martedì,Marzo 18 2025

Passaporti falsi per i latitanti, nei guai un 68enne di Mileto

La Dda di Firenze ha chiuso le indagini preliminari per 23 indagati in un troncone dell’inchiesta “Nuova Narcos Europea”. Ecco le accuse

Passaporti falsi per i latitanti, nei guai un 68enne di Mileto
Il Tribunale di Firenze

C’è anche Francesco Nicodemo Callà, 68 anni, di Mileto, fra i 23 indagati nei cui confronti la Dda di Firenze ha chiuso le indagini preliminari nell’ambito del troncone dell’inchiesta – alla quale hanno lavorato anche le Procure distrettuali di Reggio Calabria e Milano – nell’ambito dell’operazione “Nuova Narcos Europea”. Francesco Callà nelle intercettazioni veniva chiamato «Frank». Quando i poliziotti fanno le verifiche sul numero di telefono, la scoperta: il cellulare è intestato al Ministero dell’Interno. Il tempo di un ulteriore esame ed emerge che il reale utilizzatore è un impiegato civile del commissariato di polizia di Legnano nel frattempo in pensione: Nicodemo Francesco Callà che viene arrestato nel novembre dello scorso anno su ordine del gip di Firenze Giampaolo Boninsegna, in passato gip a Reggio Calabria e poi pm della Dda di Catanzaro con delega sul territorio vibonese. [Continua in basso]

Callà, originario di Mileto, ma residente nel Legnanese, è accusato di aver fornito agli uomini dei clan Gallace di Guardavalle e Molé di Gioia Tauro passaporti usati anche per far espatriare latitanti. A casa di Frank Callà, la polizia ha sequestrato un Rolex. Il suo presunto referente è Emanuele Fonti, considerato dagli inquirenti il trait d’union tra gli affiliati alla ‘ndrangheta e i complici incaricati di recuperare la droga importata dal Sud America. In particolare Callà è accusato di aver «clonato» passaporti per tre latitanti: «Quando era il capo settore diciamo dell’ufficio passaporti, era allo sportello… bum bum e faceva». Si racconta di seimila euro a passaporto, con il prezzo salito – copn Callà in pensione – sino a ottomila. La pratica sul passaporto di Fonti è risultata trattata proprio da Callà. Nei dialoghi intercettati Fonti fa riferimento a un altro passaporto fornito a «un conoscente mezzo latitante». Gli inquirenti risalgono così al nome di Francesco Riitano, 41 anni, con il quale il gruppo era in contatto, che infatti al momento di un suo precedente arresto era stato trovato con un passaporto e altri documenti intestati a un 36enne. I poliziotti verificano l’iter del suo passaporto e scoprono che è sempre Callà a gestire la pratica. Sul documento però c’era la fotografia di Ciccio Riitano. A quel punto scattano i controlli anche su altri passaporti ed emergono i tre documenti «clonati». I dati sono di persone reali ma al posto della loro foto c’è quella dei latitanti.

Rocco Molè

Gli altri destinatari dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari vergato dalla Dda di Firenze sono: Rocco Molè, 27 anni, di Gioia Tauro (figlio del boss ergastolano Girolamo Molè); Francesco Riitano, 41 anni, di Guardavalle; Mario Palamara, 53 anni, di Melito Porto Salvo; Giuseppe Antonio Ierace, 43 anni, di Guardavalle; Emanuele Fonti, 62 anni, residente a Casorezzo (Milano); Antonino Fonti, 39 anni, residente a Rapallo; Elisa Fonti, 33 anni, di Milano; Rosalia Celesti, 58 anni, di Messina; Massimo Antonini, 65 anni, di Livorno; Mario Billi, 43 anni, di Livorno; Giordano Farioli, 62 anni, di Castelnuovo Garfagnana; Fabio Cioni, 61 anni, di Livorno;  Antonio Catalano, 46 anni, di Benevento, irreperibile; Simone Ficarra, 30 anni,  di Gioia Tauro; Domenico Ficarra, 38 anni, di Gioia Tauro;  Enrico Fedeli, 60 anni,  residente a Magenta;  Carlo Bronzati, 33 anni, di Genova; Andrea Frascà, 37 anni, di Badolato; Carmelo Maesano, 48 anni, di Melito Porto Salvo; Giacomo Pugliese, 51 anni, di Montebello Jonico;  Marco Luigi Zaninello, 48 anni, di Milano e Natale Ursino, 52 anni, di Locri.

Associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, con l’aggravante mafiosa, detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio, favoreggiamento personale i reati, a vario titolo, contestati agli indagati che avranno ora venti giorni di tempo per chiedere al pm di essere interrogati o presentare memorie difensive attraverso i rispettivi avvocati.

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