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Rimpiazzo: Colace si salva dalla misura, ma solo perché i giudici lo ritengono detenuto

Nella stessa giornata della decisione del Tribunale collegiale di Vibo Valentia, il gip distrettuale l’ha invece scarcerato per l’omicidio Covato. Ecco tutti i passaggi della vicenda

Rimpiazzo: Colace si salva dalla misura, ma solo perché i giudici lo ritengono detenuto
Nel riquadro Nazzareno Colace
Nazzareno Colace

Si salva per il “rotto della cuffia” dalla nuova misura cautelare per l’operazione “Rimpiazzo”, Nazzareno Colace, 57 anni di Portosalvo, condannato l’11 aprile scorso dal Tribunale di Vibo Valentia a 8 anni nel processo nato dall’operazione antimafia denominata “Rimpiazzo”. Anche nei suoi confronti, infatti, la Dda di Catanzaro aveva chiesto l’arresto unitamente ad esponenti del clan dei Piscopisani finiti oggi in carcere. Nel rigettare la misura cautelare, il Tribunale collegiale di Vibo Valentia (Tiziana Macrì presidente, giudici a latere Mariachiara Sannino e Laerte Conti) nella decisione del 13 luglio scorso (alla quale è stata data esecuzione stamane dalla polizia) ha spiegato che per Nazzareno Colace – al pari di Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni” – “deve escludersi l’applicazione di ogni misura inframuraria nei confronti degli imputati che risultano attualmente sottoposti a misura cautelare per altra causa” come, appunto, Nazzareno Colace, Pantaleone Mancuso (Scarpuni, condannato in “Rimpiazzo” ad 8 anni) e Francesco Romano, quest’ultimo di Briatico e condannato in “Rimpiazzo” a 13 anni e 5 mesi per narcotraffico. “Considerato infatti – scrive il Tribunale – che in tali ipotesi l’applicazione di un’ulteriore misura, sia essa custodiale che obbligatoria, non apporterebbe alcun presidio aggiuntivo alla tutela delle sottese esigenze cautelari, finendo inevitabilmente per sovrapporsi con il contenuto della misura già in essere”. Nazzareno Colace viene ritenuto vicinissimo a Pantaleone Mancuso ed entrambi contrapposti al clan dei Piscopisani. [Continua in basso]

Il destino ha voluto che proprio il 13 luglio scorso, il gip distrettuale di Catanzaro – accogliendo un’istanza degli avvocati Francesco Sabatino e Francesco Gambardella – abbia disposto per Nazzareno Colace il divieto di dimora e l’obbligo di firma nell’ambito del procedimento per l’omicidio di Francesco Covato, scomparso nel 1990. Colace ha così lasciato il carcere per l’omicidio Covato, evitando che il Tribunale di Vibo Valentia prendesse atto della sua avvenuta scarcerazione e motivando invece sul suo conto ritenendolo ancora detenuto. Bisognerà quindi capire se ora la Dda di Catanzaro avanzerà nuovamente la misura cautelare in carcere per Nazzareno Colace per l’operazione “Rimpiazzo”, atteso che per l’inchiesta sull’omicidio Covato è stato scarcerato. Da ricordare, infine, che Nazzareno Colace è stato condannato in primo grado – il 31 luglio 2018, al termine del processo con rito abbreviato – a 14 anni di reclusione nel processo “Costa Pulita”, ma nell’ottobre 2020 è stato scarcerato per tale inchiesta in quanto scaduti i termini massimi di custodia cautelare (l’operazione Costa Pulita è scattata infatti nell’aprile del 2016 e ancora si sta celebrando il processo d’appello, con forte ritardo in quanto il gup distrettuale di Catanzaro ha impiegato ben due anni per depositare le motivazioni della sentenza).

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