martedì,Novembre 19 2024

Salvatore Solano e la sua condanna in Tribunale a Vibo: «Ci sono ancora due gradi di giudizio»

L’ex presidente della Provincia ed attuale sindaco di Stefanaconi è stato assolto da due capi d’imputazione e ritenuto colpevole per uno nell’ambito del processo nato dall’operazione denominata “Dedalo-Petrol Mafie”

Salvatore Solano e la sua condanna in Tribunale a Vibo: «Ci sono ancora due gradi di giudizio»
Salvatore Solano, sindaco di Stefanaconi
Salvatore Solano

Dopo aver letto la cronaca che ha commentato gli esiti del processo nel quale sono stato chiamato a difendermi da una serie di accuse gravissime, che hanno impegnato per anni l’attenzione pubblica, e messo me, la mia vita ed i miei affetti a dura prova, sento di dover spendere alcune considerazioni, che siano soprattutto di chiarimento”. Così l’attuale sindaco di Stefanaconi – nonché ex presidente della Provincia di Vibo – Salvatore Solano, assolto per i reati di turbativa d’asta, con l’aggravante mafiosa, e corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, ma condannato ad un anno per “corruzione elettorale” in concorso con il cugino Giuseppe D’Amico (con esclusione dell’aggravante mafiosa). Giuseppe D’Amico che, lo ricordiamo, per altre ipotesi di reato (associazione mafiosa in primis) è stato condannato a 30 anni di reclusione (18 anni e 10 mesi, invece, per Antonio D’Amico, fratello di Giuseppe).Il Tribunale di Vibo Valentia ha deciso di emettere verdetto liberatorio nei miei confronti – sottolinea Solano – per le accuse più gravi di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e di turbata libertà degli incanti, ritenendo addirittura mancanti gli elementi costitutivi di entrambi i reati: tanto significa la formula “perchè il fatto non sussiste”. Il che significa chiaramente e senza ombra di dubbio alcuna che sin dall’inizio, ed a maggior ragione all’esito di un processo celebrato con rito ordinario, in cui la prova è stata formata nel rispetto del principio del contraddittorio, i fatti ricostruiti dall’accusa non potevano considerarsi integrativi di un delitto. Non avevano, cioè, alcunché di illecito. Quindi: i fatti più gravi per cui ho dovuto subire anni di gogna mediatica ed un processo penale lungo ed emotivamente faticoso, nel corso del quale proprio su di essi si è concentrata la macchina del fango, vengono qualificati come insussistenti e la circostanza risulta completamente indifferente ad alcuna stampa che ha scritto di me, e considerata meritevole di un veloce richiamo, fatto “per dovere” di cronaca più che “per amore” di cronaca, probabilmente. Già nella fase dell’udienza preliminare era venuta meno, poi, la più grave delle accuse che originariamente erano state formulate nei miei confronti, cioè quella del voto di scambio politico mafioso. Anche questo “non dettaglio” sembra essere risultato, però, di scarso gradimento da parte di chi dei fatti dovrebbe offrire una visione che sia il più oggettiva possibile, ché fare cronaca questo dovrebbe significare. Non mi pare che si sia sentita la necessità, infatti, di doverlo ricordare. Altro “non dettaglio” quasi passato in sordina è la decisione del Tribunale di Vibo Valentia di sentenziare l’esclusione della circostanza aggravante della finalità di agevolazione della ‘ndrangheta e del metodo mafioso, e cioè il decretare in maniera chiara che il mio arrivare in politica, fare politica ed esercitare la funzione pubblica nulla hanno avuto mai a che vedere con la criminalità, che non mi ha “sponsorizzato” e che da me non ha avuto niente. Credendo, quindi, che sia buona norma da osservare quando si fa informazione quella di chiarire al meglio i fatti, sono certo che meritasse di essere valorizzata questa parte della storia. Resterebbe da chiarire quale sia la corretta lettura della vicenda per la quale il Tribunale ha ritenuto di non dovermi assolvere, pur escludendo l’aggravante cosiddetta mafiosa: la violazione dell’art. 87 del Testo Unico delle leggi per la composizione e la elezione degli Organi delle Amministrazioni Comunali. Ebbene, l’art. 87, che non sanziona la “corruzione elettorale” – come invece riferito da alcuni giornalisti – prevede e punisce, è vero, una serie di condotte ritenute limitative della libertà degli elettori. E’ pur vero, tuttavia, che ciò che il Tribunale ha decretato per il momento (restano due gradi di giudizio ancora!) lascia immaginare una cosa di non poca importanza: che debba escludersi il ricorso alla violenza ed alla minaccia, che evidentemente non si ritiene siano state impiegate nel chiedere il voto agli amministratori – elettori. D’altra parte le richieste di voto – rivolte peraltro non all’elettorato popolare, ma ai colleghi amministratori, e cioè a soggetti politicamente schierati ed orientati dalla propria coalizione – avevano chiaramente un contenuto privo di quella componente di costrizione che forzatamente era stata menzionata nel capo di imputazione. Resterà da chiarire, quindi, la questione riguardante il presunto invio della fotografia del voto espresso da parte di due colleghi amministratori, considerato il “mezzo illecito” attraverso il quale sarebbe stata esercitata la pressione al voto. Fotografia della quale non vi è traccia e che da me non risulta mai richiesta. Sul punto, però, preferisco lasciare che sia il mio difensore a fare il resto, continuando a fare ciò che ha fatto sino ad ora: credere in me e portare avanti le nostre ragioni. Con la certezza che anche quest’ultimo, più piccolo, tassello ritornerà al suo posto, smettendo definitivamente di fare ombra sulla mia vita e sul mio lavoro, che non ho mai smesso di portare avanti, forte della mia volontà di rimanere al servizio di chi ha creduto e continua a credere in me”.

Nel riquadro Salvatore Solano e il cugino Giuseppe D’Amico

Sin qui la lunga nota da parte del sindaco Salvatore Solano. Per parte nostra preme solo rilevare che – al netto delle spiegazioni su come, ad avviso del sindaco, si debba o meno fare cronaca – la nostra testata (non possiamo rispondere per l’operato altrui) ha affrontato con un apposito articolo tutti gli aspetti inerenti i due capi d’imputazione per i quali l’ex presidente della Provincia è stato assolto e anche quello per il quale è stato invece condannato. Salvatore Solano farebbe bene quindi, anche per non fare di “tutta l’erba un fascio”, a chiarire a chi si riferisce quando parla di “macchina del fango” e di “gogna mediatica”, anche in considerazione che la vicenda processuale che lo vede coinvolto si è conclusa in tempi relativamente brevi, considerando che l’operazione Petrol Mafie è scattata nell’aprile 2021 e in due anni si è già giunti al verdetto di primo grado. Per quanto riguarda l’art. 87 del Testo Unico, citato da Solano, è bene ribadire che la giurisprudenza qualifica ormai da tempo tale condotta come “corruzione elettorale” in funzione dell’elemento corruttivo che rappresenta il presupposto della condotta penalmente rilevante. Per il resto – tralasciando, almeno noi, l’immaginazione – leggeremo e pubblicheremo le motivazioni della sentenza appena depositate. (G.B.).

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