Nicola Gratteri all’evento di LaC: «Ho la fila fuori dalla porta di chi vuole denunciare»
Il procuratore di Catanzaro a Falerna in quasi due ore ha raccontato del suo lavoro e del suo rapporto con la Calabria: «Oggi la gente è più orgogliosa di essere calabrese». E rivolto ai detrattori: «L’invidia è una butta bestia, assilla i mediocri»
di Antonio Alizzi
Nel giorno dell’attentato in cui ha perso la vita del giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, uccisi il 19 luglio 1992 a Palermo, in via D’Amelio, a Falerna all’evento Link – Orgoglio e pregiudizio organizzato dal network di LaC è stato presente il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. Una serata targata Diemmecom, con il presidente Domenico Maduli e il direttore generale Maria Grazia Falduto in prima fila nella cornice del Riva Restaurant di Falerna Marina, che ha raccolto tanta gente venuta ad ascoltare e applaudire il magistrato originario di Gerace. È stata anche l’occasione per presentare l’ultimo libro scritto dal procuratore con il giornalista Antonio Nicaso e intitolato “Fuori dai confini – La ‘ndrangheta nel mondo”. Nicola Gratteri si è concesso alle domande della giornalista e direttore strategico del network Paola Bottero partendo da un filmato che mostrava le immagini della strage di via d’Amelio avvenuta 31 anni fa unitamente per finire a momenti di vita di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. «Quando è morto Falcone per tutti noi è stata una sorpresa, nessuno si aspettava che Falcone morisse in quel modo, perché lui in quel momento era fuori dalla prima linea. Non aveva il potere di fare la rivoluzione, non era un ministro» – ha detto Gratteri e «Borsellino per primo aveva capito che sarebbe stato ammazzato. Malgrado questo ha continuato a lavorare, giorno e notte, perché aveva fretta di capire cosa stava accadendo. Ovviamente, per ragioni tecniche non poteva indagare sulla morte di Falcone, poiché come previsto dall’articolo 11 del codice di procedura penale, la Procura competente in questi casi è quella più vicina alla Corte d’Appello, ovvero Caltanissetta». Il ragionamento di Gratteri è andato oltre a chi materialmente ha premuto il pulsante, decretando la fine di Falcone, della moglie e di buona parte della scorta, nella cosiddetta strage di Capaci. Premessa volta a parlare in un secondo momento dell’agenda rossa di Paolo Borsellino. A distanza di 31 anni dalla strage ancora non si conosce il volto di colui che, mentre i corpi bruciavano e l’eco della bomba stordiva i residenti nel raggio di 500 metri, si premurò di prelevare il diario del magistrato Borsellino custodito in auto, lasciando invece l’agenda di colore marrone, quella «che abbiamo noi magistrati, ma anche gli avvocati, per fissare gli appuntamenti» – ha aggiunto Gratteri. Il magistrato, sul punto, ritiene che si può ancora scoprire tanto sulla strage di via d’Amelio. Ma come nel suo stile, il procuratore di Catanzaro non ha avuto peli sulla lingua, criticando i suoi colleghi che trentuno anni fa definirono, in modo dispregiativo, «Borsellino fascista, perché aveva una sua visione della giustizia» rispetto a coloro i quali combattevano da vivi i due giudici uccisi da Cosa Nostra, per poi salire sui palchi e versare, dopo le loro morti, lacrime di coccodrillo. Per Gratteri, comunque, è straordinario che dopo tanti anni, durante le commemorazioni, ci siano migliaia di giovani che scendono in strada per dire no alla mafia, soprattutto in Sicilia. Tornando a Paolo Borsellino, Gratteri ha ripreso le parole rese dalla moglie del giudice nel corso di una deposizione. «Due mesi prima della strage Borsellino girava come una trottola, andava spessissimo Roma, non per prendere un gelato in via del Corso o in via Condotti, perché il gelato a Palermo è più buono, ma si recava negli uffici del potere per sviluppare il suo piano investigativo e sapete cosa disse la moglie di quei momenti? Che ogni volta che suo marito tornava da Roma era sempre più nervoso, era sempre più agitato, sempre più arrabbiato, perché non riceveva conforto. Sappiamo tutti, anche grazie alla moglie – ha detto Gratteri – che Borsellino nell’agenda rossa appuntava tutte le cose rilevanti che avvenivano nel corso della giornata, come oggi un quindicenne fa sul cellulare, erano quindi cose intime, personali» e dunque ipotizza che all’interno del “diario” “c’era un pezzo di storia di quell’anno, c’erano segnati gli incontri delle persone che lui andava a trovare a Roma» ha proseguito Gratteri. «Fino a quando c’è qualcuno in vita, quell’agenda ha potere di ricattare non solo persone ma anche centri di potere» e per il magistrato è fondamentale non mollare la presa su questo punto. Prima di cambiare argomento, Gratteri ha rivissuto quell’attimo. «Quando Cosa Nostra ammazzò Borsellino mi trovavo nella sala intercettazioni della procura di Locri», mentre due mesi prima, quando Giovanni Brusca fece saltare in aria l’autostrada, dove stava passando Falcone, «ero nel carcere di Bologna Dozza». CONTINUA A LEGGERE QUI: Gratteri all’evento di LaC: «C’è più omertà in Lombardia che in Calabria, fuori dalla mia porta la fila di chi vuole denunciare»