiglio regionale e quello per palazzo San Giorgio. Elezioni in cui, l’indagato, avrebbe sposato, a destra, la causa di Giuseppe Neri, eletto consigliere a palazzo Campanella per Fratelli d’Italia e a sinistra quella di Giuseppe Sera, eletto nell’assise reggina. Matrimoni che sarebbero stati celebrati con l’assenso del potente boss Araniti, capace, dicono le carte, di influenzare il voto popolare nella zona su cui esercita il proprio potere mafioso.
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