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Omicidio dell’avvocato Ciriaco: per la Cassazione è da rifare il processo ai fratelli Fruci

Annullamento con rinvio anche per il collaboratore Michienzi di Acconia di Curinga. Già definitiva invece l’assoluzione per il boss di Filadelfia. L’agguato al professionista nell’aprile del 2002 lungo la strada dei Due Mari

Omicidio dell’avvocato Ciriaco: per la Cassazione è da rifare il processo ai fratelli Fruci

La Cassazione ha annullato con rinvio le condanne inflitte dalla Corte d’Appello di Catanzaro (Gabriella Reillo presidente) il 21 giugno dello scorso anno per tre imputati accusati di aver preso parte  all’omicidio dell’avvocato lametino Torquato Ciriaco, ucciso in un agguato l’1 aprile del 2002 all’altezza del bivio “Due Mari” di Maida, quando un commando affiancò il fuoristrada a bordo del quale viaggiava la vittima predestinata crivellandolo a colpi di fucile caricato a pallettoni. In particolare, la Cassazione ha annullato con rinvio (un nuovo processo d’appello dopo la riforma in secondo grado delle assoluzioni incassate nel primo giudizio) la condanna a 30 anni di reclusione ciascuno per Giuseppe Fruci, 52 anni, e per il fratello Vincenzino Fruci, 45 anni, entrambi di Acconia di Curinga. Annullata con rinvio dalla Suprema Corte anche la condanna a 7 anni e 4 mesi per Francesco Michienzi, di Acconia di Curinga, collaboratore di giustizia. In appello era stato assolto, così come in primo grado, Tommaso Anello, 58 anni, di Filadelfia, la cui assoluzione non è stata impugnata in Cassazione. Per i due fratelli Fruci e per Anello la Procura generale di Catanzaro aveva chiesto in appello la condanna all’ergastolo. La difesa è stata sostenuta in Cassazione dagli avvocati Sergio Rotundo e Luca Cianferoni per Giuseppe Fruci e Anselmo Torchia e Giuseppe Spinelli per Vincenzino Fruci. [Continua in basso]

Giuseppe e Vincenzino Fruci

Secondo le indagini condotte dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, Torquato Ciriaco era stato condannato a morte dal cartello ‘ndranghetista degli Anello-Fruci. In particolare, Tommaso Anello, fratello del boss Rocco Anello, avrebbe ordinato l’omicidio del professionista il quale avrebbe curato l’acquisto di una cava che la malavita voleva invece finisse ad un imprenditore già soggiogato. L’accusa nei confronti di Tommaso Anello non ha però retto al vaglio dei giudici. A svelare per primo i retroscena dell’agguato era stato il pentito Francesco Michienzi, in un interrogatorio reso il 17 gennaio del 2007 al pm Gerardo Dominijanni. Spiegò ogni singola fase, dalla pianificazione all’esecuzione del delitto.

Le indagini trovarono nuovo impulso grazie agli approfondimenti investigativi della Squadra mobile di Catanzaro all’epoca diretta da Rodolo Ruperti. Ottenuti i riscontri necessari, la Procura antimafia di Catanzaro, con il pm Elio Romano, ha poi concluso le indagini chiedendo e ottenendo il rinvio a giudizio del presunto mandante, Tommaso Anello (ormai assolto in via definitiva), e dei fratelli Giuseppe e Vincenzino Fruci, che avrebbero fatto parte del commando. Nel corso del processo d’appello era stata sentita anche Angela Donato, madre dello scomparso Santino Panzarella, che aveva accusato in aula gli imputati non solo del delitto del figlio, ma anche di quello dell’avvocato Ciriaco.

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