Intimidazioni al maggiore dei carabinieri, assolto Leone Soriano
La Dda contestava i reati di minaccia e calunnia aggravati dalle finalità mafiose consumati attraverso una cartolina inviata dal 56enne di Filandari al comando dell’Arma di Vibo
Il Tribunale collegiale di Vibo Valentia (presidente Grillone, a latere i giudici Conti e Sannino) ha assolto Leone Soriano, 56 anni, di Pizzinni di Filandari, dall’accusa di minaccia aggravata dalle modalità mafiose e calunnia aggravata dalle finalità mafiose. La pubblica accusa – rappresentata dal pm Francesco Bordinali – aveva chiesto la condanna a 3 anni e 2 mesi.
Leone Soriano era accusato dalla Dda di Catanzaro di aver spedito una cartolina all’indirizzo del maggiore dei carabinieri, Valerio Palmieri, all’epoca alla guida del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia (ora in servizio a Reggio Calabria con il grado di tenente colonnello), recante espressioni minatorie del seguente tenore: “Per falsità e tutte le porcate che avete fatto, siete peggio dei vostri colleghi che hanno ucciso Stefano Cucchi. Volete impartire la legalità, ma vergognatevi”. Il maggiore dei carabinieri Palmieri doveva essere sentito come teste dell’accusa nel processo dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia nato dall’operazione “Nemea” contro il clan Soriano, in relazione alle indagini svolte. La contestazione a carico di Leone Soriano copriva un arco temporale ricompreso fra il 30 luglio ed il 17 agosto dello scorso anno.
Mediante l’invio della cartolina, recapitata il 17 agosto 2019 al Comando provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia ed indirizzata al maggiore Palmieri, Leone Soriano – all’epoca detenuto nel carcere di Torino – aveva quindi accusato l’ufficiale di polizia giudiziaria di aver attestato delle “falsità” e delle “porcate”, incolpandolo così di aver commesso dei reati, pur sapendolo innocente. Da qui l’ulteriore accusa nei confronti di Leone Soriano di calunnia aggravata dalle finalità mafiose. Le due condotte intimidatorie nei confronti del principale investigatore dell’inchiesta “Nemea” erano aggravate anche dalla recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale. Leone Soriano era difeso dall’avvocato Diego Brancia, sostituito in udienza dall’avvocato Viola Bono che ha sostenuto l’insussistenza del fatto sulla scorta che la condotta contestata all’imputato non integrasse gli estremi della calunnia ma muovesse delle critiche alle modalità di intervento dei carabinieri nel corso di una perquisizione domiciliare alla ricerca di armi.
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