Omicidio Battaglia e ferimento di Zuliani a Piscopio, una condanna all’ergastolo
Sentenza della Corte d’Assise di Catanzaro a conclusione dell’inchiesta della Dda. Premiato il lavoro investigativo dei carabinieri di Vibo che hanno stoppato una faida nel clan dei Piscopisani
Condanna all’ergastolo da parte della Corte d’Assise di Catanzaro – presidente Massimo Forciniti – nei confronti di Antonio Felice, 36 anni, di Piscopio, ritenuto dai giudici colpevole dell’omicidio del 21enne Salvatore Battaglia e del ferimento di Giovanni Zuliani. Un fatto di sangue avvenuto nella notte tra il 27 e il 28 settembre del 2019 nel centro abitato di Piscopio. La pena del carcere a vita era stata chiesta anche dal pm della Dda di Catanzaro Irene Crea. Ha retto, dunque, l’impianto accusatorio costruito dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro -guidata all’epoca dal procuratore capo Nicola Gratteri – a conferma della qualità del lavoro condotto sul campo dai carabinieri del Norm della Compagnia di Vibo Valentia in collaborazione con i colleghi del Nucleo investigativo. Antonio Felice (ritenuto l’autore materiale dell’omicidio) aveva fatto perdere le sue tracce dopo l’agguato – avvenuto nei pressi della villetta comunale di Piscopio – ma la sua latitanza è durata poche settimane, venendo arrestato a Seveso, in Lombardia. Giusto il tempo di ricostruire la dinamica della sparatoria avvenuta al culmine di alcune tensioni maturate nell’ambiente criminale di Piscopio e sfociata in una lite avvenuta poche ore prima. Gli investigatori dell’Arma si erano subito messi sulle tracce di Antonio Felice che, nel frattempo, si era rifugiato in Brianza a casa di alcuni amici. Salvatore Battaglia era poi morto in ospedale a Catanzaro il 30 settembre 2019.
Le dichiarazioni del collaboratore Arena
Dopo l’omicidio del ventunenne, Domenico Pardea, 56 anni, detto “Ranisi”, di Pizzo Calabro, si sarebbe recato da Michele Battaglia (zio di Salvatore Battaglia) e – stando alla ricostruzione di Bartolomeo Arena – da quest’ultimo avrebbe appreso che “a sparare era stato Felice Antonio, figlio di Felice Nazzareno, alias il Capo”. Secondo il collaboratore di giustizia, la causa di tale delitto “è da rinvenirsi in varie discussioni presso il circolo del Felice, tra quest’ultimo ed il gruppo di Battaglia Salvatore, costituito tra gli altri da Zuliani Giovanni e Ripepi Michele. A dire la verità – racconta ancora Bartolomeo Arena – vi erano ben più risalenti dissapori tra i parenti di tali soggetti e in particolare tra Felice Nazzareno, padre di Antonio, ed il gruppo di Battaglia Rosario e Fiorillo Rosario, in quanto questi ultimi ritenevano che Nazzareno Felice avesse collaborato con i Patania di Stefanaconi nell’esecuzione dell’agguato dal quale Rosario Fiorillo era riuscito fortuitamente a sfuggire. Sospetti che erano stati avvalorati anche dal fatto che la sera dell’attentato fallito a Fiorillo, il circolo di Felice aveva chiuso prima dell’orario consueto”.
Rosario Battaglia e il proposito di uccidere Felice
Bartolomeo Arena ha raccontato quanto riferitogli da Antonio Pardea, con il quale fra aprile e gennaio scorso si era reso per un certo periodo irreperibile. “Da tale momento – racconta Arena riferendosi al tentato omicidio di Rosario Fiorillo – i rapporti tra i Felice ed il gruppo Battaglia-Fiorillo furono sempre tesi, al punto che Antonio Pardea mi confidò che nel carcere di Frosinone Rosario Battaglia gli aveva detto che non appena fosse uscito dal carcere il primo da uccidere sarebbe stato proprio Nazzareno Felice”. Tornando quindi alla dinamica dell’omicidio di Salvatore Battaglia, Bartolomeo Arena ha riferito che “ dopo l’ennesima discussione, la sera della festa di San Michele la situazione degenerò drasticamente e Antonio Felice prese la pistola e fece fuoco verso la macchina all’interno della quale si trovavano Salvatore Battaglia, Giovanni Zuliani, Michele Ripepi e non so dire se anche una quarta persona. A mio avviso, i bersagli reali di Antonio Felice erano Zuliani e Ripepi, in quanto costoro sono i soggetti più spinti di quel gruppo”.
L’allontanamento dei Felice e l’ira dei Battaglia
“Dal giorno dell’omicidio, i Felice si sarebbero così allontanati da Piscopio, temendo possibili ritorsioni. I Felice, tuttavia, vantano parentele importanti nella criminalità organizzata, in quanto Gregorio Gasparro, alias Ruzzu u Gattu, nipote di Saverio Razionale, è cugino della moglie di Nazzareno Felice, detto u capu. Per questo – ha continuato Bartolomeo Arena – per quanto riferitomi da Antonio Pardea, si starebbe cercando di trovare una mediazione proprio attraverso tali soggetti. Tuttavia so anche che i Battaglia non sono disposti ad accettare altra soluzione che non sia quella che vede Antonio Felice costituirsi e poi impiccarsi in carcere. Anche di ciò – ha rivelato Arena – sono stato messo al corrente da Antonio Pardea che aveva ricevuto tale informazione da terzi soggetti”.
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