Tentato omicidio di Romana Mancuso e del figlio, la Procura generale vuole risentire 5 collaboratori
Il fatto di sangue è avvenuto a Nicotera il 26 maggio 2008. Si tratta del secondo processo d’appello dopo l’annullamento con rinvio ad opera della Cassazione. Imputati Pantaleone e Giuseppe Mancuso
Si è aperto con alcune richieste della Procura generale, il processo dinanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro che vede imputati il boss di Limbadi e Nicotera Pantaleone Mancuso, alias “l’Ingegnere”, di 63 anni, e il figlio Giuseppe Mancuso, 37 anni. Un processo d’appello che arriva dopo un annullamento con rinvio ad opera della Cassazione della precedente sentenza di secondo grado che aveva fatto registrare l’assoluzione per Pantaleone Mancuso e la condanna a 8 anni per Giuseppe Mancuso. Padre e figlio sono accusati dei tentati omicidi aggravati ai danni di Romana Mancuso (zia di Pantaleone) e del figlio Giovanni Rizzo. Fatti di sangue avvenuti il 26 maggio 2008 mentre le vittime si trovavano nei pressi della loro abitazione, ubicata a Nicotera, dove venivano raggiunti da un gruppo di sicari che esplodeva al loro indirizzo numerosi colpi di arma da fuoco, alcuni sparati da un fucile mitragliatore Kalashnikov, altri da pistole calibro 9×19 e 7,62. Gli accertamenti investigativi traevano origine dal ricovero di Romana Mancuso e Giovanni Rizzo, avvenuto presso l’ospedale di Gioia Tauro la mattina del 26 maggio 2008, dove le vittime, ferite da colpi di arma da fuoco, non riuscivano a fornire indicazioni utili per l’individuazione dell’attentato eseguito nei loro confronti.
Le richieste della Procura generale
La Procura generale di Catanzaro ha quindi chiesto di risentire in aula i collaboratori di giustizia: Pasquale Megna di Nicotera, Raffaele Moscato di Vibo Marina, Andrea Mantella di Vibo Valentia, Emanuele Mancuso di Limbadi (figlio dell’imputato Pantaleone e fratello di Giuseppe Mancuso) e Arcangelo Furfaro di Gioia Tauro. La pubblica accusa ha poi chiesto alla Corte l’acquisizione delle motivazioni delle sentenze relative all’operazione Rinascita Scott (troncone dell’ordinario e dell’abbreviato). Le difese degli imputati si sono opposte e la Corte scioglierà le riserve in ordine alle richieste della Procura generale nell’udienza del 10 luglio prossimo.
La ricostruzione dell’attentato
Giuseppe e Pantaleone Mancuso avrebbero eseguito l’agguato in danno di Romana Mancuso e del figlio Giovanni Rizzo nel contesto delle dinamiche ‘ndraghestistiche e dei contrasti interni al clan Mancuso. Nell’immediatezza dei fatti, i carabinieri della Stazione di Nicotera si recavano sul luogo del delitto, repertando, nei pressi dell’abitazione delle vittime, ubicata a Nicotera in via Gagliardi, il contrassegno assicurativo di un’autovettura, risultata di proprietà di Giuseppe Mancuso. Venivano quindi ritrovate pure tracce di sostanza ematica essiccata, oltre a due mozziconi di sigaretta, due ogive deformate, ventisei bossoli calibro 7,62 e sette bossoli calibro 9×19. All’interno dell’immobile, nell’area dove era ubicata la cucina, venivano rinvenuti: un foro di entrata nella porta d’ingresso, sei scalfiture dell’intonaco sulle diverse pareti prodotte dall’impatto di colpi di arma da fuoco; un’ogiva all’interno di una bottiglia di vino rotta posta sopra un mobile; molteplici frammenti di ogiva sparsi per la stanza; il vetro rotto dell’anta destra; la vetrata della porta che separa la cucina del corridoio in frantumi; frammenti di vetro sparsi sul pavimento.
Nell’accogliere invece il ricorso della difesa di Giuseppe Mancuso (avvocati Mario Santambrogio e Francesco Sabatino a cui è subentrato l’avvocato Francesco Capria) e nell’annullare per lui la condanna a 8 anni, disponendo un nuovo processo di secondo grado, la Cassazione ha fatto osservare che “la Corte d’appello di Catanzaro non ha dato esaustivo conto della convergenza delle dichiarazioni rese dai collaboranti Andrea Mantella, Arcangelo Furfaro ed Emanuele Mancuso, escussi a seguito della rinnovazione del dibattimento, non potendo le accuse di Mancuso ritenersi corroborate dalle propalazioni di Mantella e Furfaro, che si erano limitati a fornire generiche indicazioni sul coinvolgimento del ricorrente nell’attentato commesso in danno di Romana Mancuso e Giovanni Rizzo, effettuate sulla base di conoscenze acquisite de relato in relazione a voci correnti provenienti dal loro ambiente ‘ndranghetistico”. Pantaleone Mancuso è difeso dall’avvocato Valerio Spigarelli.
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