giovedì,Novembre 21 2024

I clan e i lavori per il complesso parrocchiale di Pizzo nella sentenza Petrol Mafie

L’inchiesta ha portato alla luce gli accordi tra i clan Anello, Mancuso e Bonavota per le opere di sbancamento e la fornitura di cemento. I ruoli dell’architetto Tedesco e le ragioni della dura condanna nei suoi confronti

I clan e i lavori per il complesso parrocchiale di Pizzo nella sentenza Petrol Mafie
Una veduta di Pizzo dall'alto
Franco Tedesco

Trovano spazio anche i lavori di realizzazione del Complesso Parrocchiale di Pizzo “Risurrezione di Gesù” – commissionato dalla Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, per un importo complessivo di 4. 579. 654,22 euro – nelle motivazioni della sentenza di primo grado relativa al troncone con rito ordinario del processo “Petrol Mafie”. Tra le imputazioni mosse dalla Dda di Catanzaro – e vagliate dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia – c’è infatti anche un’estorsione (aggravata dal metodo mafioso) contestata a Luigi Mancuso di Limbadi, Gregorio Giofrè di San Gregorio d’Ippona, Pasquale Gallone di Nicotera, Giuseppe D’Amico di Piscopio, Giuseppe Barbieri di Sant’Onofrio, Giuseppe Ruccella di Filogaso, Francescantonio Anello di Filadelfia, Daniele Prestanicola di Maierato, Francescantonio Tedesco di Vibo Valentia e Filippo Fiarè di San Gregorio d’Ippona. Tra le condanne per tale specifico capo d’imputazione si registra quella a 10 anni e un mese nei confronti dell’architetto Francescantonio Tedesco, 56 anni, già consigliere comunale a Vibo e vicino a Forza Italia. Lo stesso si trova attualmente imputato anche nel processo nato dall’operazione Imponimento dove la Dda ha chiesto per lui 18 anni di reclusione. Per l’estorsione relativa ai lavori della chiesa di Pizzo, nel procedimento Petrol Mafie alcuni imputati sono già stati giudicati con il rito abbreviato dove si sono registrate in primo grado le assoluzioni di Gregorio Giofrè e Filippo Fiarè di San Gregorio d’Ippona (appellate dalla Dda con la richiesta di 8 anni di reclusione a testa nel processo di secondo grado che deve ancora andare a sentenza), mentre Pasquale Gallone e Giuseppe Barbieri sono stati condannati in primo grado a 6 anni, e Daniele Prestanicola e Francescantonio Anello a 7 anni. Nel troncone ordinario di Petrol Mafie, oltre alla condanna nei confronti di Francescantonio Tedesco, si sono registrate anche le condanne di Giuseppe Ruccella a 12 anni e un mese e quelle a complessivi 30 anni di reclusione a testa (comprensive anche di altri capi di imputazione e altre accuse) nei confronti di Luigi Mancuso e Giuseppe D’Amico.

I lavori sulla chiesa di Pizzo

Pasquale Gallone

In concorso tra loro e con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, poste in essere anche in tempi differenti, gli imputati avrebbero posto in essere atti estorsivi e di illecita concorrenza sleale, volti al controllo, o comunque al condizionamento dell’assegnazione e dell’esecuzione dei lavori di costruzione del nuovo complesso parrocchiale di Pizzo, stringendo un accordo collusivo mirante all’imposizione esterna della scelta delle ditte destinate ad eseguire di fatto i lavori e i servizi occorrenti, imponendo anche i prezzi e le condizioni di lavoro.
Mediante minaccia implicita di atti ritorsivi contro il patrimonio o l’incolumità personale in caso di rifiuto (“minaccia resa ancor più concreta dalla notoria appartenenza dei soggetti agenti alla ‘ndrangheta”), avrebbero costretto Mario Pata, direttore di cantiere della Cooper Poro Edile a rivolgersi agli esponenti apicali della cosca Mancuso al fine di ricevere direttive per “lavorare in tranquillità” e avvalersi, per i lavori di realizzazione del complesso parrocchiale di Pizzo “Risurrezione di Gesù” delle imprese imposte dal clan Mancuso di Limbadi, coartando in tal modo la libertà di scelta imprenditoriale della parte offesa.
Sulla base di pregressi accordi raggiunti, all’esito di una progressiva interlocuzione a livello apicale tra le cosche Anello di Filadelfia, Mancuso di Limbadi, Bonavota di Sant’Onofrio, Fiarè di San Gregorio d’Ippona(accordi cui partecipavano Luigi Mancuso, Giuseppe Barbieri, Gregorio Giofrè, Pasquale Gallone e altri esponenti apicali della ‘ndrangheta vibonese), Francescantonio Anello, Daniele Prestanicola e Francescantonio Tedesco avrebbero in un primo tempo imposto a Pata l’azienda di Prestanicola per la fornitura della metà del cemento occorrente.

Giuseppe D’Amico

Giuseppe Barbieri avrebbe invece imposto l’impresa Prev-Calcestruzzi di Giuseppe Ruccella per l’altra metà del cemento, mentre Luigi Mancuso, Pasquale Gallone e Pino D’Amico avrebbero garantito il rispetto degli accordi e, quindi, imposto l’intero “pacchetto” di imprese mafiose e, per lo sbancamento ed il movimento terra, la D. R. Service di Pino D’Amico.
La posa della “prima pietra” dei lavori della chiesa “Risurrezione di Gesù” in via Nazionale a Pizzo, finanziati dalla Cei, è avvenuta il 18 maggio 2019. Fra le opere programmate anche un auditorium con 500 posti a sedere, impianti sportivi strumentali all’oratorio, parcheggi e verde attrezzato. I clan – secondo l’inchiesta della Dda di Catanzaro – avrebbero sottoposto l’imprenditore Pata allo “stillicidio di continue, reiterate, esasperanti imbasciate estorsive incrociate e, di conseguenza, costretto ad accettare la cointeressenza delle diverse cosche pur di non avere problemi sul cantiere e poter svolgere i lavori in tranquillità”. Le condotte criminali coprono un arco temporale che va dal febbraio all’ottobre 2019.

La posizione di Tedesco

Per il Tribunale di Vibo “il coinvolgimento di Franco Tedesco in veste di istigatore della condotta delittuosa emerge anche dalle parole di un soggetto rimasto ignoto che così si sarebbe espresso: “Franco li arma”. Eloquente la chiosa finale dell’imprenditore di Piscopio (legato al clan Mancuso) Giuseppe D’Amico: “Sì, li arma, perché lui ha impicci con il figlio di Rocco Anello”. Franco Tedesco, direttore dei lavori, avrebbe quindi agito per favorire la ditta Prestanicola srl, di fatto imponendola, tanto per la fornitura del cemento, quanto per l’affidamento delle opere di sbancamento. L’architetto Tedesco avrebbe quindi consigliato l’affidamento delle opere e delle forniture alla Prestanicola srl nell’ottica di scongiurare eventuali problemi”.

L’incontro a Limbadi  

In tale contesto per il Tribunale si innesta il contributo dichiarativo dell’imprenditore Pata Mario Stefano, il quale riferiva in merito all’incontro con Gallone Pasquale, che senza preavviso lo aveva raggiunto in fondo di sua proprietà sito nell’agro di Limbadi. Nella medesima circostanza, Gallone indicava la figura di Giuseppe D’Amico quale referente dell’intero affare. In tale occasione, Gallone interveniva per “suggerire” l’affidamento delle forniture di calcestruzzo alla Prestanicola s.r.l e alla Prev Calcestruzzi, nonché il subappalto delle opere di sbancamento alla DR Service di D’Amico”.

La soluzione finale

Luigi Mancuso

Per il Tribunale gli elementi raccolti offrono ampi riscontri alla prospettazione accusatoria secondo cui le cosche del Vibonese avrebbero esercitato forti ingerenze sui referenti della Cooper PoRo per condizionarne le scelte tanto in ordine all’affidamento delle opere di sbancamento – prodromiche alla realizzazione del centro parrocchiale di Pizzo – tanto in ordine all’individuazione dei fornitori del calcestruzzo. Nello specifico, l’attività tecnica – si legge in sentenza – ha permesso di ricostruire tutte le fasi di una trattativa incentrata sulla spartizione delle commesse, nell’ambito della quale Giuseppe D’Amico si poneva quale referente della cosca Mancuso di Limbadi, mentre Giuseppe Barbieri e Giuseppe Ruccella agivano nell’interesse della cosca Bonavota di Sant’Onofrio. Alle compagini appena indicate si contrapponeva la consorteria degli Anello di Filadelfia – rappresentata da Daniele Prestanicola, Francescantonio Anello e Francescantonio Tedesco – che aveva precedentemente esercitato autonome pressioni nei confronti di Pata Mario Stefano, direttore del cantiere di Pizzo. Ciò determinava l’intervento di Pasquale Gallone Pasquale e di Luigi Mancuso, quali garanti di un compromesso che salvaguardasse gli interessi di tutti i soggetti coinvolti: la ditta Prestanicola – espressione della cosca Anello – avrebbe fornito metà del calcestruzzo, mentre la Prev Calcestruzzi di Giuseppe Ruccella – legata al clan di Sant’Onofrio – avrebbe fornito la restante metà. Le opere di sbancamento, invece, avrebbero coinvolto la DR  Service  dei  fratelli D’Amico”.

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