Maestrale-Carthago: si allunga la lista dei politici di Mileto arrestati
Finiscono ai domiciliari anche un ex assessore, nonché il genero di un narcotrafficante inserito nel contesto politico. Il furto delle carte di identità al Comune con le chiavi consegnate dal vicesindaco e le estorsioni alla ditta dei rifiuti
Si allunga la lista degli esponenti della politica di Mileto colpiti da ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’operazione antimafia della Dda di Catanzaro denominata Maestrale-Carthago. Oltre a Vincenzo Nicolaci, 52anni, alias “l’Assessore”, Domenico Colloca, 52 anni, detto “Mubba”, e Antonino Fogliaro, 47 anni, di Paravati, detto “Tonino U Rijkaard”, finiti in carcere a maggio, la nuova retata – a cui i carabinieri hanno dato esecuzione la scorsa settimana – ha portato agli arresti domiciliari pure: Antonio Gaetano Prestia (cl ‘64) di Comparni e già assessore al Comune di Mileto e Leopoldo Valente (cl ’79) di Mileto, quest’ultimo indicato dagli inquirenti come “inserito nella vita politica militese”, nonchè genero di Rosario Arcuri, 70 anni, detto “Saro il vecchio”, originario di Rosarno e condannato in appello nell’operazione Stammer a 17 anni e 4 mesi per narcotraffico. Nell’ambito dell’operazione Maestrale-Carthago, ad avviso della Dda di Catanzaro e del procuratore Nicola Gratteri, “si devono necessariamente far notare le figure di Vincenzo Nicolaci, Antonio Gaetano Prestia, Domenico Colloca e Lepoldo Giulio Valente, i primi tre per tanti anni con ruoli politici nel Comune di Mileto (consigliere comunale, assessore e vicensindaco). Domenico Colloca anche imprenditore di riferimento della ‘ndrina di Paravati e il Valente genero di Rosario Arcuri, “Saro U Vecchiu” nonché anch’egli inserito nella vita politica Militese”. Tali soggetti per la Dda “fanno attivamente parte del Locale di Mileto e sono in stretto connubio con Michele Galati”, quest’ultimo indicato come uno dei vertici della ‘ndrina di Mileto, nonché figlio del boss ergastolan Salvatore Galati. “I medesimi – aggiunge la Dda – sono conosciutissimi sia nella provincia di Vibo Valentia che di Reggio Calabria dai massimi vertici degli organismi provinciali; sarà Nicolaci, attraverso le sue conoscenze politiche, a “pilotare” l’appalto per la gestione dei rifiuti solidi urbani nei comuni di Briatico, Mileto e Rizziconi e sarà lo stesso, unitamente a Leopoldo Giulio Valente, a riscuotere gli utili della società appaltante del servizio e consegnarli a Michele Galati, Giuseppe Accorinti di Zungri, Francesco Barbieri di Cessaniti e ai vertici della struttura di ‘ndrangheta operante a Rizziconi. Sono gli stessi a sancire la loro appartenenza alla ‘ndrangheta e difatti in un passaggio di una conversazione intrattenuta tra Vincenzo Nicolaci Michele Galati è quest’ultimo che, spaventato dell’ipotesi di un possibile pentimento di Pasquale Pititto” di San Giovanni di Mileto e condannato per omicidio, riferisce che a “lui daranno il ruolo di vertice mentre a Nicolaci quello di collettore tra gli apparati istituzionali e la ‘ndrangheta”.
Il furto al Comune con le chiavi consegnate dall’assessore
In riferimento ad Antonio Gaetano Prestia, lo stesso per la Dda è risultato “a piena disposizione della consorteria agevolandone le condotte. In qualità di vicesindaco del Comune di Mileto ha consegnato le chiavi dell’ufficio anagrafe ad Angelo Bartone il quale ha perpetrato un furto di carte d’identità vergini, utili alle attività criminali della ‘ndrina alla quale appartengono, e soldi contanti trovati all’interno. Ecco l’intercettazione: “Me le dai queste cazzo di chiavi?! “Vieni a prendertele, Voglio queste chiavi io?! pure tu Angelo; “Dammele a me, che guadagniamo qualche 2.000 euro, che sono rovinato!“ Ti dico di si, Angelo!”. Furto poi effettivamente portato a compimento.
Le conclusioni del gip
Sebbene la Dda di Catanzaro nella richiesta indichi anche Prestia e Valente come facenti parte del “locale” di ‘ndrangheta di Mileto, la stessa Procura non ha poi contestato loro il reato di associazione mafiosa e da qui la loro sottoposizione da parte del gip agli arresti domiciliari Per il giudice si tratta di soggetti che, “anche non affiliati, gravitano intorno alla criminalità organizzata, delinquendo nella consapevolezza di agevolare il sodalizio mafioso; tale circostanza integra un concreto e attuale pericolo di reiterazione di reati, scongiurabile esclusivamente con l’applicazione di una misura custodiale” agli arresti domiciliari in quanto è sussistente “un quadro allarmante, connotato dall’assenza di qualsivoglia manifestazione di resipiscenza rispetto alle condotte criminose”.
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