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Spesi due milioni in Procura a Vibo, la rivelazione shock di Falvo: «Hanno preso i soldi e l’impianto non funziona»

L’ammissione del procuratore di Vibo dinanzi alla Commissione parlamentare antimafia sull’impianto di riscaldamento nel palazzo di Giustizia di corso Umberto I. L’apertura di un’inchiesta affidata alla Finanza e l’inedito racconto svelato per la prima volta dalla nostra testata

Spesi due milioni in Procura a Vibo, la rivelazione shock di Falvo: «Hanno preso i soldi e l’impianto non funziona»
Il Tribunale di Vibo e nei riquadri da sinistra verso destra: Nicola Morra e Camillo Falvo
Il procuratore Camillo Falvo

Palazzi di giustizia a Vibo Valentia e storie che hanno dell’incredibile. Se sinora si era a conoscenza dell’apertura di un’inchiesta da parte della Procura di Vibo Valentia, diretta dal procuratore Camillo Falvo, sulla truffa che si sarebbe consumata nella realizzazione dei lavori concernenti il terzo lotto del nuovo palazzo di giustizia di Vibo Valentia di via Lacquari (il cui progetto esecutivo ha un importo di 11 milioni di euro), nulla si sapeva invece sull’inchiesta aperta dalla Procura – e affidata alla Guardia di finanza – per far luce su quanto avvenuto proprio sulla testa del procuratore della Repubblica. Una vicenda che la nostra testata è in grado di documentare attraverso le stesse parole del procuratore Camillo Falvo, sentito dalla Commissione parlamentare antimafia all’epoca guidata dal senatore del M5S Nicola Morra. Audizione in parte ancora secretata, ma non nei passaggi più significativi che ricostruiamo ora per la prima volta. Siamo ad ottobre 2020 e il procuratore Camillo Falvo si è ormai insediato da quasi un anno (dicembre 2019) alla guida della Procura di Vibo Valentia subentrando al procuratore Bruno Giordano. Prima di loro, a reggere per tanti anni le sorti della Procura di Vibo, il procuratore Mario Spagnuolo, succeduto ad Alfredo Laudonio. A Vibo “accadono cose piuttosto strane” – ammette Camillo Falvo – e viene tirato fuori un episodio che ha dell’incredibile. Quando sono arrivato – racconta l’attuale procuratore di Vibo – avevano tolto uno dei termosifoni all’interno della stanza del procuratore e si moriva di freddo. Ho dovuto prendere una stufetta per potermi riscaldare. Quando ho chiesto come mai, mi hanno risposto che l’allora procuratore Spagnolo aveva fatto fare un progetto, per il quale avevano speso circa due milioni di euro, per l’installazione di pannelli fotovoltaici che dovevano essere messi in funzione. Prima che io arrivassi, l’impianto era stato addirittura collaudato”.

Nicola Morra

Dopo il collaudo, ecco quindi che negli uffici della Procura, siti nel Palazzo di Giustizia di corso Umberto I, gli operai iniziano a togliere i termosifoni sul presupposto del regolare funzionamento dell’aria condizionata e, quindi, dell’inutilità dei sifoni. Ma l’impianto non funziona e i disagi per il procuratore Camillo Falvo e i suoi sostituti aumentano. Quando ho chiesto se tutto funzionava mi hanno risposto di no – racconta il procuratore – e quando ho chiesto come mai mi hanno risposto che l’impianto non era collegato alla cabina elettrica”. E il collaudo? Come è stato collaudato il nuovo impianto realizzato sulla testa della Procura? E’ sempre Camillo Falvo a svelarlo ad un sbigottito Nicola Morra e agli altri componenti della Commissione parlamentare antimafia. Hanno preso un filo da una cabina che era a circa 500 metri, lo hanno collaudato e se ne sono andati. Hanno preso i soldi – rivela Falvo – e l’impianto non funziona”. Cioè una vera e propria truffa ai danni addirittura della Procura della Repubblica e consumata negli uffici e sulla testa della stessa Procura. “D’estate i miei sostituti ogni pomeriggio vengono a dirmi che se ne vanno e io ho già detto che prima o poi – aveva ammesso Camillo Falvo – chiuderò la Procura in estate, quantomeno di pomeriggio, e farò un comunicato per spiegare perché non è agibile. Hanno fatto questo sulla testa del procuratore della Repubblica, nemmeno a venti metri di distanza, proprio sulla sua testa. Ho dovuto aprire un procedimento penale e la Finanza sta cercando di capire cosa è successo. Vi ho raccontato questo episodio – ha concluso Falvo – per far comprendere come funzionano le cose a Vibo Valentia”. Un episodio che la nostra testata svela ora per la prima volta e sul quale – sul fronte delle indagini relative all’apertura del procedimento penale affidato alla Guardia di finanza – vige il più stretto riserbo da parte degli inquirenti. Una “storiaccia” sulla quale occorre fare piena luce perché solo imparando a correggere gli errori del passato potrà sperarsi in un futuro migliore in una Vibo Valentia che stenta ancora a vedere la luce in fondo al tunnel.

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