Il collaboratore Accorinti e i villaggi degli Stillitani, gli scontri con Bonavita e gli accordi con i La Rosa
La gestione dei servizi taxi, dei bagagli, delle escursioni alle Eolie e la percentuale che incassavano i clan di Tropea e Briatico. Ecco come funzionava il “sistema”
Accusa e si autoaccusa Antonio Accorinti, 43 anni, alias “Fraguleja”, di Briatico, che dal mese di giugno ha deciso di “saltare il fosso” iniziando a collaborare con la giustizia. Un duro colpo per il clan guidato dal padre Antonino, detto Nino, ma anche per le “famiglie” alleate dei Bonavita e dei Melluso di Briatico così come per altre consorterie, da Nicotera a Limbadi, da Parghelia a Tropea, da Filadelfia a Vibo Valentia. “Avevo un appartamento, un terreno, la titolarità del 50% della società Green Beach la quale, a sua volta, è titolare di molti beni mobili ed immobili. Ero inoltre socio occulto della Oracle srl la quale possedeva delle quote nella Briatico Eolie srl, nonché – ha dichiarato il collaboratore – ero gestore di fatto del Mulino della Rocchetta. Tutti questi beni sono stati oggetto di sequestro nell’ambito dell’operazione Costa Pulita. In questo momento quindi non sono titolare di beni mobili ed immobili che non siano oggetto di sequestro, eccezion fatta per l’appartamento sito in località Piana di Vada in Briatico dove risulto residente, che mi è stato dissequestrato nel corso del giudizio di appello dell’operazione Costa Pulita.
I rapporti con gli Stillitani
“Non so se mio padre avesse rapporti anche diretti con Stillitani, nel senso che non so con certezza se si siano mai incontrati di persona. Sicuramente – ha dichiarato Antonio Accorinti – i rapporti relativi alla gestione degli affari del villaggio di Pizzo gestito da Club Med – ora dalla TUI, quello situato più a sud di quello controllato dagli Anello – venivano intrattenuti per il tramite di Saverio Prostamo, nel senso che quest’ultimo seguiva personalmente le estorsioni al villaggio Club Med per conto di mio padre. Il controllo del villaggio veniva assicurato mantenendo in particolare i rapporti con i fratelli Stillitani che noi chiamavamo “il dottore”. Quindi non con quello chiamato “il Sindaco”, perché era stato sindaco di Pizzo, ma con l’altro fratello. Mio cognato, assieme a Saverio Prostamo, sceglieva gli uomini da assumere per gli incarichi di guardiania. Ricordo ad esempio che per tale ruolo furono assunti Giuseppe Comito, qualche componente della famiglia Giampà o vicini ai Vallelunga, Enzo Belvedere e Marchese”. Antonio Accorinti entra quindi più nello specifico. “Gestivamo il servizio taxi, il servizio bagagli e, naturalmente, le escursioni alle isole Eolie, oltre a percepire una somma annua a titolo estorsivo. L’ultimo anno in cui abbiamo lavorato nel settore della navigazione risale all’estate 2015, in quanto, successivamente, i beni ci sono stati sequestrati. Quando sono uscito dal carcere nel 2018 – a seguito della scadenza dei termini di custodia cautelare per l’operazione Costa Pulita – sono stati infatti sottoposto al divieto di dimora nella provincia di Vibo Valentia e non mi sono più occupato del settore della navigazione”.
I Bonavita, la navigazione e la lite con Accorinti
Antonio Accorinti ha poi tirato in ballo altri personaggi di recente coinvolti anche nell’inchiesta Maestrale-Carthago. “In epoca più recente, pur non interessandomi più direttamente del settore, sono venuto a conoscenza – ha fatto mettere a verbale Antonio Accorinti – che Armando Bonavita, assieme a Luigi Barillari e Francesco Zungri, aveva acquistato una barca per fare escursioni lungo la costa. Armando Bonavita aveva un debito nei miei confronti – dovuto ad ammanchi nella gestione della società che avevamo insieme ed attribuibili a ruberie della sorella – pari a diverse migliaia di euro. Per tale motivo, ci incontrammo un giorno e lui mi garantì che mi avrebbe restituito il denaro poiché aveva intenzione di vendere la casa e di trasferirsi a Taranto. Accadde poi che io litigai con Armando Bonavita – a seguito del danneggiamento di un escavatore che stavo utilizzando per pulire uno dei terreni delle aziende sequestrate – e lo minacciai esplicitamente”. Antonio Accorinti racconta così di essere stato avvicinato da Francesco Barbieri (ritenuto dagli inquirenti il boss di Cessaniti) e dal suo sodale Nicola Fusca i quali l’avrebbero invitato “a non litigare con Bonavita”. In particolare Francesco Barbieri avrebbe fatto “da garante assicurandomi che avrei riottenuto i soldi nel giro di due, tre anni. Francesco Barbieri mi propose inoltre di rientrare nel settore della navigazione, esplicitandomi di essere in società con Bonavita nella gestione dell’imbarcazione”.
Il controllo criminale della navigazione turistica
Ma come funzionava l’ingerenza dei clan del settore della navigazione nel Vibonese? Anche su questo Antonio Accorinti getta un fascio di luce. “Ilsistema criminale di controllo della navigazione turistica è da sempre il medesimo – ha spiegato il collaboratore – ossia per ogni biglietto venduto viene data una percentuale di cinque euro ai La Rosa di Tropea, a titolo estorsivo. Questo almeno per quanto concerne la clientela canalizzata dalle società da loro controllate. Se un biglietto costava 45 euro, di questi 45 euro la somma di 10 euro andava all’agenzia a titolo di commissione e 35 alla società. Quest’ultima, in base al numero dei clienti, inviava la percentuale alla cosca di riferimento, riconoscendo 5 euro a cliente ai La Rosa. La Savadori e la Comerci davano infatti la percentuale ai La Rosa, mentre la mia società non versava alcuna somma ai La Rosa perché io – ha aggiunto il collaboratore – mi sentivo al pari livello criminale dei La Rosa. Questo sistema mi fu riferito sia da Antonio La Rosa, sia da mio padre, sia da Francesco La Rosa, come anche da Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni”.
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