‘Ndrangheta: Mantella e la lupara bianca ai danni di Nicola Lo Bianco
Il collaboratore di giustizia svela agli inquirenti le sue conoscenze sulla scomparsa del figlio del boss Carmelo Lo Bianco, detto “Sicarro”. Una sparizione che stava per innescare una faida
Lupare bianche capaci di destabilizzare un intero clan e che per poco non stavano per far esplodere una faida all’interno della consorteria mafiosa che domina la città di Vibo Valentia. Andrea Mantella è un “fiume in piena” e le sue dichiarazioni riaprono fascicoli troppo in fretta archiviati e crimini dimenticati che si rivelano però importanti per riscrivere compiutamente gran parte delle dinamiche delinquenziali che hanno caratterizzato la vita interna alla consorteria di appartenenza: quella del clan Lo Bianco, egemone su Vibo Valentia, e dalla quale negli ultimi anni si è distaccato per costituire un autonomo gruppo capace di sfidare la più potente cosca dei Mancuso di Limbadi che considerava la “famiglia” Lo Bianco (o una parte di essa) come una propria appendice sul capoluogo di provincia.
Fra le tante sparizioni nel nulla, il collaboratore rivela infatti agli inquirenti di essere a conoscenza anche della lupara bianca ai danni di Nicola Lo Bianco, scomparso da Vibo Valentia nel 1997 all’età di 28 anni, e soprattutto figlio di Carmelo Lo Bianco (cl. ’45), detto “Sicarro”, all’epoca dei fatti detenuto nel carcere di Spoleto per scontare una condanna definitiva per riciclaggio di denaro proveniente da due sequestri di persona compiuti a metà anni ottanta nel Reggino. Imprenditore nel campo degli impianti termo-idraulici, l’auto di Nicola Lo Bianco è stata ritrovata chiusa e perfettamente parcheggiata in via De Maria a Vibo Valentia, a due passi dalla locale biblioteca comunale. Una sparizione denunciata all’epoca dagli stessi familiari, preoccupati per il mancato ritorno a casa del loro congiunto. “Posso riferire in ordine alla sparizione di Nicola Lo Bianco – figlio di Carmelo Lo Bianco detto Sicarro – rivela il collaboratore Mantella agli inquirenti. Era il periodo in cui io ero detenuto a Catanzaro con il fratello di Pino Galati Il Ragioniere, a nome Michele, e fu lui a portarmi la notizia della sparizione di Nicola Lo Bianco perché quella mattina lui aveva fatto colloquio”. Il riferimento di Andrea Mantella è a Michele Galati, fratello di Pino Galati, alias “Il Ragioniere”, quest’ultimo già condannato in via definitiva per associazione mafiosa nell’operazione “Crimine” della Dda di Reggio Calabria, e da ultiumo arrestato ad aprile nell’operazione “Rimpiazzo” della Dda di Catanzaro in quanto ritenuto il “capo-società” del clan dei Piscopisani. [Continua dopo la pubblicità]
Il resto delle dichiarazioni di Andrea Mantella su tale sparizione sono coperte al momento da segreto investigativo, ma dagli atti già discoverati nell’inchiesta contro il clan dei Piscopisani, si ha certezza che lo stesso collaboratore ha raccontato ai magistrati antimafia di Catanzaro tutto quanto a sua conoscenza su tale lupara bianca che ha rischiato di far esplodere una faida tutta interna al clan Lo Bianco.
E’ l’operazione antimafia “Nuova Alba” del 2007 contro il clan Lo Bianco a svelare particolari interessanti su tale scomparsa. Commentando infatti la sparizione del figlio, Carmelo Lo Bianco (alias “Sicarro”) – intercettato dagli uomini della Squadra Mobile di Vibo Valentia – rivela ad un suo amico che oggi ricopre un incarico pubblico elettivo che “se fosse stato per i vibonesi sarebbe morto un padre di famiglia innocente e ci sarebbe stato più di un morto innocente senza averne mangiato nè bevuto”. Stando infatti a tale intercettazione, il boss Carmelo Lo Bianco, detto “Sicarro”, mentre era detenuto – e poi successivamente una volta scarcerato e ritornato a Vibo – sarebbe stato portato a conoscenza in ordine alle ultime persone con le quali il figlio Nicola si sarebbe intrattenuto prima di sparire nel nulla. Indicazioni alle quali il boss non avrebbe però dato alcun credito, qualificando come “infami” i vibonesi, ovvero i personaggi di Vibo Valentia che gli avrebbero fornito una pista sbagliata per arrivare ai responsabili della sparizione del figlio.
Di certo, la sparizione di Nicola Lo Bianco – come accertato nell’inchiesta “Nuova Alba” – ha portato ad un allontanamento tra i due cugini omonimi, Carmelo Lo Bianco (cl. ’32), detto “Piccinni”, ritenuto il fondatore dell’omonimo clan, e Carmelo Lo Bianco (cl. ’45), alias “Sicarro”, a capo di un ramo della “famiglia” all’interno della medesima consorteria criminale. Solo un chiarimento diretto fra i due cugini omonimi, avvenuto nel 2005 violando le prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale, ha permesso ai due cugini di chiarirsi ed evitare lo scorrere del sangue all’interno della famiglia Lo Bianco. Carmelo Lo Bianco, detto “Piccinni”, è deceduto nel 2014 all’età di 82 anni, in stato di detenzione all’ospedale di Parma, mentre Carmelo Lo Bianco, detto “Sicarro”, è morto nel dicembre del 2016 all’ospedale di Catanzaro, in regime di detenzione domiciliare, all’età di 75 anni.
Ora, quindi, arrivano le dichiarazioni di Andrea Mantella che riaprono il caso della sparizione di Nicola Lo Bianco e potrebbero andare a riscontrare anche quanto dichiarato a suo tempo da altro testimone di giustizia (un commerciante di Vibo Valentia) che aveva spiegato come la scomparsa del giovane fosse da ricollegare ad una vendetta dei clan Mammoliti di Oppido Mamertina ed Alvaro di Sinopoli contro Carmelo Lo Bianco, alias “Sicarro”, che non avrebbe pagato loro una fornitura di sostanza stupefacente per circa un miliardo di lire. Elementi del clan Alvaro ai quali – stando alle dichiarazioni di tale testimone di giustizia – Carmelo Lo Bianco (“Sicarro”) sarebbe stato legato pure da rapporti di comparaggio ma che non gli avrebbero ugualmente perdonato il mancato pagamento dello stupefacente. Debito poi saldato “a rate” dopo la scomparsa del figlio Nicola, stando al racconto del testimone di giustizia, per evitare ulteriori conseguenze.
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