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Giustizia lumaca a Vibo? Il presidente del Tribunale punta l’indice contro gli avvocati

Antonio Di Matteo scrive alla Corte d’Appello e sottolinea l’impegno e i sacrifici dei giudici togati e onorari nell'assolvimento del proprio mandato. Ecco i motivi del “richiamo” nei confronti dei rappresentanti del Coa vibonese

Giustizia lumaca a Vibo? Il presidente del Tribunale punta l’indice contro gli avvocati
Sullo sfondo il Tribunale di Vibo, nel riquadro Antonio Di Matteo

Non uno scontro frontale, perché nessuno intende alimentare polemiche. Ma un “richiamo” per lo sgarbo istituzionale certamente sì. Ed era anche prevedibile che accadesse considerata la delicatezza della materia trattata. Il presidente del Tribunale di Vibo Valentia, Antonio Di Matteo, non ha chiuso né chiude le porte al confronto, ma non si lascia saltare la mosca sul naso. Magistrati, giudici di pace, giudici onorari e rappresentanti del Consiglio dell’Ordine degli avvocati (Coa), lunedì scorso, avrebbero dovuto affrontare il nodo della riorganizzazione del lavoro nel Palazzo di giustizia. Alla riunione, fissata per le ore 13, si sono presentanti tutti, così come concordato almeno una settimana prima, tranne i legali che nei giorni precedenti avevano denunciato pubblicamente, con il giusto risalto mediatico, l’esito di una indagine del Sole 24 ore che certificava i ritardi legati alla celebrazione dei processi in campo civile e in materia del lavoro. L’occasione poteva essere propizia per avviare una nuova fase auspicata da tutti e a testimonianza delle aspettative riversate sull’appuntamento la decisione dei magistrati di sospendere temporaneamente le attività e le udienze in corso per favorire il confronto. Un confronto che, comunque, in parte c’è stato tra i soli presenti e che è servito a ribadire l’impegno dispiegato negli ultimi mesi per tentare di risolvere le criticità rilevate.

Gli strascichi polemici e la convocazione a Roma

Tuttavia, gli strascichi legati alle assenze inattese non sono mancati. E oggi se ne colgono in pieno gli echi. A maggior ragione alla luce della decisione adottata dal ministero della Giustizia di convocare a Roma, il prossimo 23 gennaio, il presidente del Coa Franco de Luca per consentire l’avvio del confronto sulle criticità rilevate. Il presidente Di Matteo ha protocollato in Corte d’appello – ma inoltrandolo anche agli avvocati stessi e per conoscenza al Csm, al Ministero della Giustizia, al Consiglio nazionale forense e all’Associazione nazionale magistrati – il documento che stigmatizza l’accaduto e rilancia l’impegno del Tribunale per assicurare il regolare andamento delle attività. I passaggi chiave sono diversi. A partire da questo: «… i partecipanti alla riunione hanno ribadito la situazione di assoluta emergenza determinatasi nel corso di un ormai piuttosto ampio intervallo di tempo, a far data dalla sopravvenienza di imponenti processi penali da trattare in fase dibattimentale, istruiti dalla Dda di Catanzaro ed aventi ad oggetto numerosi e gravi fatti di criminalità organizzata». Il riferimento è soprattutto a Rinascita-Scott, il maxi processo dei record (di numeri e velocità di celebrazione) e a “Dedalo” e “Petrolmafie”, anche questi procedimenti antimafia assai imponenti e importanti. Di Matteo mette nero su bianco un dato ormai acclarato, e illustrato a più riprese anche a mezzo stampa: per assicurare la conclusione di questi processi, è stato necessario sacrificare altro. Ma non sono certo stati adottati interventi drastici: «Quanto al settore civile – si legge nel documento del presidente Di Matteo – che ha scontato gli effetti negativi della scopertura di tre ruoli determinatisi a seguito di interventi di intervenuti trasferimenti, le soluzioni prescelte sono state sempre discusse condivise tra i colleghi e in taluni casi conseguenti anche al confronto con il Consiglio dell’Ordine degli avvocati al quale il Tribunale non si è mai sottratto».

Qualche precisazione

Quindi le “precisazioni”: «In ogni caso, pur nelle evidenti condizioni di ristrettezza, gli interventi adottati hanno consentito il regolare funzionamento del processo civile nei fondamentali settori della famiglia, della volontaria giurisdizione, delle esecuzioni immobiliari, dei fallimenti e dei procedimenti di urgenza assegnando la trattazione di questi ultimi, provenienti dei ruoli scoperti, ad un solo magistrato». Tradotto: la macchina non si è fermata, seppure si siano registrati rallentamenti. E infatti, l’aggiunta: «È stata in tal modo scongiurata la paralisi dell’intero settore civile anche se si è dovuta registrare una inevitabile contrazione di attività nella gestione dei ruoli civili ordinari».

Arrivano i primi rinforzi

A questo punto risalta agli occhi una notizia positiva: «È peraltro imminente l’immissione in possesso di quattro Mot (magistrati ordinari in tirocinio) a partire dal 22 gennaio a dimostrazione del ridotto intervallo di tempo nel corso del quale si è dovuto operare in condizioni di emergenza». Poi la “questione lavoro”: «In quanto alle criticità denunciate nell’andamento della sezione lavoro si rileva che i due magistrati togati e il dop (giudice onorario di pace) in affidamento attualmente in servizio hanno garantito nell’ultimo periodo annuale statisticamente rilevato la definizione di 2522 procedimenti».

In cauda venenum

Un documento, insomma, che “risponde indirettamente” alle precedenti prese di posizione del Consiglio dell’ordine degli avvocati, ai quali in chiusura viene riservata una pesante reprimenda: «Alla luce delle considerazioni svolte, si segnalano i caratteri di intederminatezza e di genericità del contenuto della delibera del Coa che, senza tener conto della complessiva condizione di emergenza nei termini sopra indicati, ha di fatto determinato, a seguito del conseguente risalto mediatico, valutazioni denigratorie che hanno attino indiscriminatamente l’intera attività giudiziaria del Tribunale, con conseguenze oggettivamente delegittimanti dell’istituzione giudiziaria e con svalutazione dell’impegno profuso dai magistrati in servizio, molti dei quali, seppure di prima nomina, hanno dato dimostrazione di altissima professionalità e di elevato spirito di servizio».

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