Tentato omicidio a Nicotera Marina, assolto l’imputato
La sparatoria il 24 novembre 2013 ai danni dei fratelli Piccolo. Condanna per la sola ricettazione di un’auto ma senza aggravante mafiosa. La Dda aveva chiesto 18 anni
Il Tribunale collegiale di Vibo Valentia ha assolto, perché il fatto non sussiste, Salvatore Zungri, 28 anni, di Laureana di Borrello, dall’accusa di duplice tentato omicidio ai danni dei fratelli Giuseppe e Davide Piccolo, residenti a Nicotera Marina, aggravato dalla premeditazione, dal metodo mafioso e dall’agevolazione del clan Mancuso. Accolte così le richieste dei difensori, gli avvocati Giuseppe Alvaro e Giovanni Montalto del Foro di Palmi. La pubblica accusa aveva chiesto la condanna alla pena di 18 anni di reclusione per l’imputato, al quale venivano contestati anche i reati di detenzione e porto di armi da sparo, oltre alla ricettazione di un’autovettura. [Continua in basso]
La vicenda processuale ha tratto origine da un fatto di sangue verificatosi il 24 novembre 2013 a Nicotera Marina, allorquando, a seguito di segnalazione telefonica, i carabinieri della locale Stazione, giunti in contrada Bragò, notavano un giovane riverso a terra, con copiose perdite ematiche derivanti da colpi di arma da fuoco. A breve distanza dal corpo del ragazzo, successivamente identificato nella persona di Salvatore Zungri, i militari dell’Arma accertavano la presenza di un’autovettura Fiat Uno con le portiere aperte, che risultava provento di un furto commesso qualche giorno prima e riscontravano la presenza di due bossoli calibro 7,65 nonché di diverse tracce biologiche di tipo ematico. Il giovane, immediatamente ricoverato all’ospedale di Catanzaro, subiva, a causa delle lesioni riportate, l’amputazione di uno degli arti inferiori, riuscendo tuttavia a salvarsi la vita.
Dalle successive attività di indagine, coordinate dalla Dda di Catanzaro, era emerso, ad avviso degli inquirenti, che Salvatore Zungri, anziché essere vittima di un tentato omicidio, sarebbe stato l’autore, in concorso con altri soggetti non identificati, di un duplice tentato omicidio ai danni dei fratelli Piccolo, per ragioni legate al traffico di stupefacenti e a un regolamento di conti interno alla criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetistico. L’agguato ai Piccolo non sarebbe andato a buon fine dal momento che, secondo le ricostruzioni investigative, almeno uno di loro, non compiutamente identificato, aveva risposto al fuoco esplodendo a sua volta all’indirizzo degli aggressori più colpi d’arma da fuoco, che attingevano l’autovettura e il corpo di Salvatore Zungri, mettendo in fuga gli ignoti complici del giovane di Laureana di Borrello.
Al termine della complessa istruttoria dibattimentale, consistita nella escussione di tre collaboratori di giustizia (Mancuso, Furuli e Albanese) e di numerosi testimoni e periti, gli avvocati Giovanni Montalto e Giuseppe Alvaro hanno sostenuto nei loro articolati interventi conclusivi che le dichiarazioni dei tre collaboratori, utilizzate dal pm in senso accusatorio, erano intrinsecamente inattendibili in quanto tra di loro contrastanti sia in relazione al movente sia quanto alla dinamica dei fatti. I difensori hanno, inoltre, evidenziato l’insussistenza dei requisiti per la punibilità del tentativo di delitto, non essendovi prove certe in merito alla esatta ricostruzione degli eventi, alla direzione dei colpi di arma da fuoco esplosi e alla presenza fisica degli stessi fratelli Piccolo.
Il Tribunale di Vibo, condividendo le tesi difensive, ha quindi assolto l’imputato dal delitto di tentato omicidio aggravato, perché il fatto non sussiste, e, previa esclusione dell’aggravante mafiosa, ha dichiarato l’estinzione per intervenuta prescrizione dei reati di detenzione e porto di armi comuni da sparo, condannando il giovane di Laureana di Borrello alla pena di due anni di reclusione per il solo reato di ricettazione dell’autovettura risultata provento di furto.
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