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Decesso Colloca a Pizzo: due assoluzioni anche in appello

Anche i giudici di secondo grado confermano il verdetto del gup del Tribunale di Vibo che si era pronunciato a conclusione del rito abbreviato e dopo una perizia che ha escluso l’omicidio

Decesso Colloca a Pizzo: due assoluzioni anche in appello
La Corte d'Appello di Catanzaro
La Corte d’Appello di Catanzaro

Anche la Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro ha confermato le assoluzioni di Caterina Gentile, 52 anni, e del figlio Luciano Colloca in relazione al decesso di Nicola Colloca, l’infermiere 48enne dell’ospedale di Vibo, residente a Vena Superiore, bruciato vivo nella sua Opel Corsa ed il cui cadavere è stato ritrovato carbonizzato il 25 settembre del 2010 in una pineta a Pizzo. Ai giudici di secondo grado aveva fatto ricorso – ai soli effetti civili – il padre della vittima che, attraverso l’avvocato Diego Brancia, ha puntato a ribaltare il verdetto assolutorio emesso dal gup del Tribunale di Vibo Valentia, Marina Russo, il 29 giugno 2021 «perché il fatto non sussiste». La Corte d’Assise d’Appello di Catanzaro (presidente Gabriella Reillo, giudice a latere Domenico Commodaro) non ha però inteso riaprire l’istruttoria dibattimentale per riesaminare il perito Pietro Tarsitano, professore dell’Università di Napoli e già direttore del reparto di Medicina legale dell’ospedale Cardarelliche aveva depositato dinanzi al gup Marina Russo le proprie conclusioni sul decesso di Nicola Colloca: non un omicidio ma un suicidio. Da qui il 29 giugno 2021 le assoluzioni di Caterina Gentile, 51 anni, moglie di Nicola Colloca, e Luciano Colloca, 29 anni, figlio dell’infermiere (avvocati Guido Contestabile, Pietro Antonio Corsaro e Pietro Chiappalone), tutti processati con rito abbreviato. [Continua in basso]

La prima ricostruzione

Secondo la prima ricostruzione degli inquirenti, la vittima sarebbe stata colpita violentemente con un corpo contundente in testa che ha provocato a Nicola Colloca un trauma cranico contusivo e fratturativo sulla porzione sinistra della volta cranica, produttivo di conseguenze encefaliche ed emorragiche. Gli imputati avrebbero poi distrutto il cadavere dandolo alle fiamme unitamente all’auto della vittima. Movente del fatto di sangue (con sullo sfondo due relazioni extraconiugali), l’acquisizione dell’eredità della vittima, ovvero circa 200mila euro accumulati dall’infermiere Nicola Colloca.

Il medico legale nominato dal giudice ha escluso l’omicidio

Per il consulente medico-legale del giudice, Nicola Colloca è deceduto per arresto cardiaco causato dall’esposizione del corpo della vittima ad una violenta azione termica innescata dall’incendio e dall’esplosione della miscela (benzina-aria). “Benzina contenuta in una bottiglietta rinvenuta all’interno dell’autovettura. Il decesso può essere retrodatato – ha evidenziato il prof. Tarsitano – molto verosimilmente al giorno della sparizione: 24 settembre 2010. I campioni macro e microscopici esaminati, nonché le risultanze degli esami tossicologici effettuati nel corso dell’autopsia della dott.ssa Bisogni rendono la tesi suicidiaria più compatibile rispetto alle ipotesi omicidiarie”. 

Ed ancora: Gli esami radiografici eseguiti, nonché l’obiettività dei vari organi descritti nel corso dell’autopsia effettuata dalla dott.ssa Bisogni permettono di escludere l’azione di armi o oggetti contundenti nei distretti esaminati. L’assenza di ossa della volta è compatibile con l’azione esplosiva della violenta temperatura dell’incendio, tuttavia non permette di escludere con certezza altra azione lesiva. Possiamo però riaffermare – sottolinea il prof. Tarsitano – che Colloca era vivo al momento del violento incendio, mentre un cranio fracassato da oggetti contundenti o da arma da fuoco non sarebbe stato compatibile con la vita”.
Queste le conclusioni: “Gli elementi biologici a disposizione non permettono ulteriori approfondimenti. Come detto anche dall’ing. Mancino, solo il rinvenimento di sistemi temporizzati o telecomandati che avrebbero potuto innescare l’incendio dall’esterno dell’autovettura, potrebbe far orientare o confermare l’episodio omicidiario”.

In altre parole, per il consulente nominato dal giudice nel caso del decesso di Nicola Colloca si potrebbe parlare di omicidio solo se, al limite,fosse provato l’utilizzo di un’autobomba per ucciderlo, circostanza allo stato esclusa totalmente sia per il mancato rinvenimento di sistemi temporizzati o telecomandati che avrebbero potuto innescare l’incendio, sia per il rinvenimento di una bottiglietta di benzina all’interno dell’auto. 

Le parti civili (Colloca Antonio, Colloca Francesca Giuseppina e Panzitta Caterina), rappresentate dall’avvocato Diego Brancia, avevano nominato un proprio consulente di parte nella persona del professore Claudio Buccelli, ordinario di medicina legale dell’Università Federico II di Napoli.

Era stato l’antifurto satellitare dell’auto di Nicola Colloca a fornire indicazioni utili ai carabinieri (della Stazione di Pizzo Calabro guidati all’epoca dai marescialli Pietro Santangelo e Paolo Fiorello) – che avevano ricevuto la segnalazione della scomparsa – per condurli sino ad una pineta isolata nel territorio di Pizzo. La morte di Nicola Colloca sarebbe avvenuta nel pomeriggio del 24 settembre 2010. Le indagini hanno permesso inoltre di accertare che prima di arrivare sul luogo dove è stato ritrovato il cadavere, l’auto di Colloca ha viaggiato senza meta per le strade di Vibo Valentia.

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