Elezioni e inchieste: da Filogaso a Capistrano, ecco l’interesse della Dda di Catanzaro
I carabinieri e la Guardia di Finanza con le operazioni Rinascita Scott, Imponimento e Petrol Mafie ricostruiscono vicende che chiamano in causa consiglieri comunali e amministratori dei due paesi impegnati il 12 giugno con il rinnovo degli organi elettivi
Mentre si susseguono gli appelli agli elettori da parte dei vari candidati in vista dell’appuntamento elettorale del 12 giugno che vedrà alle urne anche i cittadini di 12 centri del Vibonese, nell’esaminare le liste si scoprono facilmente situazioni sulle quali in molti – fra politici, “professionisti” dell’antimafia e organismi deputati al controllo sugli enti locali – hanno preferito voltarsi dall’altra parte e sulle quali occorre invece soffermarsi. [Continua in basso]
Filogaso e la vicenda del vicesindaco
E’ una recente informativa dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia del 29 aprile 2020 – confluita nel maxiprocesso Rinascita Scott – ad affrontare il capitolo sui “Tentativi di ingerenza nell’ente comunale di Filogaso” (per come intitolato dagli stessi inquirenti). Gli investigatori spiegano infatti che Daniele Rachieli, 37 anni, attuale vicesindaco e ricandidato alle prossime elezioni comunali con la lista “Si ama Filogaso” – che sostiene il primo cittadino uscente Massimo Trimmeliti – aveva ricevuto delle lettere di avvertimento da parte di un presunto affiliato al clan Bonavota della vicina Sant’Onofrio. Lettere che sarebbero state la conseguenza di un suo intervento nel contesto di alcuni dissidi privati che riguardavano un suo amico. La vicenda sarebbe finita – secondo le intercettazioni acquisite nel fascicolo di Rinascita Scott – con Daniele Rachieli pronto ad affrontare il problema in modo tutt’altro che…istituzionale.
«Rachieli aveva chiesto l’intercessione di terze persone – scrivono gli investigatori – le quali si erano recate “là sopra” (verosimilmente riferito a Sant’Onofrio) – affinché venisse imposto» ad un giovane ritenuto vicino ai Bonavota di lasciare in pace l’amico del vicesindaco. «Ciò aveva suscitato l’ira del giovane sodale santonofrese, il quale aveva maturato l’intenzione di affrontare il Rachieli – ricostruiscono i carabinieri – e di picchiarlo. Tuttavia, il maggior rammarico dell’odierno indagato», cioè Paolo Petrolo (cl. ‘93), di Sant’Onofrio, attualmente sotto processo in Rinascita Scott, «derivava dal fatto che le imbasciate inviate da Rachieli erano giunte a Sant’Onofrio per il tramite “degli ultimi del paese”, intesi quali esponenti di basso rango della criminalità, dei quali il Petrolo non nutriva alcun timore». In sostanza, ad avviso degli investigatori, il vicesindaco Daniele Rachieli anziché rivolgersi alle forze dell’ordine per denunciare l’accaduto, avrebbe inviato “imbasciate” a Sant’Onofrio attraverso esponenti di basso rango della criminalità locale. [Continua in basso]
Tale vicenda, quindi, per gli inquirenti mette in evidenza come «persino un esponente della giunta comunale di Filogaso, sentendosi minacciato da un sodale della consorteria di ‘ndrangheta di Sant’Onofrio, non procedeva a darne avviso alle autorità preposte – ad oggi non risulta alcuna denuncia sporta da Rachieli su tali fatti -, bensì preferiva intercedere sul predetto sodale mediante i canali della criminalità organizzata, facendo giungere una richiesta di cessazione di quelle minacce ai maggiorenti della consorteria». Ciò rivela – è annotato in conclusione dagli investigatori – come «a Filogaso anche le locali istituzioni siano ormai assuefatte da un clima di omertà che verosimilmente condiziona anche la politica del paese, riconoscendo il potere assunto dalla ’ndrangheta su quel territorio».
Dinatolo a difesa di Rachieli
Dopo tale vicenda portata alla luce dalla nostra testata, a dare una lettura diversa degli eventi era stato il presidente del Consiglio comunale di Filogaso, Andrea Dinatolo. «Il Consiglio comunale, dopo aver costatato che veniva attribuito al vicesindaco di aver tenuto un atteggiamento omertoso (mancata denuncia) in seguito ad una presunta lettera minatoria che lo stesso avrebbe ricevuto nell’estate del 2016, allorquando quest’ultimo rivestiva la carica di assessore nell’amministrazione Barba, ha invitato il vicesindaco a chiarire prontamente la vicenda dinanzi alle autorità preposte, cosi come è già avvenuto. A chiarimento della questione, si rileva che nell’estate del 2016 il vicesindaco non ha ricevuto alcuna lettere minatoria confacente lo svolgimento della propria attività amministrativa presso l’ente – ha dichiarato Dinatolo – trattandosi di un bigliettino apposto e ritrovato sul parabrezza della propria autovettura, che successivamente si è rivelato una burla perpetrata ai suoi danni da un gruppo di amici, che lo invitava a non frequentare una vicina località». Anche Andrea Dinatolo è ricandidato alle prossime elezioni comunali con la lista “Si ama Filogaso”. [Continua in basso]
Rachieli nelle Strutture della Regione
Daniele Rachieli nell’aprile del 2020 era stato nominato dall’allora consigliere regionale Vito Pitaro (eletto con la lista “Santelli presidente”) suo segretario particolare. Non ricandidato Vito Pitaro in Consiglio regionale, Daniele Rachieli nel dicembre scorso è stato nominato segretario particolare al 50% del consigliere regionale di Forza Italia Michele Comito. Percepirà 20.386,32 euro all’anno per un importo complessivo sino a fine legislatura di 97.627,82 euro.
Capistrano e il sindaco
E’ sfida a due (almeno sulla carta) a Capistrano fra il sindaco uscente Marco Martino, ex Udc e dallo scorso anno transitato in Forza Italia, e Rocco Tino, militare dell’Esercito. Marco Martino nel gennaio del 2020 era commissario provinciale e coordinatore nazionale dei giovani dell’Udc quando – sponsorizzato politicamente da Lorenzo Cesa e Gaetano Ottavio Bruni – si era candidato al Consiglio regionale proprio con l’Udc non venendo però eletto (aveva ottenuto 2.849 voti). Nel giugno del 2020 era stato quindi l’allora consigliere regionale Vito Pitaro a complimentarsi pubblicamente con Marco Martino per aver lanciato il movimento “Cultura Calabria” lasciando l’Udc. «Non è facile – aveva affermato nell’occasione Pitaro – tranciare i fili che legano ad un partito dopo anni di militanza e sacrificio. Marco Martino l’ha fatto senza abbattersi e sento di dover complimentarmi – aveva concluso Pitaro – con questo giovane sindaco, che rappresenta un cambio di passo generazionale in un contesto, quello calabrese, che spesso viene identificato come eccessivamente tradizionalista». Nell’agosto 2021 Marco Martino è quindi passato fra le fila di Forza Italia, ricevendo il pubblico plauso del coordinatore regionale degli azzurri, il senatore Giuseppe Mangialavori. «La grande comunità di Forza Italia è lieta di accogliere Marco Martino, un giovane amministratore – aveva affermato Mangialavori – che saprà dare il suo contributo per la crescita del nostro grande partito».
Capistrano senza opposizione
A Capistrano nei mesi scorsi l’attuale maggioranza aveva festeggiato la totale adesione fra le loro fila anche di tutti i consiglieri eletti con la minoranza. Una situazione politica particolare perché alle scorse amministrative del 2017 Antonio Pisani (ora ricandidato con il primo cittadino uscente) era stato eletto consigliere comunale e poi nominato assessore dal sindaco Marco Martino, dimettendosi però successivamente dalla carica di assessore e favorendo così l’ingresso in giunta addirittura di un consigliere comunale eletto con la minoranza (e quindi in una lista nel 2017 contrapposta a Marco Martino), vale a dire Vito Pirruccio, nominato dal sindaco quale suo assessore (ora ricandidato ed attualmente pure consigliere provinciale). Nel corso della consiliatura si sono poi dimessi i consiglieri di minoranza Marcello Caputo e Domenico Mesiano ed al loro posto sono subentrati Vito Antonio Montesano e Raffaele Maida che sono subito passati con il gruppo di maggioranza (pur essendo stati eletti ed avendo chiesto voti nel 2017 in una lista contrapposta a Martino). In pratica l’opposizione in Consiglio comunale a Capistrano è sparita. Vito Antonio Montesano e Raffaele Maida sono ora candidati a consiglieri comunali nella lista a sostegno del sindaco uscente Marco Martino.
Il consigliere imputato in Imponimento
Fra i consiglieri comunali di maggioranza uscente c’è anche Bruno Cortese che troviamo ora ricandidato nella lista dell’aspirante sindaco Rocco Tino (quindi – almeno sulla carta – in uno schieramento contrapposto a Marco Martino). Bruno Cortese – che al momento non ha comunicato pubblicamente alcun distacco in Consiglio comunale dalla maggioranza – dal giugno 2021 si trova sotto processo, essendo stato rinviato a giudizio nell’ambito dell’operazione antimafia denominata Imponimento.
A Bruno Cortese, 66 anni, viene contestata l’accusa di traffico di influenze illecite. In particolare, Nazzareno Bellissimo (39 anni, di Monterosso Calabro, arrestato nell’operazione) – sfruttando le relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale ovvero l’incaricato dell’Inail di Vibo Valentia preposto alla procedura relativa all’indennizzo per un incidente sul lavoro di Bruno Cortese – indebitamente si faceva promettere e consegnare la somma di 400,00 euro in più rate per la mediazione, con Fabio Schicchi (52 anni, di Lamezia, condannato in abbreviato a 4 anni e 6 mesi) che avrebbe agito per le medesime finalità verso il pubblico ufficiale al fine di conseguire un maggiore punteggio di invalidità conseguente all’infortunio sul lavoro subito da Cortese, con conseguente aumento della rendita mensile.
Bruno Cortese è accusato di aver indebitamente promesso e consegnato a Bellissimo tali somme di danaro, conseguendo l’aumento della rendita mensile da euro 153,47 a euro 191,25 a decorrere dalla data dell’1 giugno 2016. Il reato è aggravato dall’agevolazione mafiosa ovvero le attività del clan Anello-Fruci. Insieme a Bruno Cortese, con la stessa accusa (più quella di truffa aggravata), si trova sotto processo anche un suo nipote: Francesco Cortese. Il Comune di Capistrano nel processo Imponimento è costituito parte civile.
Il figlio del consigliere in carcere
Il consigliere Bruno Cortese è il padre di Daniele Cortese, 31 anni, attualmente in carcere per l’operazione della Dda di Catanzaro denominata “Anteo”. Daniele Cortese – sotto processo con rito abbreviato – insieme ad Emanuele Mancuso è accusato di spaccio, nonché associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e viene ritenuto uno dei “principali e costanti canali di rifornimento degli stupefacenti del tipo cocaina e marijuana”. Unitamente ad Emanuele Mancuso, Daniele Cortese è anche accusato nell’operazione Anteo del reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Sul suo conto, il collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso ha, fra l’altro, dichiarato: «Con Cortese Daniele eravamo intimi amici ed avevamo affari illeciti in comune. Cortese, come gli altri, riconosceva l’autorità degli Anello sulla zona, ma in realtà non voleva dipendere da Anello e dargli conto e sognava la creazione di un gruppo autonomo su Capistrano del quale potessi far parte pure io». Daniele Cortese anche prima dell’operazione Anteo del maggio dello scorso anno era stato arrestato per reati legati agli stupefacenti.
L’operazione Petrol Mafie e le elezioni provinciali
Scattata nell’aprile dello scorso anno, l’operazione Petrol Mafie, detta anche “Rinascita Scott 2”, mira a far luce pure su quanto avvenuto nel corso delle elezioni provinciali del 2018. Con l’accusa di estorsione elettorale sono stati infatti rinviati a giudizio l’attuale presidente della Provincia di Vibo, Salvatore Solano, ed il cugino Giuseppe D’Amico (quest’ultimo in carcere pure per associazione mafiosa, narcotraffico ed altri reati). In tale capo di imputazione, la Dda di Catanzaro ricostruisce pure il sostegno elettorale arrivato a Solano da diversi paesi e fra questi Capistrano.
Scrivono i magistrati guidati dal procuratore Nicola Gratteri: “Giuseppe D’Amico riferiva a Solano di essersi accaparrato il sostegno elettorale di: Pasquale Fera, del sindaco di Capistrano Marco Martino, dell’allora vicesindaco di Filandari Muzzopappa, di Giovanni Macrì sindaco di Tropea, di Valia Carmela, all’epoca consigliere comunale di Vibo Valentia, cognata – sottolinea la Dda di Catanzaro – di Pietro Giamborino. Proprio con quest’ultimo, lo stesso D’Amico avrebbe poi dovuto tornare in argomento come richiesto anche da Solano”. Numerosi sono i contatti fra i due cugini – Giuseppe D’Amico e Salvatore Solano – in vista delle elezioni provinciali ed anche nello stesso giorno del voto. La Dda di Catanzaro evidenzia, fra l’altro, alcuni particolari degni di nota sul presunto mancato rispetto della segretezza del voto.
“Si apprendeva che D’Amico, che reiteratamente raccomandava al cugino di mantenere un atteggiamento di discrezione, aveva chiesto – sottolineano gli uomini del procuratore Gratteri – la prova fotografica del voto espresso. Prova fotografica che del resto Solano aveva ricevuto anche da Marco Martino – sottolineano ancora i magistrati antimafia – , sindaco di Capistrano (Solano: Capistrano ci ha votato … Marco mi ha mandato la foto … il sindaco).
Il sindaco di Capistrano, Marco Martino, non risulta indagato e lo scorso anno – venute fuori le carte dell’inchiesta – ha smentito tale ricostruzione degli inquirenti sottolineando di non aver fotografato alcun suo voto da mostrare poi a Solano. L’intera vicenda delle elezioni provinciali del 2018 si trova attualmente al vaglio del Tribunale collegiale di Vibo Valentia chiamato a giudicare anche le ipotesi di reato contestate in concorso ai cugini Salvatore Solano (ricandidato ora a sindaco di Stefanaconi) e Giuseppe D’Amico.
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