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Omicidio di Maria Chindamo: resta in carcere Salvatore Ascone di Limbadi

Il Tribunale del Riesame di Catanzaro respinge il ricorso dei difensori dell’indagato. Importanti le intercettazioni e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia

Omicidio di Maria Chindamo: resta in carcere Salvatore Ascone di Limbadi
Salvatore Ascone

Resta in carcere Salvatore Ascone, 57 anni, di Limbadi, alias “U Pinnularu”, arrestato nell’ambito dell’operazione antimafia Maestrale-Carthago con l’accusa di aver ucciso e distrutto il cadavere di Maria Chindamo, la commercialista ed imprenditrice di Laureana di Borrello, rapita dinanzi al cancello della sua tenuta agricola in contrada Montalto di Limbadi il 6 maggio 2016. Il Tribunale del Riesame di Catanzaro ha infatti respinto il ricorso presentato dagli avvocati Salvatore Staiano e Antonio Caruso che puntavano ad un annullamento dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Salvatore Ascone, accusato di una serie di delitti tra i quali la partecipazione all’associazione mafiosa riconducibile alla cosca Mancuso, reati in materia di armi e stupefacenti, diverse estorsioni per l’accaparramento di fondi agricoli, nonché l’omicidio, in concorso con altri due soggetti (di cui uno deceduto e uno all’epoca dei fatti minorenne) di Maria Chindamo. Il rapimento e l’omicidio della donna sarebbe scaturito a seguito del suicidio di Vincenzo Puntoriero, marito di Maria, (avvenuto l’anno precedente, in data 8 maggio 2015) e per punire Maria Chindamo per aver intrapreso una relazione sentimentale venuta alla luce con la prima uscita pubblica della coppia appena due giorni prima dell’omicidio, oltre che per l’interesse all’accaparramento del terreno su cui insiste l’azienda agricola divenuta nel frattempo di proprietà esclusiva della Chindamo e dei figli minori. In particolare, Salvatore Ascone – già tratto in arresto nel mese di maggio per il reato di associazione di stampo mafioso – è stato attinto dalla nuova ordinanza in quanto avrebbe fornito – secondo la Dda di Catanzaro – un contributo causale significativo alla consumazione del fatto omicidiario, attraverso la manomissione del sistema di videosorveglianza della propria abitazione di campagna limitrofa al luogo del delitto, di fatto agevolando così gli autori materiali del sequestro e dell’omicidio della donna. Ascone avrebbe poi distrutto il cadavere di Maria Chindamo, il cui corpo – sulla scorta della ricostruzione fornita dai collaboratori di giustizia (Emanuele Mancuso e Andrea Mantella su tutti) – sarebbe finito in pasto ai maiali e i resti ossei triturati con la fresa di un trattore. 

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