Stefanaconi e Pizzo al voto: l’indagine Petrol Mafie ed i rapporti fra Solano, D’Amico e Muzzopappa
L’inchiesta della Dda di Catanzaro diretta dal procuratore Gratteri mette a nudo i legami di due aspiranti sindaci. La raccolta di voti per la Provincia di Vibo, la massoneria e le strategie politiche del piscopisano ritenuto persona di fiducia del boss Luigi Mancuso
E’ corsa alla firma di “Codici etici” in vista delle imminenti elezioni amministrative che si terranno nel Vibonese in dodici Comuni. Tutti in prima fila per aderire all’appello dell’associazione antimafia Libera al fine di assicurare “legalità e trasparenza” e – almeno a parole – massima “distanza da ogni contatto con esponenti della criminalità organizzata o persone ad essa vicine”, oltre al rigetto totale di logiche mafiose e sistemi di potere di varia natura. Fra il dire e il fare, però, c’è spesso di mezzo il mare e la politica vibonese continua a perdere in molti casi il pelo ma non il vizio. Perché si possono sottoscrivere tutti i “Codici etici” di questo mondo, ma se non si è in grado di mantenere le distanze da alcuni “personaggi” e capire chi tenere lontani, è poi difficile pretendere di “lavare” tutto con il voto.
Basta infatti un po’ di memoria e la semplice lettura delle carte delle principali operazioni antimafia (che la politica locale, al pari spesso delle varie associazioni antimafia, non legge o quando le legge fa finta di non averle capite) per scoprire che la realtà, nuda e cruda, è molto distante dalle belle parole che si sentono nei “salotti”, nei convegni e nei comizi. Come già in passato, iniziamo quindi il nostro “viaggio” mettendo a “fuoco” alcuni candidati di cui si sono occupati quegli stessi magistrati (con il procuratore Nicola Gratteri in testa) che i politici a parole elogiano. [Continua in basso]
Stefanaconi al voto
A Stefanaconi si ricandida il sindaco uscente, Salvatore Solano, che è anche presidente della Provincia di Vibo Valentia. Eletto primo cittadino nel giugno 2017, Solano dall’ottobre dello scorso anno si trova sotto processo dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia – operazione denominata Petrol Mafie (o anche Rinascita Scott 2) – per i reati di corruzione, estorsione elettorale e turbata libertà degli incanti, in quest’ultimo caso con l’aggravante mafiosa. Reati che sarebbero stati commessi nelle vesti di presidente della Provincia e di candidato alla presidenza. La Provincia di Vibo – con delibera firmata dall’allora vicepresidente dell’ente Domenico Anello (vicesindaco di Francavilla Angitola uscente e non ricandidato alle prossime comunali) – nell’agosto dello scorso anno ha firmato pure il decreto presidenziale di costituzione di parte civile dell’ente nel procedimento Petrol Mafie. In sostanza, l’ente Provincia ha conferito mandato ad un avvocato affinchè vada in aula in Tribunale ad affiancare la pubblica accusa (Dda di Catanzaro) nella dimostrazione della penale responsabilità degli imputati, fra i quali troviamo il presidente Salvatore Solano che non ha inteso dimettersi e si ricandida ora a sindaco di Stefanaconi.
Forza Italia, dal canto suo, dopo che nell’ottobre del 2018 aveva fortemente voluto e sostenuto Salvatore Solano alla guida della Provincia – e per bocca del suo principale sponsor politico, il senatore Giuseppe Mangialavori, il 31 ottobre 2018 aveva garantito che si trattava «del miglior amministratore che l’ente intermedio potesse sperare di avere» – dallo scorso anno ha scaricato Solano ed a Stefanaconi sostiene ora il suo avversario (che altri non è che il vicesindaco di Solano sino al giugno 2019). Si badi bene: Forza Italia non ha abbandonato Solano perché rinviato a giudizio in un’inchiesta antimafia (su ciò il partito di Berlusconi e Mangialavori non ha mai speso una parola), ma poiché ritiene abbia fallito quale presidente della Provincia, non risolvendo una serie di problemi che interessano le scuole e le strade. Naturalmente – se la politica nel vibonese seguisse una logica diversa dagli slogan e dalla rincorsa a poltrone e potere – il fallimento politico di Solano (se di fallimento si tratta lo stabiliranno questa volta gli elettori) mai come in questo caso sarebbe da considerare pure come il fallimento politico totale di Forza Italia (e del suo leader locale Mangialavori) che nel 2018 ha voluto ed imposto Solano assicurando fosse il miglior amministratore possibile. Ma la coerenza politica nel Vibonese è merce rara e così Forza Italia ha deciso di sostenere a Stefanaconi il candidato a sindaco Carmelo Disì, cioè il vicesindaco di Solano sino al giugno 2019, dimissionato dal primo cittadino. Accanto a Forza Italia, a sostenere Disì a Stefanaconi ci saranno (dietro le quinte ma non tanto) il gruppo dell’ex consigliere regionale Vito Pitaro e “Coraggio Italia”, la formazione politica del consigliere regionale Francesco De Nisi, dell’ex senatore Franco Bevilacqua, del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e del senatore Gaetano Quagliariello.
Tralasciamo in questo caso quanto sinora emerso nei maxiprocessi Rinascita Scott ed Imponimento – e raccontato a più riprese dalla nostra testata – sui leader locali di tali due formazioni politiche (oltre che di Forza Italia). Situazioni tragicomiche a cui si aggiunge la decisione della giunta comunale di Stefanaconi (con l’astensione del sindaco Salvatore Solano per conflitto di interessi) di affidarsi nel marzo scorso ad un avvocato al fine di difendere dinanzi al Tar un’ordinanza di demolizione, emessa dall’ufficio tecnico comunale, per lavori ritenuti abusivi e contestati a Nicola Solano (padre del sindaco) che ha deciso di impugnare l’ordinanza dinanzi al Tribunale amministrativo regionale. L’immobile si trova in via Giovanni XXIII n. 22 (stesso indirizzo e stesso immobile in cui risiede pure il sindaco Salvatore Solano). [Continua in basso]
I D’Amico cugini di Solano
L’operazione Petrol Mafie vede fra i principali indagati (tuttora detenuti) i fratelli Giuseppe ed Antonio D’Amico di Piscopio, titolari della Dmt Petroli, primi cugini di Salvatore Solano. Sono accusati dei reati di associazione mafiosa (clan Mancuso ma anche clan dei Piscopisani), riciclaggio, estorsione e altri reati, alcuni dei quali legati anche al traffico illecito con gli idrocarburi. Giuseppe D’Amico (accusato pure di narcotraffico) viene in particolare ritenuto “formalmente affiliato alla ‘ndrangheta con la dote della Santa”, prima con il clan dei Piscopisani e poi quale “uomo di fiducia della cosca Mancuso e di Luigi Mancuso”. Giuseppe D’Amico è inoltre il genero di Francesco D’Angelo, detto “Ciccio Ammaculata”, anche lui sotto processo nell’operazione Petrol Mafie ed indicato quale capo indiscusso del vecchio locale di ‘ndrangheta di Piscopio, poi divenuto di recente “uomo di fiducia di Luigi Mancuso”.
Antonio D’Amico – hanno evidenziato gli uomini del procuratore Gratteri – è invece sposato con una Gallace di Gerocarne, il cui padre (suocero, quindi, di Antonio D’Amico) è stato ucciso il 21 marzo 1993. Un fratello della moglie di Antonio D’Amico (quindi cognato di Antonio D’Amico) è stato invece ucciso il 25 ottobre 2003 nella c.d. “Strage di Ariola” dove ha perso la vita pure un altro Gallace, cugino dei primi. Gli inquirenti sono riusciti a documentare diversi incontri e rapporti dei D’Amico con i Mancuso di Limbadi, i Bonavota di Sant’Onofrio, i Fiarè di San Gregorio d’Ippona, gli Anello di Filadelfia, il clan dei Piscopisani e le consorterie reggine dei Piromalli di Gioia Tauro, Pelle di San Luca, Italiano di Delianuova. Giuseppe D’Amico avrebbe poi sostenuto economicamente gli associati detenuti in carcere.
Per i magistrati antimafia, “più volte, interloquendo con svariati accoscati, i fratelli D’Amico avrebbero fatto riferimento alle proprie entrature nel mondo politico istituzionale (accadeva nell’incontro con Mancuso Silvana del 30.11.2018; nell’incontro con Gallone Pasquale dell’01.02.2019; nell’incontro con Fiarè Francesco del 23.05.2019).
Nelle menzionate circostanze, gli indagati D’Amico – sottolineano i pm della Dda – ostentavano la propria vicinanza a Salvatore Solano, sindaco di Stefanaconi, eletto presidente della Provincia di Vibo il 31.10.2018. Vicinanza derivante dal rapporto di parentela che lega i D’Amico a Solano, loro primo cugino. «Effettivamente la sussistenza di tale relazione di conoscenza e frequentazione era suffragata dall’attività investigativa, atteso che Solano risultava avere – si legge negli atti dell’inchiesta – frequenti contatti telefonici con i fratelli D’Amico, con cui si incontrava in svariate occasioni». [Continua in basso]
Pizzo ed il candidato a sindaco Muzzopappa
L’inchiesta Petrol Mafie, nel trattare i presunti condizionamenti elettorali che sarebbero stati messi in piedi da Giuseppe D’Amico e Salvatore Solano in occasione delle scorse elezioni provinciali per la presidenza, dedica parecchio spazio anche all’avvocato Francesco Damiano Muzzopappa (non indagato) – già legale di D’Amico in delle procedure esecutive immobiliari – all’epoca consigliere comunale di Filandari ed ora candidato a sindaco di Pizzo con la lista “Città libera”. Dall’inchiesta – suffragata da numerose intercettazioni telefoniche – emerge il rapporto di amicizia e confidenza fra Giuseppe D’Amico e Francesco Damiano Muzzopappa, con quest’ultimo che infatti confidava al primo «le ragioni del suo ingresso nell’amministrazione del Comune di Filandari. La sua candidatura – ricostruiscono gli inquirenti – sarebbe stata a sindaco di quel centro ma, scoperto l’interesse di Fuduli Concettina Rita Maria (attuale primo cittadino), faceva un passo indietro in suo favore. Tuttavia, candidandosi nella lista di Fuduli – rimarcano la Dda ed i carabinieri del Ros di Catanzaro –, Muzzopappa aveva ottenuto un numero di voti tali da essere il secondo eletto. Risultato che gli avrebbe permesso di fare l’assessore. Ciò nonostante preferiva la presidenza del Consiglio comunale. Oltre a questo, vantava di possedere, su alcuni aspetti amministrativi di rilevante importanza, un’ampia delega di rappresentanza sia della sindaca sia dell’ente». Il riferimento è alle elezioni comunali di Filandari del maggio 2018.
Muzzopappa, D’Amico, Solano e la massoneria
«Nel corso della presente attività investigativa – riportano i carabinieri del Ros nella loro informativa che fa parte integrante dell’inchiesta Petrol Mafie della Dda di Catanzaro – è emerso come Giuseppe D’Amico fosse incline all’interlocuzione con la massoneria e come a un certo punto fosse addirittura in procinto di farvi ingresso. Con riferimento all’eventuale adesione del D’Amico alla massoneria, rilevavano tre telefonate, intercorse tra dicembre 2018 e gennaio 2019, riguardanti il rapporto del D’Amico con l’avvocato Muzzopappa Francesco Damiano: nella prima telefonata, registrata alle ore 17:19 del 05.12.2018, l’avvocato Muzzopappa informava D’Amico Giuseppe che “uno della nostra loggia è diventato Gran Secondo Sorvegliante”, quindi aggiungeva:“io sono l’inquirente nazionale…sono il pubblico ministero nazionale per quanto riguarda il Tribunale Massonico”.
Subito dopo, Muzzopappa chiedeva a Giuseppe D’Amico di dargli il numero di telefono del cugino Salvatore Solano (che il precedente 31 ottobre 2018 era stato eletto presidente della Provincia di Vibo Valentia). Giuseppe D’Amico rassicurava l’interlocutore dicendogli che gli avrebbe mandato il numero e che avrebbe anticipato al cugino l’imminente telefonata di Muzzopappa. Quindi, sempre facendo riferimento a Solano, D’Amico diceva: “E poi gli dici, se a te fa piacere, che io ti volevo dire che ce lo portiamo con noi, perché seconde me è una…ci può essere utile…”. «Muzzopappa – scrivono testualmente gli inquirenti – dava il proprio convinto assenso alla proposta del D’Amico, cui poi riferiva: “Tieni conto che tu, a gennaio, eh… farai tutto, ok?!”».
Qualche minuto dopo, alle 17:31, D’Amico Giuseppe telefonava a Salvatore Solano e informava il cugino:“Ti vuole chiamare Franco Muzzopappa che poi da vicino ti dico che…se ti fa piacere te ne vieni con noi a Lamezia…perché lui ha preso un bell’incarico, poi ti dico… ci servi amore mio, ci servi…”.
Annotano a questo punto gli investigatori del Ros di Catanzaro: «Nella chiamata appena commentata, rilevante era il riferimento alla citta di Lamezia Terme. Difatti, sebbene per ragioni di riservatezza investigativa si sia preferito non effettuare accertamenti formali sugli iscritti alle logge lametine, si evidenzia che da fonti aperte è stato possibile reperire un articolo pubblicato sulla rivista digitale Gran Loggia news, numero del bimestre maggio-giugno 2010, intitolato “Consacrazione della Loggia Federico II n. 245 Lamezia Terme (Cz)”. Nel corpo dell’articolo si legge che la Loggia lametina “Federico II” sarebbe stata consacrata, il 12 maggio 2010, alla presenza, tra gli altri “del I° Sorvegliante Fr. Francesco Damiano Muzzopappa”. Secondo la Dda di Catanzaro, «sia D’Amico Giuseppe che Solano Salvatore erano entrati nell’orbita di una loggia massonica lametina, tramite l’avvocato Muzzopappa Francesco Damiano». Alla fine, però, Salvatore Solano avrebbe declinato l’invito ad aderire alla massoneria, pur essendo il cugino D’Amico e l’impiegato della Provincia, Isaia Capria, favorevoli ad un suo ingresso.
Il sostegno a Solano e l’intervento di D’Amico su Muzzopappa
Il 31 ottobre 2018 si è votato per rinnovare il Consiglio provinciale ed eleggere il presidente della Provincia. Elezione che spetta ai sindaci ed ai consiglieri dei Comuni della provincia. Per la Dda di Catanzaro appare «significativo riferire quanto carpito in ordine al supporto elettorale garantito da D’Amico a Solano in occasione delle menzionate consultazioni elettorali. Supporto elettorale che portava D’Amico a procacciare voti per Solano presso gli elettori dei Comuni di Vibo Valentia, Capistrano, Filandari, Francica, San Nicola da Crissa e Tropea».
Il 4 ottobre 2018, i carabinieri del Ros di Catanzaro registrano così una telefonata che ritengono molto importante fra Giuseppe D’Amico e l’allora consigliere comunale di Filandari Francesco Damiano Muzzopappa. D’Amico informava l’interlocutore: “oh Fra’, sai perchè ti disturbavo? Il sindaco di Stefanaconi che è presentato a presidente della Provincia è mio cugino, cioè la sua mamma e mio papà, fratello e sorella”. Quindi, D’Amico proponeva a Muzzopappa di incontrarsi personalmente per parlare della cosa, specificando: “Sappi che io te lo metto nelle tue mani, è un bambino che ti posso dire dolce…lo devi portare avanti”. I due concordavano di incontrarsi nei giorni seguenti, con Muzzopappa che rispondeva: “Ah benissimo, sì, va bene, lunedì mattina ci sentiamo, così magari ci vediamo e ne parliamo”.
Gli impegni assunti da Muzzopappa con l’amico D’Amico
E’ il 24 ottobre 2018 quando Giuseppe D’Amico veniva chiamato dall’avvocato Francesco Damiano Muzzopappa, con quest’ultimo che raccontava al primo «di aver appena conferito con il sindaco di Filandari alla quale aveva riferito di essersi già impegnato per sostenere la candidatura di Solano (Muzzopappa: “senti io ero al telefono con il sindaco di Filandari…con il mio sindaco, io gli ho detto che avevo già impegni assunti con te personalmente per quanto riguarda Solano. Perchè io sono in contatto con Pino D’Amico che è un suo cugino che poi è un amico mio…gli ho spiegato un poco”).
Pochi minuti dopo, Giuseppe D’Amico veniva chiamato da Salvatore Solano, al quale riferiva di aver preso appuntamento per l’indomani pomeriggio per andare a prendere un caffè col vicesindaco di Filandari. Palese era il riferimento – rimarcano gli inquirenti – alla telefonata poco prima intercorsa con Muzzopappa, nonostante quest’ultimo non risulti avere delega a vicesindaco».
Alla fine il risultato elettorale ha premiato Salvatore Solano, eletto presidente della Provincia il 31 ottobre 2018, con la Dda pronta a sottolineare come dalle intercettazioni emerge che «i due cugini si confrontavano anche sui voti apportati da “Franco nostro”, riferendosi evidentemente a Muzzopappa Francesco Damiano ed ai voti accaparrati a Filandari (D’Amico:“poi Franco nostro, lui il sindaco e tutti i compari là”; Salvatore Solano:“Là ci hanno votato tutti sì”)».
Francesco Damiano Muzzopappa non è indagato, ma tali vicende dovranno ora essere interamente ricostruite in aula – dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo – dagli investigatori chiamati a deporre dalla Dda di Catanzaro nel processo Petrol Mafie. Giuseppe D’Amico e Salvatore Solano sono stati infatti rinviati a giudizio anche per i reati di corruzione ed estorsione elettorale in quanto avrebbero effettuato in concorso fra loro – ad avviso della Dda e del gup – “minacce nei confronti degli elettori al fine di costringerli a votare per lo stesso Solano, candidato alla presidenza della Provincia”. Giuseppe D’Amico è ritenuto l’esecutore materiale delle minacce agli elettori, Salvatore Solano il concorrente morale.
A Pizzo – Comune che esce da un commissariamento per infiltrazioni mafiose – Francesco Damiano Muzzopappa, candidato a sindaco con la lista “Città libera”, dovrà vedersela contro l’aspirante primo cittadino Sergio Pititto e la sua lista “Adesso Pizzo” (sostenuta pure da Forza Italia con in testa il senatore Mangialavori), contro Emilio De Pasquale e la sua lista “Domani è Oggi” (sostenuta anche dal Pd, dal consigliere regionale Antonio Lo Schiavo – De Magistris presidente – e dal Movimento Cinque Stelle) e contro il candidato a sindaco Peppino De Caria, appoggiato dalla lista “Alternativa Democratica”.
A Stefanaconi Salvatore Solano con la lista “Siamo Stefanaconi” dovrà invece vedersela con la lista “Idee e legalità” del suo ex vicesindaco Carmelo Disì. In caso di sconfitta elettorale del primo cittadino uscente, la guida politica della Provincia di Vibo passerà in mano al vicepresidente sino al mese di ottobre, scadenza naturale del mandato di Salvatore Solano quale presidente dell’ente.
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