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Barbagallo: «Io la prova vivente dei danni prodotti dalla giustizia negata»

Il testimone di giustizia torna a denunciare gli effetti della prescrizione dei processi e della storica carenza d'organico al Tribunale di Vibo

Barbagallo: «Io la prova vivente dei danni prodotti dalla giustizia negata»
Salvatore Barbagallo

«Chi ripagherà le vittime dei reati per la giustizia loro negata?». È l’interrogativo che si pone Salvatore Barbagallo, ex imprenditore e testimone di giustizia, il quale ha visto crollare, a causa dell’istituto della prescrizione, quasi tutti i processi avviati grazie alle sue denunce. «Sono io la dimostrazione vivente – dice – dell’ingiustizia prodotta dalle ataviche carenze di organico al Tribunale di Vibo Valentia e dall’inerzia di chi doveva fare e non ha fatto. Onde evitare equivoci – chiarisce – evidenzio subito che nessuna responsabilità attribuisco al procuratore Falvo, che anzi ringrazio per avere avuto la sensibilità di darmi ascolto». Il problema, a giudizio dell’ex trivellatore di origini siciliane che denunciò esponenti di punta del clan Mancuso e di cosche satelliti, è che «la mannaia che silenziosamente è calata sui processi non ha solo prodotto un danno di credibilità delle istituzioni, ma anche alle vite di quanti da quegli stessi processi attendevano giustizia. Un danno – prosegue – che nessuno ristorerà». [Continua in basso]

La sua riflessione segue l’immissione nel possesso delle rispettive funzioni dei sei nuovi giudici al Tribunale di Vibo Valentia, circostanza che se da un lato dà respiro all’attività giurisdizionale, dall’altro non risolve il problema, così come hanno denunciato sia il presidente del Tribunale Antonio Erminio Di Matteo, sia il procuratore Camillo Falvo: il turn over, infatti, è sempre in agguato e l’infornata di nuove toghe sarà inevitabilmente vanificata da una successiva, scontata, ondata di trasferimenti. «Abbiamo capito due cose – stigmatizza Salvatore Barbagallo – la prima è che Vibo è una sede disagiata nella quale chi arriva prima o poi, appena può, scappa, perché c’è un lavoro enorme da fare che i giudici che ci sono riescono ad assolvere solo in parte. La seconda è che qui arrivano giovani magistrati, che sicuramente sono bravi ed onesti, ma in una delle realtà a più alta densità mafiosa d’Italia, dove si celebrano processi di un certo tipo, servirebbero giudici più esperti. Per questo mi domando e domando alla politica e al Csm cosa vogliono fare per cambiare le cose? Aspettare che la fiducia nella giustizia muoia di nuovo?».

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