Usura nel Vibonese: operazione “Pinocchio”, chieste condanne per 29 anni di carcere
Due le assoluzioni richieste dalla Procura, più un non luogo a procedere per prescrizione. L’operazione era scattata nel 2008 ad opera della Dda di Catanzaro. Parte lesa il testimone di giustizia di Rombiolo Michele Tramontana
Arrivano le richieste della Procura di Vibo (su delega della Dda di Catanzaro) nel processo nato dall’operazione denominata “Pinocchio”, scattata nel marzo del 2008 grazie alle denunce del testimone di giustizia, Michele Tramontana, assistito dall’avvocato Rosario Scognamiglio. In particolare, la pubblica accusa ha chiesto la condanna a 9 anni e 5 mesi di reclusione (più 23mila euro di multa) per Raffaele Lentini, 65 anni, di Vena di Ionadi; 10 anni e 4 mesi (più 26mila euro di multa) per Roberto Cuturello, 55 anni, di Limbadi; 9 anni e 3 mesi (più 21mila euro di multa) per Giorgio Galiano, 46 anni, di Vibo Valentia; prescrizione per Michele Marturano, 44 anni, residente a Roma; assoluzione per Raffaele Gallizzi, 48 anni, di Motta Filocastro, frazione di Limbadi; assoluzione per Pantaleone Rizzo, 44 anni, residente a Novara. Usura aggravata dalle modalità mafiose il reato contestato agli imputati. Per Cuturello in relazione ad altri due campi di imputazione, la Procura ha chiesto l’assoluzione, mentre per ulteriori due la prescrizione.
Le indagini, condotte dai militari del Norm della Compagnia di Tropea e della stazione di Rombiolo, abbracciano una serie di contestazioni che vanno dal 2000 al 2006 e sono state svelate nel marzo del 2007 dal falegname di Rombiolo, Michele Tramontana, che ha trovato la forza di denunciare i suoi presunti aguzzini.
Risalgono al 2000 i primi contatti dell’artigiano con le persone disposte a prestargli denaro. Secondo l’accusa, il primo con cui avrebbe avuto contatti sarebbe stato Raffaele Lentini (detto Lello) dal quale avrebbe ricevuto somme di un certo rilievo inizialmente con un tasso di interesse mensile dell’8%, poi del 10%. Per appianare le cose con Lentini, il falegname nel 2005 avrebbe avviato i contatti con Cuturello il quale gli avrebbe imposto ulteriori esosi interessi su un debito residuo, fino a pretendere il doppio della somma corrispostagli inizialmente. Per far fronte alle difficoltà, nel marzo del 2006 Tramontana avrebbe quindi chiesto dei prestiti a Giorgio Galiano. Quest’ultimo gli avrebbe così consegnato una prima volta 25mila euro (cinquemila cash e i rimanenti in assegni) con un tasso d’interesse del 20% mensile e, alcuni giorni più tardi, altri 35mila euro attraverso assegni prelevati da un carnet che lo stesso Galiano avrebbe definito «sicuro» In seguito, il falegname sarebbe però venuto a conoscenza del fatto che nessuno degli assegni era stato pagato; per la prima volta dalle nostre parti figura quale parte civile nel processo la Confederazione nazionale degli artigiani assistita dall’avvocato Giovanna Fronte. Parti civili anche i familiari (padre, madre e moglie) di Tramontana, assistiti dall’avvocato Scognamiglio.
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