Emanuele Mancuso: «I Gallone vertici occulti del clan Mancuso con Pasquale copia virtuale di Luigi»
Le rivelazioni del collaboratore di giustizia nel corso del processo Petrol Mafie che si sta svolgendo dinanzi al Tribunale di Vibo. L’interesse per gli idrocarburi e la rete protettiva dell’irreperibilità del superboss di Limbadi
Dalla latitanza di Luigi Mancuso ai suoi portavoce, dalle “copie virtuali” del boss di Limbadi agli interessi per il settore degli idrocarburi sino alla mediazione fra le due articolazioni del clan. L’ultima deposizione di Emanuele Mancuso nel processo Petrol Mafie, in corso dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia, ha toccato diversi aspetti e acceso i riflettori su alcune vicende.
“I soggetti che gestivano Luigi Mancuso quando è uscito dal carcere erano diversi e – ha spiegato il collaboratore – ci sono stati pure degli scambi di ruoli. I più importanti erano Pasquale Gallone, fratello di Giuseppe Gallone alias Pizzichiju, e poi c’erano Tonino Molino con la moglie Silvana Mancuso, Giuseppe Mancuso, figlio di Giovanni Mancuso alias Billy, Giuseppe Rizzo alias Speedy pizza e Redi, più altri soggetti che comunque gestivano la sua irreperibilità. Questi erano i più importanti che gravitavano intorno alla sua figura all’epoca dell’uscita dal carcere. Antonio Prenesti faceva invece parte del gruppo di fuoco. Io lo indico come soggetto deputato più che altro, oltre che a uccidere, a fare delle azioni forti. È un rappresentante della famiglia Mancuso soprattutto in Lombardia. Quelli che ho elencato – ha evidenziato Emanuele Mancuso – avevano quasi tutti i medesimi ruoli, portavano le imbasciate, gestivano la latitanza di Luigi Mancuso e la sua irreperibilità. Si relazionavano con gli altri, ma erano portavoce di mio zio Luigi Mancuso”. Luigi Mancuso, dopo 19 anni di ininterrotta detenzione, era uscito dal carcere nel luglio del 2012. Una volta in libertà aveva fatto perdere le proprie tracce nell’ottobre del 2014 venendo arrestato il 12 agosto del 2017. [Continua in basso]
Gli idrocarburi
Emanuele Mancuso è quindi passato a parlare del settore degli idrocarburi e dell’interesse per lo stesso da parte di alcuni elementi ritenuti vicini al clan di Limbadi e Nicotera. “Nel campo degli idrocarburi erano attivi: Antonino Gallone del ramo Pizzichiju, Pino Gallone fratello di Pasquale Gallone, e Solano Antonio che sono andati al Nord a aprire delle colonnine con il placet di mio padre. Pantaleone Rizzo faceva la stessa cosa nella zona di Novara, conaltri distributori di carburanti. Alfonso Cuturello, figlio di Roberto Cuturello, nonché nipote di Salvatore Cuturello, sempre appartenente alla famiglia Mancuso, più che altro riciclavano il danaro provento della cocaina e avevano un punto logistico al Nord per smerciare cocaina e armi”.
I Gallone ed il rapporto con i Mancuso
La deposizione del collaboratore di giustizia di giustizia si è a questo punto soffermata sulle figure dei Gallone, uno dei quali – Giuseppe – padre dello sposo in elicottero atterrato a due passi dal castello di Nicotera nel settembre 2016.
“I Gallone – ha dichiarato Emanuele Mancuso – sono due fratelli – Pasquale e Giuseppe, ma poi c’è anche Cristian Gallone. I due principali sono proprio Pasquale e Giuseppe Gallone, detto Pizzichiju, che hanno rapporti fortissimi a livello istituzionale. In mancanza di esponenti della mia famiglia loro erano una specie di due vertici occulti, non portavano il cognome Mancuso però erano due fratelli, uno dal lato degli Undici – cioè Pasquale – l’altro, cioè Giuseppe Gallone Pizzichiju dal lato dei Mancuso detto “dei sette”. Quando c’erano problemi loro intermediavano tra i due rami della famiglia Mancuso. Pasquale Gallone si intendeva più di imprenditoria, mentre Pino di narcotraffico e gestione delle piazze. Entrambi avevano però rapporti con Luigi Mancuso. Pasquale Gallone – ha aggiunto Emanuele Mancuso – non è che aveva una quota o su un affare divideva i proventi, lui era il portavoce, lui era la copia virtuale di mio zio Luigi. Tutto quello che diceva Luigi lo diceva Pasquale, tutto quello che Luigi demandava, Pasquale lo riportava a tutti i sodali. Poi se avevano dei proventi da dividere io questo non lo so, non credo. Credo si tratti di un rapporto che va al di là dell’essere associati”. Pasquale Gallone, 63 anni, di Nicotera Marina, nel processo Petrol Mafie ha scelto il rito abbreviato ed è stato condannato a 6 anni di reclusione in primo grado. Nel maxiprocesso Rinascita Scott, invece, è stato condannato a 20 anni di reclusione, sempre con il rito abbreviato. Sempre in Rinascita Scott, infine, Cristiano Gallone ha riportato una condanna a 3 anni e 8 mesi, mentre Francesco Gallone è stato condannato a 11 anni e 3 mesi. Anche in questo caso si tratta di condanne al termine del primo grado di giudizio. Il processo d’appello deve ancora essere celebrato.
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