Verso il decennale dell’omicidio di Filippo Ceravolo, papà Martino: «Quanto tempo ancora?» -Video
I pentiti e la fiducia incrollabile verso Gratteri. Il 25 ottobre il campo sportivo di Gerocarne sarà intitolato alla memoria della giovane vittima innocente della ‘ndrangheta
I biglietti per la trasferta che Filippo non affrontò mai stanno lì, assieme ad altri ricordi, in quella stanza che è rimasta esattamente come dieci anni fa. «Il sabato doveva andare a vedere Juventus-Pescara – ricorda papà Martino – ma il giovedì me lo hanno ammazzato». Per la Vecchia Signora, Filippo Ceravolo aveva un amore viscerale. Era un bravo ragazzo, con la testa sulle spalle, che lavorava accompagnando il padre nei mercati rionali della Calabria, con levatacce prima dell’alba. Non c’entrava nulla con la guerra di mafia che nel 2012 riesplose nelle Preserre. Il 25 ottobre di quell’anno, con l’auto finita in un’officina, chiese un passaggio per rientrare dalla casa della fidanzatina, a Vazzano, nella sua Soriano, dove assieme a Martino doveva guardare il calcio in tv, ma non immaginava che il ragazzo a cui chiese quello strappo potesse essere il bersaglio di un agguato: lui si salvò, rimanendo miracolosamente illeso, Filippo fu massacrato da una pioggia di fuoco e piombo. [Continua in basso]
«Sono passati ormai dieci anni – spiega Martino – e siamo ancora qui a chiedere giustizia. Nessuno ce lo porterà indietro, ma un papà, una mamma, le sorelle, chiedono giustizia e lui la merita». Tiene in mano gli effetti personali che Filippo aveva addosso quella sera, restituiti alla famiglia quando l’autorità giudiziaria, esperita l’autopsia, liberò la salma. Il portafogli, i suoi bracciali, l’orologio. Confessa, Martino, che «in questa stanza c’è sempre il suo profumo». Gli dà conforto, ogni volta che vi entra, baciando le foto affisse al muro. Ogni tanto tira anche fuori i suoi vestiti. Niente è finito in una scatola o dato via. Il tempo che passa è solo scandito dall’attesa: «Io lo so, ne sono certo – continua – che prima o poi li prenderanno, ma non deve passare altro tempo, perché ogni giorno in più che questi assassini passano in libertà è un giorno in cui altri innocenti come mio figlio rischiano di finire ammazzati per mano loro».
È un uomo semplice, Martino, ma appassionato, che certe cose, su come funziona la giustizia, ha dovuto impararle dopo questa devastante esperienza che ha segnato la sua vita. Ha letto tutte le cronache di questi anni e da queste ha appreso dei pentiti che potrebbero aprire un bagliore di luce non solo sull’omicidio di suo figlio ma anche su una serie impressionante di fatti di sangue consumati nelle Preserre: «Io ho fiducia nel procuratore Gratteri e nelle forze dell’ordine – aggiunge – ma mi chiedo quanto altro tempo ci vorrà». Il decimo anniversario si avvicina. A Gerocarne, uno dei crocevia della faida, il 25 ottobre prossimo il campo sportivo sarà intitolato a Filippo Ceravolo: ci saranno le scuole, ci saranno le istituzioni, ci sarà una partita di calcio solidale per ricordare l’ennesima vittima innocente ancora in attesa di giustizia. «Io ho capito una cosa – conclude Martino – e cioè che la morte di mio figlio non è stata vana. Non doveva succedere, ma è servita almeno a scuotere le coscienze. Ora accadono cose che prima non accadevano e vedere questa solidarietà, sempre viva, nei confronti della mia famiglia, e la risposta dei giovani che condannano la violenza mafiosa è una grande testimonianza di quello che dico».