Operazione Anteo: chieste 21 condanne in appello. Quattro gli imputati del Vibonese
Sotto processo anche il figlio di un ex consigliere comunale di Capistrano i cui organi elettivi sono attualmente commissariati per infiltrazioni mafiose. Traffico di sostanze stupefacenti, estorsione aggravata dal metodo mafioso, ricettazione, detenzione di armi ed esplosivi i reati contestati
Requisitoria del sostituto procuratore generale di Catanzaro, Maria Manzini, dinanzi alla Corte d’Appello nel processo di secondo grado nato dall’operazione antimafia della Dda denominata Anteo. Fra gli imputati anche quattro del Vibonese, con l’ufficio di Procura che ha appellato per tutti l’assoluzione dal reato di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico incassata in primo grado al pari di altri reati-fine. La sentenza di primo grado era arrivata il 13 marzo dello scorso anno. Queste le richieste di condanna: 15 anni Daniele Cortese, 34 anni, di Capistrano (in primo grado condannato 4 anni, 5 mesi, 10 giorni e 17.500 euro di multa), accusato di narcotraffico, armi e estorsione; 6 anni e 8 mesi Fortunato De Masi, di 49 anni, Simbario (in primo grado 5 mesi, 10 giorni e 855 euro di multa), per reati legati agli stupefacenti, avvinti dal vincolo della continuazione; 3 anni e 6 mesi Emanuele Mancuso, 36 anni, di Nicotera, collaboratore di giustizia ( in primo grado 7 mesi, 3 giorni e 740 euro di multa), per reati legati agli stupefacenti, alle armi e ad un’estorsione; 6 anni e 9mila euro di multa per Mirco Furchì, 31 anni, di Mandaradoni di Limbadi, accusato del reato di tentata estorsione aggravata (assolto in primo grado); 7 anni e 4 mesi Raffaele Andreacchio, 45 anni, di Guardavalle, 7 anni e 4 mesi (in primo grado ha incassato la a condanna ad 1 anno, 8 mesi e 1.400 euro di multa); Vito Chiefari, di Chiaravalle, 10 anni e 18mila euro di multa (in primo grado condannato a 5 mesi, 10 giorni e 855 euro di multa); Damiano Fabiano, 32 anni, di Cardinale, 20 anni (in primo grado condannato a 12 anni, 10 mesi e 29.733 euro; Francesco Fabiano, 27 anni, di Chiaravalle Centrale, 15 anni (in primo grado 4 mesi, 26 giorni e 681 euro di multa); Giuseppe Fabiano, 39 anni, di Chiaravalle, 20 anni (in primo grado 6 anni, 11 mesi e 10 giorni); Domenico Giorgi, 43 anni, di Benestare, 9 anni (in primo grado 1 anno e 1.032 di multa); Domenico Giorgio, Chiaravalle Centrale, 16 anni (in primo grado 6 anni, 8 mesi e 23.333 euro di multa); Salvatore Macrì, di 35 anni, nativo del Canada, ma residente a Chiaravalle Centrale, 14 anni (in primo grado condannato a 3 anni, 4 mesi e 10 giorni di reclusione); Michele Matarese, 47 anni, di Montepaone, 11 anni (in primo grado 1 anno e 8 mesi); Gianluca Minnella, 28 anni, Bovalino, 15 anni (in primo grado 3anni, 8 mesi, 20 giorni e 967 euro di multa); Antonella Procopio, 36 anni, di Centrache, 12 anni (in primo grado condannato a 4 anni, 6 mesi, 20 giorni e 18mila euro di multa); Mirko Pironaci, di 38 anni, di Montepaone, 10 anni (in primo grado condannato a 6 mesi e 20 giorni; Antonio Puntieri, 33 anni, Olivadi, 10 anni e 6 mesi (in primo grado condannato a 2 anni, 2 mesi, 20 giorni e 9mila euro di multa); Roberto Venuto, 45 anni, Olivadi, 10 anni (in primo grado condannato a 4 mesi e 688 euro di multa); 7 anni e 4 mesi per Giuseppe Corapi, 40 anni, di San Sostene (stessa pena in primo grado); 7 anni e 18mila euro di multa Giuseppe Marchese, 35 anni, di Chiaravalle Centrale (assolto in primo grado); a 4 anni e 18mila euro di multa Bruno Procopio, 32 anni, di Ardore (assolto in primo grado).
Le accuse a vario titolo sono quelle di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione aggravata dal metodo mafioso mafioso, ricettazione, detenzione e porto abusivo di armi anche clandestine e da guerra, detenzione di materiali esplodenti e furto. In particolare, il basso ionio catanzarese era divenuto, secondo la ricostruzione della Procura, uno snodo nevralgico per il traffico di stupefacenti proveniente dalla provincia di Reggio Calabria e dal Vibonese.
Le accuse per i vibonesi
L’accusa di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di cocaina, marijuana, eroina, hashish e sostanze psicotrope viene contestata, fra i vibonesi, ad Emanuele Mancuso, (attuale collaboratore di giustizia) ed a Daniele Cortese di Capistrano. I due – secondo l’accusa – sarebbero stati “uno dei principali e costanti canali di rifornimento degli stupefacenti del tipo cocaina e marijuana”, dell’associazione dei “fratelli Fabiano” di Cardinale e Chiaravalle Centrale ed erano accusati di aver curato le trattative relative alle cessioni delle sostanze stupefacenti, gestendo i crediti che ne derivavano e i relativi pagamenti, coordinando dal 2017 il trasporto e la consegna degli stupefacenti dalla provincia di Vibo Valentia a quella di Catanzaro.
Ad Emanuele Mancuso e Daniele Cortese viene quindi contestata la cessione di sostanze stupefacenti in diverse occasioni, mentre in data antecedente e prossima al 3 marzo 2018 Emanuele Mancuso era accusato di aver detenuto e poi ceduto due armi da fuoco, fra cui una pistola da guerra quale contropartita per una fornitura di sostanza stupefacente.
In particolare, dopo aver concordato lo scambio, Damiano Fabiano e Domenico Giorgio sono accusati di aver trasportato in luogo pubblico le armi, ovvero da Chiaravalle Centrale fino a Capistrano, ove le “consegnavano a Daniele Cortese, il quale le riceveva per conto di Emanuele Mancuso – si legge nel capo di imputazione – e che, comunque, successivamente le acquistava versando allo stesso Emanuele Mancuso la somma simbolica di un euro e le trasportava da Capistrano fino a luogo imprecisato”. Estorsione aggravata dal metodo mafioso era quindi l’accusa nei confronti di Emanuele Mancuso che avrebbe minacciato Damiano Fabiano mediante messaggi telefonici e si sarebbe poi recato improvvisamente, in data 3 marzo 2018, unitamente a Daniele Cortese (che è stato però assolto), presso l’abitazione dello stesso Damiano Fabiano, in tal modo costringendolo a versare parte del denaro dovuto per l’acquisto di stupefacenti, nonché a permutare una parte del debito, che in quella data ammontava ad euro 21. 500,00, con alcune armi nella disponibilità del sodalizio “dei fratelli Fabiano”, che venivano successivamente consegnate a Capistrano a Daniele Cortese, nonché con delle attrezzature da macelleria, che venivano asportate lo stesso giorno dall’abitazione di Damiano Fabiano, procurandosi un ingiusto profitto con altrui danno.
Nency Chimirri (compagna di Emanuele Mancuso e che ha scelto il rito ordinario), Daniele Cortese, Emanuele Mancuso e Clemente Selvaggio (quest’ultimo ha scelto il rito ordinario) sono poi accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Secondo l’accusa, avvalendosi della forza intimatrice derivante dall’appartenenza o dalla contiguità alla cosca Mancuso di Limbadi, nonché alla “famiglia Evalto”, di radicata a Pizzo Calabro, Nensy Chimirri ed Emanuele Mancuso, quali mandanti, Daniele Cortese e Clemente Selvaggio, quali esecutori materiali, con violenza e minaccia avrebbero costretto Damiano Fabiano a consegnare la somma pari a 7.500,00 euro, a fronte di un debito di 8. 000,00 euro, maturato per l’acquisto di sostanza stupefacente nei confronti di Emanuele Mancuso.
Clemente Selvaggio (che ha scelto il rito ordinario) è accusato di aver minacciato gravemente Damiano Fabiano, anche attraverso l’esibizione di un’arma da fuoco, “ostentando la sua appartenenza alla “famiglia Evalto”, qualificandosi come il nipote di Evalto Domenico (nonno materno) e come il nipote di Evalto Giuseppe (zio materno) e riferendo esplicitamente a Fabiano Damiano – si legge nel capo di imputazione – di agire al fine di recuperare i crediti insoluti del narcotraffico di Emanuele Mancuso per sostenere le spese processuali e quelle necessarie per gli avvocati e periti balistici, nominati dalla famiglia di Emanuele Mancuso per preparare la sua difesa nel procedimento penale che ha determinato nei suoi confronti l’esecuzione di un provvedimento di fermo nell’ambito dell’operazione “Nemea”. In tal modo avrebbero costretto Damiano Fabiano ad effettuare il pagamento in due rate della somma dovuta, ovvero il 14 aprile 2018 euro 3.000,00 a Pizzo Calabro nei pressi dello svincolo della Statale 18, e il 25 aprile 2018 euro 4.500,00 a Pizzo Calabro all’interno di una gelateria. Cessione di sostanze stupefacenti (cocaina) è l’accusa mossa a Fortunato Demasi, mentre Giuseppe Soriano è accusato di aver ricevuto un quantitativo di eroina dai fratelli Fabiano e da Domenico Giorgio.
Il Collegio di difesa
Emanuele Mancuso è difeso dall’avvocato Antonia Nicolini, Daniele Cortese è invece assistito dagli avvocati Sergio Rotundo e Maria Antonietta Iorfida, Fortunato Demasi dagli avvocati Vincenzo Cicino e Domenico Rosso. Gli altri legali del collegio di difesa sono: Francesco Muzzopappa, Salvatore Giunone, Antonio Abate, Arturo Bova, Fabio Tino, Anselmo Mancuso, Luigi Aloisio, Domenico Calabretta, Antonio Lomonaco, Eugenio Minniti, Domenico Cortese, Francesco Maida, Piermassimo Marrapodi, Vincenzo Nesci, Gregorio Tino, Francesco Folino, Saverio Loiero, Domenico Chindamo, Alessandro Bavaro, Antonio Femia, Luca Cianferoni, Fulvio Vincenzo Attisani, Giuseppe Riitano, Giovanni Russomanno, Antonio Naso, Vincenzo Savaro.
Cortese e i rilievi dell’Antimafia
Fra i condannati in primo grado ed ora imputati in appello c’è anche Daniele Cortese, il cui nominativo – oltre che da una nostra inchiesta – era stato fatto il 29 giugno 2022 anche dal presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra. Il padre di Daniele Cortese – Bruno Cortese – era infatti all’epoca consigliere comunale di Capistrano, nonché pure lui sotto processo nell’operazione Imponimento per il reato di traffico di influenze illecite con l’aggravante mafiosa. Il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, nel suo intervento sul Comune di Capistrano aveva anche ricordato che il 3 giugno 2022 il Tribunale collegiale di Lamezia Terme, nell’ambito del processo Imponimento, ha acquisito agli atti le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Emanuele Mancuso, che ha parlato anche dei legami e delle amicizie fra gli amministratori di Capistrano e Daniele Cortese. Gli organi elettivi del Comune di Capistrano sono stati infine sciolti nell’ottobre scorso per infiltrazioni mafiose ed attualmente l’ente è retto da una terna commissariale.
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