Il presidente della Provincia ed il sindaco di Vibo interpellati per lo scioglimento del Comune di Soriano
E’ quanto emerge dalla relazione della Prefettura che ha portato al commissariamento per infiltrazioni mafiose. I due amministratori chiamati ad esprimersi quali componenti del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. Al matrimonio “contestato” all’ex primo cittadino Bartone presente pure un sottosegretario. Ecco tutti i paradossi e gli inediti della vicenda
Luci e ombre nella relazione della Prefettura di Vibo – pubblicata sulla Gazzetta ufficiale – che ha portato allo scioglimento degli organi elettivi del Comune di Soriano Calabro per infiltrazioni mafiose. Ci occupiamo oggi di diverse anomalie presenti nella relazione. Iniziamo da un rilievo che viene mosso all’assessore Maria Teresa Primerano ed al Comune di Soriano Calabro. La stessa, stando alla relazione della Prefettura, è infatti cugina di due dei tre giovani rimasti vittime di un incidente stradale avvenuto in data 23 giugno 2019 e che ha sconvolto un’intera regione. Il padre di uno dei tre giovani deceduti viene indicato nella relazione quale «affiliato al locale di ‘ndrangheta di Ariola» con la seguente aggiunta: «evento sovvenzionato dal Comune di Soriano Calabro con….omissis”.
I nomi dei ragazzi e tutto il resto sono omissati e nulla viene detto in più. Non si capisce, dunque, se si contesta al Comune – come pare – di aver pagato (sovvenzionato) le spese per i funerali dei tre giovani deceduti. Se così fosse, ritenere un condizionamento mafioso nel Comune di Soriano o sugli amministratori sol perché l’ente locale ha pagato i funerali di tre giovani morti in un drammatico incidente stradale – che ha avuto vasto eco in tutta la regione proprio per la giovanissima età delle vite spezzate – appare a dir poco eccessivo e fuorviante. Anche perché gli omissis non aiutano neppure a capire chi è il padre di uno dei tre giovani (o meglio di uno dei due cugini omonimi) che viene ritenuto «affiliato al locale di ‘ndrangheta di Ariola». Per la cronaca: il 23 giugno 2019 sono morti in un incidente stradale lungo la Trasversale delle Serre i cugini omonimi Salvatore Farina e Natale Chiera, tutti di età compresa fra i 18 ed i 22 anni. La loro auto è andata a schiantarsi contro un furgone e sono deceduti sul colpo. Un quarto giovane è rimasto gravemente ferito.
Il presidente della Provincia chiamato ad esprimersi su Soriano
La parte della relazione che però sta destando più scalpore e disorientamento è quella relativa al passaggio dal quale si apprende che il 17 marzo scorso si è tenuta una riunione in Prefettura a Vibo del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica chiamato ad esprimersi sullo scioglimento del Comune di Soriano Calabro per infiltrazioni mafiose. Accanto ai vertici provinciali delle forze dell’ordine, al procuratore di Vibo ed a quello aggiunto della Dda di Catanzaro, sono stati chiamati ad esprimersi su Soriano Calabro anche (riportiamo testualmente) «il presidente della Provincia di Vibo Valentia ed il sindaco di Vibo» i quali «prendendo atto delle risultanze dell’attività dell’organo ispettivo, non hanno espresso rilievi rispetto alla prospettata ipotesi circa l’esistenza di condizionamenti criminali sull’amministrazione civica di Soriano Calabro». Ricordiamo che presidente della Provincia e sindaco della città capoluogo fanno parte del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Ora, al di là della correttezza formale o meno in ordine alla presenza di un presidente della Provincia e di un sindaco quando c’è da decidere lo scioglimento per infiltrazioni mafiose di un altro ente locale (venendo così a conoscenza i due presenti di notizie riservate) ed al di là se esistono o meno dei precedenti al riguardo, ciò che importa ai cittadini è l’aspetto sostanziale: per la prima volta ad esprimersi se vi siano o meno condizionamenti mafiosi in un Comune è stato chiamato un presidente della Provincia che – alla data della riunione, il 17 marzo 2022 – si trovava già rinviato a giudizio da ben cinque mesi per i seguenti reati: turbativa d’asta con l’aggravante mafiosa, estorsione elettorale e corruzione. Salvatore Solano, infatti, quale presidente della Provincia è stato rinviato a giudizio il 20 ottobre 2021 dinanzi al Tribunale di Vibo e si trova tuttora imputato nel processo nato dall’operazione antimafia “Petrol Mafie” (nota anche come “Rinascita Scott 2”) condotta dalla Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri. La Provincia nel settembre dello scorso anno ha inoltre deliberato la costituzione di parte civile dell’ente nello stesso processo (con decreto firmato dall’allora vicepresidente) anche nei confronti del suo presidente (per il reato aggravato dalle finalità mafiose) ed altri imputati accusati di associazione mafiosa fra cui il cugino del presidente (Giuseppe D’Amico, arrestato). Lo stesso Giuseppe D’Amico che risponde in concorso con Solano per gli altri reati (corruzione, estorsione elettorale e turbativa d’asta aggravata dal metodo mafioso).
Stando così le cose, per la prima volta in Italia – e siamo certi di ciò che scriviamo circa l’unicità del caso – un presidente della Provincia sotto processo in un’inchiesta istruita da una Dda si è trovato ad esprimere il proprio parere sullo scioglimento o meno di un Comune per infiltrazioni mafiose. Un dato di fatto riportato dalla relazione prefettizia su Soriano Calabro che sta creando forte disorientamento fra i cittadini che si chiedono come tutto ciò sia stato possibile ed i motivi per i quali, ad oggi, la Prefettura di Vibo Valentia non ha inviato alcuna Commissione di accesso agli atti alla Provincia. Del pari, analoga richiesta di accesso agli atti e spiegazioni al prefetto Roberta Lulli circa il mancato invio di una Commissione di accesso agli atti alla Provincia per accertare eventuali infiltrazioni mafiose dopo il rinvio a giudizio del suo presidente, è stata fatta nei giorni scorsi dal presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra. Com’è possibile, dunque, alla luce delle motivazioni dello scioglimento del Comune di Soriano Calabro che alla Provincia di Vibo e, per come sollevato dal senatore Nicola Morra anche al Comune di Tropea, non sia stata inviata sinora alcuna Commissione di accesso agli atti? Determinate situazioni di fatto (rapporti, vicinanze, relazioni, legami, ecc.) valgono solo se riferite a Soriano e non valgono se interessano invece la Provincia ed il Comune di Tropea? Ma in questa vicenda c’è molto di più.
Il sindaco di Vibo chiamata ad esprimersi su Soriano
A doversi esprimere sullo scioglimento o meno del Comune di Soriano è stata infatti chiamata anche il sindaco di Vibo Valentia – quale componente del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica – Maria Limardo. E qui emergono ulteriori paradossi: stando alla relazione di scioglimento del Comune di Soriano, infatti, al vicesindaco Salvatore Inzillo viene “contestato” di essere il «nipote di un ex sorvegliato speciale tratto in arresto nel luglio 1999 dalla Dia di Catanzaro in un’inchiesta della Dda di Firenze unitamente ad esponenti ed affiliati al locale di ‘ndrangheta di Limbadi per associazione a delinquere aggravata dalle modalità mafiose». Ora si dà il puro caso che tale soggetto ex sorvegliato speciale arrestato con il clan Mancuso non è solo zio dell’ex vicesindaco di Soriano, Salvatore Inzillo, ma è anche il cognato di un’attuale consigliera comunale di Vibo Valentia eletta fra le fila della maggioranza a sostegno proprio del sindaco Maria Limardo e poi passata all’opposizione o quasi. Ed allora c’è da chiedersi: la parentela controindicata vale se si è amministratori nel Comune di Soriano Calabro e non vale se si è consiglieri comunali a Vibo Valentia? La stessa consigliera comunale (che non è indagata e non risulta citata in alcuna relazione, lo scriviamo a scanso di ogni equivoco) è anche consigliera provinciale a sostegno del presidente Salvatore Solano che le ha conferito – proprio nel marzo scorso e tre giorni prima della riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica chiamato ad esprimersi sul Comune di Soriano – delle apposite deleghe. Ed anche qui, allora, la medesima domanda: la parentela controindicata vale se si è amministratori nel Comune di Soriano e non vale più se si è consiglieri provinciali a Vibo Valentia?
Ed ancora, ulteriore paradosso: sul Comune di Vibo Valentia – di cui Maria Limardo è sindaco – è stata aperta da tempo un’inchiesta dal pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, di cui abbiamo dato notizia (LEGGI QUI: Inchiesta sul Comune di Vibo, ecco le ipotesi di reato e tutti i documenti acquisiti) nell’ottobre 2019 (l’amministrazione Limardo si è insediata nel giugno 2019) quando le Fiamme Gialle del comando provinciale – su delega della Procura antimafia – hanno acquisito una mole enorme di documenti proprio al Municipio di Vibo ipotizzando i reati di concorso esterno in associazione mafiosa e illecita concorrenza con minaccia o violenza aggravata dal metodo e dalle finalità mafiose. L’inchiesta, da quanto ci risulta, non è stata affatto archiviata ma è tuttora in corso. [Continua in basso]
Altro paradosso: il sindaco Maria Limardo è stata chiamata in Prefettura a pronunciarsi sullo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Soriano Calabro, ma all’interno del Consiglio comunale di Vibo sono ben dieci i consiglieri comunali richiamati – proprio per rapporti o parentele controindicate – nelle carte delle operazioni antimafia Rinascita Scott, Rimpiazzo e Nuova Alba. In particolare, un consigliere comunale di maggioranza è risultato essersi recato, quale invitato, al matrimonio del figlio di un esponente di spicco del clan Lo Bianco-Barba in compagnia del defunto boss di Vibo Carmelo Lo Bianco, alias “Sicarro”, ed i due (boss e futuro consigliere comunale) sono stati intercettati mentre parlavano di lupare bianche, del boss di Tropea Tonino La Rosa e di altra persona poi arrestata in Rinascita Scott. E proprio ad un matrimonio occorre ritornare per concludere sulle anomalie che emergono leggendo la relazione prefettizia che ha portato allo scioglimento del Comune di Soriano.
Sindaco, esponenti dei clan e un sottosegretario allo stesso matrimonio
Il 19 luglio 2021 si è sposata in Sicilia una figlia del sindaco di Soriano Calabro, Vincenzo Bartone. La relazione della Prefettura di Vibo che ha portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune evidenzia che a tale matrimonio erano presenti alcuni soggetti (almeno 8 ritenuti dalla relazione «criminalmente rilevanti») controindicati in quanto considerati affiliati, vicini o in rapporti con clan mafiosi di cui uno indagato a piede libero per un omicidio commesso il 4 marzo 2018. Il sindaco, interrogato dai componenti della Commissione di accesso agli atti, ha dichiarato – secondo quanto riportato nella relazione – che tali soggetti erano stati invitati al matrimonio dal suocero. Vera o non vera tale circostanza riferita dal sindaco, il dato di reale interesse in tale vicenda – per come emerge seguendo il filo logico della relazione – è un altro: non è possibile che allo stesso matrimonio siano contemporaneamente presenti un amministratore pubblico – il sindaco Vincenzo Bartone nel caso di specie – e soggetti ritenuti vicini ad un clan mafioso. La “contestazione” non fa una piega e ci sta tutta perché chi ricopre incarichi pubblici elettivi non può permettersi tali leggerezze e deve tenere gli occhi aperti su dove va e con chi si ritrova (più o meno) accanto. Cosa succede, però, se allo stesso matrimonio ha preso parte pure un sottosegretario di Stato? (da quanto abbiamo accertato su invito dello sposo).
Basta una veloce ricerca sul social network Facebook per trovare infatti foto pubbliche che ritraggono il sottosegretario Dalila Nesci (all’epoca M5S, nata e residente a Tropea) fra gli invitati al medesimo matrimonio, ritratta in fotografie anche in compagnia dell’allora sindaco Vincenzo Bartone (di Forza Italia). «Il matrimonio della figlia del sindaco (benché svoltosi in altra Regione) – si legge nella relazione della Prefettura di Vibo – è stato motivo per suggellare il consorzio tra l’Amministrazione e la locale ‘ndrina, attesa la presenza di numerosi esponenti apicali delle consorterie del sorianese alle nozze».
Dunque, stando alla relazione della Prefettura di Vibo, tale matrimonio della figlia del sindaco di Soriano Calabro, celebrato in Sicilia, sarebbe stato l’occasione per stringere un’alleanza fra gli amministratori di Soriano ed i locali esponenti di un clan della ‘ndrangheta. C’è da chiedersi quindi: possibile tutto ciò (l’alleanza fra gli amministratori di Soriano e i mafiosi presenti al matrimonio) sia avvenuto sotto il naso di un sottosegretario che è anche componente della Commissione parlamentare antimafia? Sia chiaro: nessuno accusa l’onorevole Dalila Nesci di nulla e meno che mai di rapporti con alcun ambiente contrindicato. Ma le considerazioni sono differenti: abbiamo un sindaco che dichiara di non aver saputo chi erano gli invitati dalla parte del suocero al matrimonio di sua figlia ed un sottosegretario presente allo stesso matrimonio su invito dello sposo. La Prefettura di Vibo che ha redatto la relazione di scioglimento sul Comune di Soriano sapeva della presenza del sottosegretario al medesimo evento?
Ed infine, alla luce di tutto ciò, come si conciliano le “contestazioni” mosse agli amministratori di Soriano Calabro con il mancato invio – per come sollevato dal presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra – delle Commissioni di accesso agli atti in altri enti locali come la Provincia di Vibo, il Comune di Tropea e – aggiungiamo a questo punto – anche lo stesso Comune di Vibo Valentia più altri enti locali emersi nell’inchiesta Rinascita Scott? A chi di dovere le risposte.
LEGGI ANCHE: Comune di Soriano e infiltrazioni mafiose: la relazione della Prefettura di Vibo fra luci e ombre
Inchiesta sul Comune di Vibo, ecco le ipotesi di reato e tutti i documenti acquisiti
Comune di Tropea e infiltrazioni mafiose: Morra chiede al prefetto di Vibo l’accesso agli atti
Morra al prefetto di Vibo: “Mandi la Commissione di accesso alla Provincia”
Antimafia: il sindaco di Capistrano replica a Morra ma alcune date non tornano