Omicidio di Massimo Ripepi a Piscopio, condanna definitiva per l’ex cognato
La Cassazione conferma la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che aveva dimezzato la pena rispetto al verdetto di primo grado. Il fatto di sangue era avvenuto il 21 ottobre 2018 in via Regina Margherita
La prima sezione penale della Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro del 27 ottobre 2021 relativa all’omicidio di Massimo Ripepi, il 42enne ucciso il 21 ottobre 2018 a colpi di pistola in via Regina Margherita a Piscopio. Per il delitto viene quindi condannato in via definitiva a 12 anni ed 8 mesi di reclusione Giuseppe Carnovale, 54 anni, di Piscopio. In primo grado – al termine di un processo celebrato con rito abbreviato – era stato invece condannato a 21 anni di carcere dal gup del Tribunale di Vibo Valentia Marina Russo. In appello però all’imputato sono state concesse le circostanze attenuanti generiche e da qui la condanna a 12 anni e 8 mesi ora confermata pure dalla Cassazione. Giuseppe Carnovale era difeso dall’avvocato Adele Manno. Le parti civili (Serafina Catanea, mamma della vittima, e Giuseppina Ripepi sorella di Massimo) erano invece rappresentate dall’avvocato Nicola Lo Torto. [Continua in basso]
L’azione omicidiaria si era svolta mentre Ripepi si era dato alla fuga alla vista dell’ex cognato Carnovale armato di pistola. Da qui l’accusa di omicidio volontario. I colpi d’arma da fuoco erano stati esplosi quando la vittima già si trovava all’interno di una sala giochi di Piscopio, ad una distanza di sparo di pochi metri e nel corso di un inseguimento.
Secondo la Cassazione – che si era già pronunciata in sede cautelare confermando il carcere per l’imputato – le modalità dell’azione delittuosa, “preceduta dall’acquisizione della disponibilità di un’arma da fuoco, dall’esplosione di plurimi colpi, anche all’interno di un locale pubblico con il rischio di attingere persone estranee” costituivano elementi indicativi di una “spiccata capacità criminale” di Giuseppe Carnovale che “non si ritiene circoscritta all’episodio specifico”. I giudici d’appello hanno però concesso le attenuanti generiche e da qui la riforma del verdetto di primo grado e la riduzione della pena.
Il movente del fatto di sangue è stato ricondotto dagli inquirenti (carabinieri e Squadra Mobile di Vibo) all’ambito familiare. Alle spalle, un contesto di vessazioni alle quali la vittima avrebbe reiteratamente sottoposto l’ex moglie e i figli, dopo la fine del suo matrimonio. Maltrattamenti e persecuzioni erano state oggetto di più denunce e causa di un primo tentativo di omicidio che Massimo Ripepi aveva subìto nel giugno del 2017 ad opera del suo secondo genito, poi reo confesso.
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