Province: si pensa al ritorno dell’elezione diretta per i presidenti
Per i Comuni sopra i 15mila abitanti si lavora per eliminare il turno di ballottaggio per i candidati a sindaco che arrivino al 40% dei voti
Ridimensionate con la riforma Delrio, le Province dopo il referendum (fallito) del 2016 sono rimaste “congelate”, con molti esponenti politici che hanno parlato a più riprese della necessità di modificare – in un senso o nell’altro – la legge. Poi, alla fine, non si è mai arrivati al dunque. Questa legislatura potrebbe essere quella giusta. A volere fortemente il ritorno delle Province è Forza Italia, che ha presentato un disegno di legge al Senato a prima firma della capogruppo Licia Ronzulli: “Ridiamo voce a milioni di elettori – ha spiegato in un’intervista al Giornale – È necessario recuperare un rapporto fiduciario tra elettore e rappresentante delle istituzioni. E questo si può realizzare proprio quando i cittadini scelgono direttamente chi li può governare. Proponiamo l’elezione diretta dei presidenti di Provincia, senza il ballottaggio, nel caso il candidato superi il 40%. Anzi, abbiamo previsto che questa norma sia estesa anche per tutti i Comuni sopra i 15mila abitanti”.
La proposta di legge, quindi, prevede anche l’eliminazione del ballottaggio per le elezioni amministrative se un candidato dovesse superare il 40% dei voti validi. Anche perché nei Comuni sotto ai 15mila abitanti il ballottaggio non c’è.
Il resto del centrodestra sembra sostanzialmente d’accordo, e anche con gli altri partiti di opposizione potrebbero trovare una quadra. Disegni di legge, tutti nella medesima direzione, sono stati presentati anche dal Movimento Cinque Stelle, da Fratelli d’Italia e dal Pd e tutti puntano all’elezione diretta del presidente. [Continua in basso]
Le Province attuali
Attualmente non si vota più per gli organi provinciali. Ogni due anni, sono i consiglieri comunali e i sindaci a eleggere, a loro volta, il consiglio provinciale. Ogni quattro scelgono il presidente della Provincia, che deve essere necessariamente un sindaco con almeno 18 mesi di mandato sul suo curriculum. La stessa cosa vale per le città metropolitane, con l’unica differenza che il sindaco metropolitano è di diritto quello del comune capoluogo. Anche i servizi sono cambiati. Di fatto alle Province sono rimaste tre competenze e anche parziali: scuola, viabilità e parte dell’ambiente. Se ne rende di più conto chi vive lontano dai centri, dove i servizi arrivano con maggiore fatica. Infatti, secondo i numeri dell’Ufficio valutazione impatto del Senato, alle ex province sono rimaste in gestione circa 130mila chilometri di strade e 30mila tra ponti, viadotti e gallerie. In molti casi collocate in aree montane, dove spesso non esistono collegamenti alternativi. C’è poi l’edilizia scolastica ha un impatto sulla vivibilità dei comuni. In particolare di quelli interni, soggetti a un progressivo spopolamento proprio per la carenza di servizi. Perciò anche in questo ambito, alle ex province è stato lasciato un compito di tutto rilievo.
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