Sentenza Costa Pulita a Vibo: le pene accessorie e i beni confiscati
Il Tribunale collegiale ha deciso di confiscare tre società e l’interdizione dai pubblici uffici e legale per diversi imputati condannati
Comprende anche diverse pene accessorie e la confisca di alcuni beni, la sentenza del Tribunale collegiale di Vibo Valentia all’esito del processo nato dall’operazione antimafia denominata Costa Pulita. Il Collegio, presieduto dal giudice Antonio Di Matteo (a latere i giudici Gianfranco Conti e Laerte Conti), ha in particolare ordinato la confisca delle armi e delle munizioni ancora in sequestro con devoluzione alla competente direzione di artiglieria, nonché dell’intero capitale sociale e relativo compendio aziendale delle seguenti società: “Briatico Eolie srl”; Horacle srl; S.D. Calcestruzzi di Surace Domenico srl. Gli imputati condannati per il reato di associazione mafiosa o per reati aggravati dalle finalità mafiose sono stati quindi condannati al risarcimento del danno – da liquidarsi in separata sede civile – nei confronti delle costituite parti civili: associazione antiracket e antiusura della provincia di Vibo Valentia, Alilacco Sos impresa, Ministero dell’Interno, commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura, Regione Calabria, Provincia di Vibo Valentia, Comune di Vibo Valentia, Comune di Parghelia e Comune di Briatico. Nei confronti delle parti civili, gli imputati sono stati altresì condannati, in solido, alla rifusione delle spese processuali. Il solo Pantaleone Mancuso è stato invece condannato al risarcimento del danno – da liquidarsi in separata sede civile – anche nei confronti di Giuseppe De Masi, Antonino De Masi e Francesco Cascasi, oltre alla rifusione delle spese processuali sostenute da tali parti e quantificate in 4.065,00 euro, oltre accessori, per ciascuna di esse.
L’interdizione all’avvocato ed ex assessore
Tra le pene accessorie decise dal Tribunale con la sentenza, spicca l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e l’interdizione legale per la durata della pena (9 anni e 2 mesi) inflitta all’avvocato del Foro di Vibo Valentia, Domenico Marzano, 58 anni, di Briatico, già assessore comunale all’Urbanistica e ai lavori pubblici nell’amministrazione Prestia sciolta per infiltrazioni mafiose. Per Domenico Marzano – al quale a pena espiata il Tribunale ha ordinato l’applicazione della libertà vigilata per due anni – l’accusa (che aveva chiesto per lui la condanna a 8 anni) di aver fatto da autista ad Antonino Accorinti, ritenuto il capo dell’omonimo clan di Briatico ed all’epoca sorvegliato speciale di pubblica sicurezza con patente di guida ritirata. Marzano, secondo gli inquirenti, si sarebbe attivato affinchè Antonino Accorinti venisse assunto nell’albergo di famiglia, l’hotel Marzano di Briatico, con le mansioni di portiere svolte da ottobre 2009 a maggio 2012, manifestando tale disponibilità anche al Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro. L’albergo sarebbe poi stato messo a disposizione del clan di Briatico per lo svolgimento – ha sostenuto la Dda – di veri e propri summit fra il presunto boss Nino Accorinti, gli altri sodali ed i vari membri dell’amministrazione comunale briaticese”. Domenico Marzano, da assessore ai lavori pubblici, avrebbe inoltre – su richiesta per l’accusa di Antonino Accorinti – sollecitato varie imprese affinchè inviassero i mezzi di movimento terra, in occasione delle alluvioni dell’ottobre 2010 e del marzo 2011, nelle “sole strutture nella disponibilità del clan Accorinti”.
Le altre interdizioni
Interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e legale per la durata della pena (13 anni e 8 mesi) per il boss di Nicotera Marina Pantaleone Mancuso, 63 anni, detto “Scarpuni”, mentre per Francesco Capano (condannato a 3 anni) l’interdizione è di 5 anni. Interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e legale per la durata della pena per: Michele Salerno (condannato a 6 anni e 6 mesi), Domenico Mancuso, 49 anni, di Limbadi (condannato a 6 anni e 6 mesi), Pasquale Quaranta di Santa Domenica di Ricadi (condannato a 10 anni), Adriano Greco di Briatico, che viene condannato pure a 2 anni di libertà vigilata (11 anni la condanna in carcere), Luciano Marino Artusa di Filandari, condannato pure ad un anno di libertà vigilata al termine della pena (7 anni di reclusione). Infine 5 anni di interdizione dai pubblici uffici per: Armando Bonavita di Briatico (condannato a 5 anni di reclusione); Filippo Niglia di Briatico (4 anni e 6 mesi di reclusione); Claudia Barbuto dio Vibo Valentia (4 anni e 6 mesi la pena); Salvatore Pandullo (5 anni la condanna); Egidio Il Grande di Parghelia (6 anni e 6 mesi la condanna); Salvatore Lo Iacono di Zambrone (6 anni di reclusione); Carmine Il Grande, 46 anni, di Parghelia (6 anni la condanna); Greta Accorinti di Briatico (figlia di Antonino Accorinti), condannata a 4 anni di reclusione.
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