Narcotraffico: controlli alterati al porto di Gioia Tauro, due degli arrestati sono del Vibonese
Misura cautelare del gip distrettuale di Reggio Calabria per un 60enne di Mileto ed un 51enne di Limbadi. Gravi le accuse
Sono del Vibonese i due funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli del porto di Gioia Tauro arrestati su ordine della Dda di Reggio Calabria. Le misure cautelari sono state disposte dal gip ed in carcere sono stati portati i funzionari dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli Antonio Pititto, di 60 anni, residente a Mileto, addetto al controllo scanner, e Mario Solano, di 51 anni, originario di Nicotera ma residente a Limbadi, in servizio all’ufficio antifrode, fino al 2021 addetto al “controllo scanner” e successivamente alla “visita merci”. Ai domiciliari è stata posta Elisa Calfapietra, di 36, residente a Gioia Tauro. Le indagini sono state condotte dal Nucleo di polizia economico finanziaria-Gico di Reggio Calabria, anche con la collaborazione di personale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, e dagli esiti sarebbe emerso che i funzionari avrebbero fatto parte di un sodalizio criminale, ora disarticolato, costituito dal responsabile di una ditta di spedizioni, da portuali infedeli e dai referenti delle principali cosche di ‘ndrangheta operanti nell’area della piana di Gioia Tauro. I doganieri, in servizio in punti nevralgici del dispositivo di controllo, quali il controllo scanner e quello “visivo” mediante apertura dei container, secondo l’accusa, avrebbero consentito l’uscita dal porto di ingentissimi quantitativi di cocaina mediante l’alterazione degli esiti delle ispezioni o l’omessa rilevazione di anomalie nei carichi controllati. Tra i documenti rinvenuti dai finanzieri figurano anche precise istruzioni, fornite dai funzionari doganali, su come i narcos sudamericani avrebbero dovuto collocare i panetti di cocaina all’interno dei carichi di copertura, al fine di ridurre sensibilmente la possibilità che questi venissero individuati nel corso dei controlli ordinari. Tra l’altro, secondo quanto sarebbe emerso dalle indagini, se il carico fosse stato comunque scoperto, gli stessi doganieri avrebbero provveduto a fornire all’organizzazione i verbali di sequestro per giustificare la perdita della droga, evitando in tal modo il pagamento di quanto pattuito. Uno dei funzionari doganali, inoltre, si sarebbe preoccupato di avvertire i sodali in merito a eventuali operazioni condotte dalla Guardia di finanza, con l’intento di evitarne l’arresto.
Le accuse a Solano e Pititto
Mario Solano, secondo l’accusa, avrebbe indicato attraverso un altro indagato «ai gruppi sudamericani le modalità di carico dello stupefacente più opportune per occultare la sostanza al passaggio allo scanner». L’altro doganiere arrestato, Antonio Pititto, e l’indagato Pasquale Sergio, avrebbero invece preso indicazioni da Solano e alterato «gli esiti delle scansioni radiogene relative ai container di interesse del gruppo, non segnalando le anomalie emerse durante i controlli e consentendo ai container contenenti cocaina di venire “svincolati” e uscire dallo scalo portuale di Gioia Tauro». Mario Solano avrebbe quindi “fornito indicazioni sulle metodologie di importazione più vantaggiose per il gruppo criminale, e più difficili da perseguire per l’Ufficio Dogane e per le forze dell’ordine”. Per il tramite di un altro indagato, inoltre, Solano avrebbe “indicato ai gruppi sudamericani le modalità di carico dello stupefacente più opportune per occultare la sostanza al passaggio allo scanner”. L’altro doganiere arrestato, Antonio Pititto e l’indagato Pasquale Sergio avrebbero invece preso indicazioni da Mario Solano e avrebbero alterato “gli esiti delle scansioni radiogene relative ai container di interesse del gruppo, non segnalando le anomalie emerse durante i controlli e consentendo ai container contenenti cocaina di venire ‘svincolati’ ed uscire dallo scalo portuale di Gioia Tauro”.
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