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Petrol Mafie: confermato il sequestro della società dei D’Amico, ecco i motivi della Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso dei due fratelli di Piscopio attualmente sotto processo dinanzi al Tribunale di Vibo

Petrol Mafie: confermato il sequestro della società dei D’Amico, ecco i motivi della Cassazione
Giuseppe D’Amico

Confermato dalla prima sezione penale della Cassazione il sequestro della società Dr Service srl dei fratelli Giuseppe ed Antonio D’Amico di Piscopio, entrambi sotto processo dinanzi al Tribunale di Vibo per l’operazione Petrol Mafie. La Suprema Corte ha infatti dichiarato inammissibile – con due distinte sentenze identiche però nelle motivazioni – i ricorsi dei D’Amico finalizzato ad ottenere il dissequestro delle quote sociali e del compendio aziendale della Dr Service srl. Il Tribunale del Riesame «ha ravvisato in detta società i caratteri dell’impresa mafiosa, in quanto era emersa dalle indagini – rimarca la Cassazione – l’esistenza di un rapporto strutturale e strumentale tra la medesima e la cosca Mancuso che se ne avvaleva per inserirsi in operazioni commerciali illecite – con particolare riguardo alla commercializzazione di carburanti di contrabbando – tramite la gestione dei titolari, i fratelli D’Amico, ritenuti intranei a detta cosca e muniti delle adeguate competenze tecniche».

Inoltre, le dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia indicavano che i fratelli D’Amico erano da tempo inseriti in contesti mafiosi del territorio vibonese: il collaboratore Mantella aveva definito i D’Amico come soggetti “a disposizione di tutti i gruppi criminali”, sicché – avendo iniziato la collaborazione nel 2016 – doveva ritenersi che tali propalazioni fossero riferite ad un periodo precedente. [Continua in basso]

Antonio D’Amico

Per la Cassazione, lo snodo giuridico della vicenda consiste nella verifica che tale opera di individuazione del reato che permea di sé l’oggetto del sequestro sia stata correttamente svolta dal Tribunale cautelare, ed ancor prima dal gip che ha disposto il sequestro del compendio aziendale. Al riguardo, il giudizio della Suprema Corte è positivo, alla stregua della valutazione degli elementi evidenziati nei due provvedimenti cautelari, «che danno conto sia del fumus dei reati contestati ai fratelli D’Amico (in particolare rilevando le imputazioni associative), che del periculum in mora, derivante dalla possibilità di proseguire nell’attività imprenditoriale illecita tramite la libera disponibilità del supporto aziendale».

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