Tribunale di Vibo senza giudici: il presidente Di Matteo ottiene quattro magistrati extradistrettuali
Il Consiglio Superiore della Magistratura ascolterà Di Matteo a Roma il 3 ed il 5 ottobre per far fronte alle emergenze del "sistema giustizia" vibonese e non mettere a rischio maxiprocessi come Rinascita Scott e Petrol Mafie
Non una, ma due audizioni. E a distanza ravvicinata. Il grido d’allarme lanciato dal presidente del Tribunale di Vibo Valentia, Antonio Di Matteo, è arrivato dritto al cuore del sistema. Il sistema che amministra la giustizia nel Paese e le cui scelte si riverberano sulle vite di chi invoca verità a giustizia: i cittadini.
Non una ma due audizioni per Di Matteo Lunedì prossimo, 3 ottobre, i membri della Settima Commissione del Consiglio superiore della magistratura esamineranno la richiesta formulata dal presidente della Corte d’appello di Catanzaro, Domenico Introcaso, per correre in soccorso del Tribunale vibonese: si sta già valutando l’applicazione di quattro magistrati extradistrettuali per governare le udienze di processi penali e civili che, appesantiti dai dibattimenti dei maxi processi Rinascita Scott e Petrol Mafie, rischiano di mandare in tilt l’intero apparato giudiziario vibonese. Un rischio da scongiurare ad ogni costo e rispetto al quale lo stesso presidente Antonio Di Matteo era stato inflessibile nelle sue posizioni critiche tanto con il Csm quanto con il Ministero della Giustizia. [Continua in basso]
Le proposte di Di Matteo
A proporre l’applicazione di altri quattro magistrati al Tribunale (richiesta poi avanzata formalmente da Introcaso) è stato infatti lo stesso magistrato calabrese. Richiesta formulata in tempi non sospetti, e cioè ben prima che intervenissero le decisioni della Cassazione sulle ricusazioni presentate dai legali di Giuseppe “Peppone” Accorinti e Luigi Mancuso “Il Supremo”, considerati ai vertici della ‘ndrangheta vibonese. Di Matteo, nell’intervista esclusiva rilascita al nostro network, spiegava le motivazioni delle sue richieste di audizione (ben tre nel corso dell’ultimo anno e mezzo), motivazioni talmente evidenti e condivisibili da indurre i membri del Csm a farsene finalmente carico nella consapevolezza che la vicenda stesse clamorosamente sfuggendo di mano. Ora è ipotizzabile che il presidente del Tribunale di Vibo Valentia provvederà a reiterare, in collegamento telematico, il suo appello agli esponenti di Palazzo dei Marescialli nella piena convinzione di dover percorre ogni strada per ottenere il potenziamento del presidio giudiziario.
Le novità
Ma le novità non si fermano qui: resta infatti confermata anche la seconda audizione in agenda. Stavolta (mercoledì 5 ottobre) sul tavolo della discussione ci sarà la richiesta di proroga dell’applicazione extradistrettuale del dottore Gianfranco Grillone, impegnato a presiedere alcuni procedimenti penali funzionali proprio alle esigenze di ricomposizione dei collegi chiamati a giudicare i due presunti boss Mancuso e Accorinti per i quali è stata accolta la richiesta di ricusazione. Anche in questo caso il Csm ascolterà Di Matteo, dopo che da Roma è filtrata la disponibilità della competente Commissione di concedere la proroga dell’applicazione richiesta: manca soltanto la ratifica del Plenum del Consiglio superiore della magistratura che vorrà ovviamente comprendere dalla viva voce del presidente del Tribunale perché sia così necessario, secondo chi vive e opera sul territorio, prolungare la presenza del giudice Grillone a Vibo Valentia. [Continua in basso]
Si attendono le delibere
Buone notizie, dunque, sul versante della presa di coscienza da parte dell’organo di autogoverno della magistratura di prendere in esame le istanze che pervengono in queste ore dal profondo Sud e da una terra in particolare (la Calabria) condizionata nel suo sviluppo proprio dalla presenza asfissiante della grande criminalità organizzata. Ma cosa manca per l’auspicata soluzione della vicenda? Semplicemente gli ultimi atti formali, cioè le delibere applicative che rappresenteranno il frutto – è questa la speranza – della manifesta volontà degli organismi centrali di ridare credibilità al sistema giustizia dell’intero Paese.
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