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‘Ndrangheta: le estorsioni a Vibo alle ditte dei rifiuti e i lavori per l’ospedale nel “mirino”

Tredici capi di imputazione per altrettanti indagati nei cui confronti la Dda di Catanzaro ha chiuso le indagini. Ecco le singole accuse dell’inchiesta portata a termine dai carabinieri e dalla Guardia di finanza fra chi ha resistito sporgendo denuncia e chi invece avrebbe fatto desistere i vibonesi godendo del sostegno di altri clan

‘Ndrangheta: le estorsioni a Vibo alle ditte dei rifiuti e i lavori per l’ospedale nel “mirino”
A sinistra Francesco Antonio Pardea, a destra Salvatore Morelli

L’estorsione alla ditta impegnata nei lavori per il nuovo ospedale

Siamo nel giugno del 2020 – quindi sei mesi dopo gli arresti di Rinascita Scott del dicembre 2019 – e Michele Manco è accusato di essersi recato in auto all’interno dell’area interessata dai lavori di realizzazione del nuovo ospedale di Vibo Valentia, avvicinando un autista della società Costruzioni Lucia srl minacciandolo con la seguente frase: “Dì al tuo capo che si è dimenticato degli amici”. Avrebbe così cercato di costringere il titolare della ditta subappaltatrice dei lavori con riguardo alla fornitura del calcestruzzo preconfezionato a corrispondergli non meglio definite quantità di denaro in quanto il cantiere dei lavori sarebbe ricaduto in una zona sotto il controllo mafioso della ‘ndrina dei Pardea. La contestazione di estorsione in questo caso è solo tentata – e non consumata – per la ferma opposizione della persona offesa, che rifiutava il pagamento e portava il fatto a conoscenza di del titolare della Costruzioni Procopio S. r. l. , società appaltatrice del nuovo ospedale che sporgeva denuncia. Nel luglio del 2020, quindi, Michele Manco è accusato di essersi ripresentato sul cantiere di costruzione del nuovo ospedale avvicinando nei pressi di una Stazione di carburanti altro autista della ditta “Costruzioni Lucia srl” minacciandolo con la seguente frase: “Vi siete scordati di andare  a trovare gli amici, andate a trovare gli amici sennò sparano”. Anche in questo caso il titolare della ditta Procopio, appaltatore dei lavori per il nuovo ospedale, ha sporto denuncia.

Le ristrutturazioni dei palazzi a Vibo nel mirino dei clan

Salvatore Morelli

Anche le imprese impegnate nei lavori di ristrutturazione di alcuni palazzi a Vibo Valentia sarebbero finite nel “mirino” dei clan. O meglio, in questo caso nelle mire di Michele Manco, 36 anni, residente in città, coinvolto in Rinascita Scott tanto da essere stato condannato il 6 novembre 2021– al termine del troncone processuali celebrato con rito abbreviato – a 12 anni di reclusione, ma a piede libero in quanto, nelle settimane successive al suo arresto per la maxioperazione, il Tdl di Catanzaro l’ha rimesso in libertà. Michele Manco è stato ritenuto in Rinascita Scott un componente della ‘ndrina Pardea-Camillò operante a Vibo Valentia. Ad accusarlo, da ultimo, anche il collaboratore di giustizia Michele Camillò che ha collocato Michele Manco come presente alle riunioni di ‘ndrangheta a Vibo.  “Michele Manco fa parte della ‘ndrina sciolta, è stato affiliato con me ed ha la dote del Vangelo. Ricordo – ha dichiarato Michele Camillò – che una volta Salvatore Morelli lo mandò a fare un’estorsione ad un certo Ruffa che aveva vinto in un centro scommesse”. Michele Manco è stato collocato come alle dirette dipendenze di Salvatore Morelli (alias “l’Americano), Francesco Anonio Pardea (alias “U Ranisi) e Domenico Macrì (alias “Mommo).

Francesco Antonio Pardea

Nelle contestazioni mosse con la nuova operazione della Dda di Catanzaro, gli inquirenti – carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo e Guardia di finanza –collocano Michele Manco al centro di due tentativi di estorsione ai danni di ditte impegnate in alcuni lavori di ristrutturazione condominiali agevolati dall’eco bonus 110%. La prima richiesta estorsiva contestata a Michele Manco è datata 25 maggio 2021, quindi qualche mese prima – 6 novembre 2021 – della sua condanna a 12 anni nel maxiprocesso Rinascita Scott in abbreviato. Secondo l’accusa, Michele Manco – con altri soggetti in corso di identificazione – si sarebbe portato presso il cantiere della I. I. C. sito a Vibo Valentia in piazza Annarumma num. 10 impegnata in alcuni lavori al condominio “Rizzo”. Michele Manco alle 8 del mattino, portandosi all’esterno delle recinzione del cantiere, avrebbe quindi minacciato un operaio della ditta di Corigliano, impegnata nei lavori, con la seguente frase: “Digli al tuo capo che lo stiamo aspettando”. Scopo della minaccia quello di ottenere dalla ditta una cospicua somma di denaro in favore della ‘ndrina Pardea. L’estorsione non andava a buon fine per la ferma opposizione dell’impresa impegnata nei lavori che rifiutava il pagamento denunciando il fatto ai carabinieri. Il tentativo di estorsione è aggravato dalle modalità e dalle finalità mafiose. Importante in questo caso, ai fini dell’indagine, l’analisi del Gps installato sull’auto in uso a Michele Manco.

E’ del 4 febbraio 2022, invece – quindi tre mesi dopo la condanna a 12 anni nel processo Rinascita Scott – il tentativo di estorsione che vede protagonista Michele Manco ai danni dei titolari delle ditte De Nisi srl e Edil Costruzioni srl. L’esponente del clan Pardea si sarebbe presentato sul cantiere sito a Vibo in via Matilde Serrao num. 9 (già traversa di via Accademie vibonesi), relativo sempre a lavori di ristrutturazione condominiali grazie all’eco bonus, minacciando un operaio della Edil Costruzioni con le seguenti parole: “Mettete le carte a posto con gli amici”. Anche in questo caso lo scopo dell’intimidazione sarebbe stato quello di ottenere somme di denaro per sé ed il proprio clan con conseguente indebito profitto. Anche in questo caso i titolari delle ditte hanno rifiutato ogni pagamento e denunciato il tutto alle forze dell’ordine. Il reato è aggravato dalle finalità e modalità mafiose ed in questo caso l’attività di indagine è stata svolta dalla Guardia di finanza. Emerge quindi dall’inchiesta come soggetti condannati a pene non da poco – 12 anni – lasciati in libertà abbiano continuato come nulla fosse a porre in essere attività delittuose, stroncate però sul nascere dalle forze dell’ordine anche grazie alle denunce (in alcuni casi sofferte ed arrivate, per paura, in un secondo momento) delle parti offese.

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