Scioglimento del Comune di Tropea, lo “Chalet dei fiori” inguaia Rodolico
L'ex sindaco di Tropea avrebbe fatto di tutto per favorire il titolare, pregiudicato, dell’esercizio commerciale colpito da un'ordinanza di demolizione
Oltre all’ormai famigerato “tuffo di Capodanno” che è costato il posto in Giunta all’ex assessore al Turismo Antonio Bretti (“colpevole” di aver presieduto alla manifestazione organizzata da un individuato attenzionato dalle forze di polizia), a determinare lo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose è stato anche un altro anomalo episodio, ossia quello legato allo “Chalet dei fiori”, struttura che avrebbe dovuto essere parzialmente demolita e che invece non lo è stata. Una vicenda che, secondo la relazione del ministro degli Interni, Angelino Alfano, «dimostra l’incapacità del vertice dell’apparato politico di resistere alle pressioni di soggetti controindicati».
Scioglimento del consiglio comunale di Tropea: ecco le motivazioni
Tale attività commerciale «è di fatto gestita da un noto pregiudicato, già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e più volte indagato per associazione a delinquere di stampo mafioso». Alcuni sopralluoghi disposti dal comando di Polizia municipale facevano emergere la presenza di opere abusive, realizzate per l’ampliamento dell’area commerciale per cui il responsabile dell’Area tecnica, Francesco Grande, emetteva un’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi. A seguito della mancata ottemperanza venivano adottate altre ordinanze di demolizione delle strutture e della vicenda veniva data comunicazione alla Procura della Repubblica con conseguenza iscrizione del titolare dell’esercizio commerciale nel registro degli indagati.
Successivamente, esattamente nel marzo del 2015, veniva disposta la chiusura del negozio. Ebbene, il ricorso presentato dal titolare veniva respinto dal Tar, «malgrado l’amministrazione comunale non si fosse costituita in giudizio per la difesa del provvedimento emesso. Ciononostante – si legge nell’atto ministeriale – il giorno antecedente l’udienza del Consiglio di Stato, presso il quale era stata impugnata la menzionata sentenza, il primo cittadino, ingerendosi ancora una volta nell’attività di gestione, formalizzava alla parte soccombente la volontà dell’ente di giungere ad una soluzione transitiva della controversia. La proposta di transazione trovava il dissenso del responsabile dell’Area Tecnica che non era a conoscenza dell’iniziativa del sindaco e non sottoscriveva il relativo parere tecnico».
Il Comune di Tropea sciolto per infiltrazioni mafiose
Insomma, da questo fatto emergerebbe come le condotte di Giuseppe Rodolico, «abbiano tentato di favorire un noto pregiudicato, già intestatario di beni confiscati riconducibili alla locale consorteria criminale».