martedì,Novembre 26 2024

Estorsione a Nicotera ai danni di Carmine Zappia, una condanna in Cassazione

La Suprema Corte dichiara inammissibile il ricorso di uno degli imputati che aveva scelto il rito abbreviato e che è stato condannato a 7 anni e 6 mesi

Estorsione a Nicotera ai danni di Carmine Zappia, una condanna in Cassazione
La Cassazione e nel riquadro Carmine Zappia
Alfonso Cicerone

La seconda sezione penale della Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato da Alfonso Cicerone, 48 anni, di Nicotera, avverso la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che lo scorso anno l’ha visto condannato alla pena di 7 anni e sei mesi di reclusione al termine dell’operazione denominata “Maqlub” (che in arabo significa ribaltamento) nata attorno all’estorsione ai danni del commerciante di Nicotera Carmine Zappia. Rispetto al primo grado di giudizio, il reato di tentata estorsione è stato riqualificato in estorsione consumata. E’ stata invece esclusa l’aggravante mafiosa per altra contestazione relativa alla contestazione di intestazione fittizia di beni. Assolto dal reato di estorsione ai danni di un cittadino marocchino. Alfonso Cicerone in appello è stato altresì condannato alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili Carmine Zappia, Provincia di Vibo e Comune di Nicotera liquidate in complessivi 1.200,00 euro per ciascuna parte civile.

Per la Cassazione, la Corte d’Appello di Catanzaro ha ricostruito “con motivazione logica, coerente e del tutto priva di aporie le condotte imputate ad Alfonso Cicerone”. La condotta tenuta da Cicerone – ad avviso dei giudici della Cassazione – si è caratterizzata “per la sua particolare minacciosità, agendo lo stesso nell’interesse dello zio Antonio Mancuso, in mancanza di qualsiasi oggettivo e legittimo credito da azionare, inserendosi in un complessivo contesto di illegalità diffusa, facendo valere la particolare incidenza del legame familiare con lo stesso, evocando mali maggiori, chiaramente connessi al contesto ambientale di riferimento della famiglia del Mancuso, nella quale il Cicerone è pienamente inserito per legami parentali accertati, oltre che una serie di interessi ulteriori allo stesso riferibili ed identificati in termine di acquisizione di prestigio e rispetto nel contesto di riferimento ed infine quanto al potenziale sfruttamento economico dei locali riferibili allo Zappia, che con l’azione posta in essere si volevano acquisire del tutto in assenza di titolo”.  

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